Questo Congresso
di Daniele Quiriconi
Il congresso si svolge in una fase segnata politicamente da grandi innovazioni nel nostro paese, con dall’avvento di un Governo che mette insieme forze molto eterogenee che, come detto, misureremo dagli atti, ma anche dall’eclissi dell’opposizione. Il quadro economico continua ad essere precario e nell’arco di tempo intercorso con il congresso del 2014 continuano a dispiegarsi gli effetti del jobsact non scalfiti dal recente “DL dignità”.
La regola continua ad essere la creazione di lavoro temporaneo, la deregolamentazione del mercato, tassi di crescita molto modesta. A dimostrazione che le regole possono alterare i poteri sul lavoro ma NON creare lavoro. Men che meno la retorica del “nuovo” che cancella il vecchio.
Fa solo tristezza vederlo rivendicare da qualche ineffabile ex leader che pare sempre più assomigliare a quei vecchi attori che nella casa di riposo raccontano con nostalgia le imprese della giovinezza agli astanti. Invece di un confronto sullo stato del nostro capitalismo, sulle regole e sui dogmi imposti dall’Europa da un mercantilismo che ha prodotto ripulsa e rivolta ( per lo più con l’elettorato che ha guardato a destra) in tutto il continente con l’emergere di vere e proprie pulsioni neofasciste, si guarda al particolare. E alla piccola polemica giornaliera. Senza visione.
I giornali mainstream nel goffo tentativo di contrastare il M5S ad attaccare qualsiasi annuncio di provvedimento mirato a restituire un po’ di dignità al lavoro ( pensiamo al dibattito sul lavoro festivo) sposano in modo ridicolo e senza contradditorio le posizioni delle oligarchie in questo caso della grande distribuzione privata, in generale di un modello messo in mora dagli italiani.
E fa abbastanza tristezza ascoltare parte dell’opposizione di centrosinistra che mentre annuncia di voler riaprire un canale di confronto col mondo del Lavoro, attacca la riduzione del numero dei contratti a termine, difende l’abolizione dell’art.18 e la riforma Fornero che ha costituito una rottura profonda tra èlite, anche di sinistra, e popolo sotto la regia della troika e la pressione della Germania.
Nel congresso, con la nostra elaborazione e la pratica di questi anni, rovesciamo questo modello e proponiamo concetti di politica redistributiva, di organizzazione del lavoro e riduzione di orario, di garanzia pensionistica per i giovani dalle carriere discontinue che sono espunti dal confronto politico. E anche un nuovo modello di Europa, più sociale e inclusiva. Alternativa alle pulsioni dei sovranismi delle piccole patrie e al pensiero unico neoliberista.
Queste 3 settimane costituiranno lo sforzo maggiore dal punto di vista organizzativo e i nostri delegati saranno impegnati in modo straordinario. La sfida è quella di far partecipare alla discussione il maggior numero di iscritti e farli sentire protagonisti di una nuova stagione di diritti.
E per quel che ci riguarda più direttamente come categoria, di una stagione contrattuale dove anche redistribuzione salariale sia un concetto da declinare pienamente dopo anni di sacrifici.
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Spread in crescita… Credibilità italiana in calo…
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Fisac Cgil Toscana
Numero 28
Settembre 2018
Fisac Graffiti
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(sulla diciotti e altro)
Questo
Congresso
La vicenda degli “ostaggi” della nave costiera Diciotti conferma il livello miserabile della politica italiana. Persone tratte in salvo da una nave militare italiana, da giorni tecnicamente in,,, Leggi tutto.
La decimazione degli sportelli bancari in Toscana
Il congresso si svolge in una fase segnata politicamente da grandi innovazioni nel nostro paese, con dall’avvento di un Governo che mette insieme forze molto eterogenee che, come detto, misureremo dagli atti, ma anche dall’eclissi dell’opposizione. Il quadro economico continua ad essere precario e nell’arco di tempo intercorso con il congresso del 2014 continuano a dispiegarsi gli effetti del jobsact non scalfiti dal recente “DL dignità”.
La regola continua ad essere la creazione... Leggi tutto
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EDITORIALE
La ridotta credibilità dell’Italia rispetto almeno ai possibili investitori dei nostri titoli di stato si sta evidenziando in questo periodo anche attraverso la crescita dello spread. Tale indice, come noto, misura lo scarto di rendimento tra i nostri btp a 10 anni e i corrispettivi titoli tedeschi, ritenuti i più affidabili in Europa... Leggi tutto.
Spread in crescita… Credibilità italiana in calo…
di Paolo Cecchi
La ridotta credibilità dell’Italia rispetto almeno ai possibili investitori dei nostri titoli di stato si sta evidenziando in questo periodo anche attraverso la crescita dello spread. Tale indice, come noto, misura lo scarto di rendimento tra i nostri btp a 10 anni e i corrispettivi titoli tedeschi, ritenuti i più affidabili in Europa.
Visto anche la “storica” staticità dei tassi tedeschi, l’incremento dello spread significa, in prima battuta, un aumento della spesa pubblica italiana per pagare i più elevati interessi relativamente alle nuove emissioni di titoli di stato. In presenza di una scadenza media dei “bond italiani” intorno ai 7 anni, è stato calcolato che ogni incremento di 100 punti base (1%) di interessi comporta una spesa aggiuntiva per lo stato intorno ai 2 mld di euro, almeno nel primo anno.
Da quanto precede, discendono una serie di conseguenze, dirette o indirette, non proprio positive per il nostro sistema paese…
Innanzitutto, cresce il costo della raccolta che le banche devono sostenere allorquando fanno riferimento a mercati “all’ingrosso” dove reperiscono una consistente parte della propria liquidità; uno studio di Banca d’Italia del 2013 evidenzia, tra l’altro, che un aumento dello spread di 100 punti base causa una crescita del costo del finanziamento per le aziende di credito intorno ai 70/100 punti (varia in relazione anche alla situazione economica generale).
Altro effetto diretto sui bilanci delle banche è che, essendo presenti titoli di stato italiani intorno ai 350 mld di euro, un aumento dei tassi determina conseguentemente, secondo le attuali regole contabili, una riduzione del valore dei bond nazionali erodendo così sia il capitale a disposizione sia i fondi da destinare a prestiti per imprese e famiglie.
E’ evidente che in una situazione di scarsa redditività del comparto bancario, una diminuzione importante di capitale troverebbe difficoltà sul mercato ad essere reintegrata.
E’ altrettanto evidente che l’aumento delle difficoltà appena succintamente indicate suggerirebbe alle stesse banche di rivalersi sulla clientela con una stretta creditizia o con un incremento di interessi e commissioni sui nuovi prestiti. Le stesse imprese private di maggiori dimensioni che si finanziano anche con bond emessi sul mercato dovrebbero subire maggiori costi.
Ad esempio, è stato osservato che nel 2011 – laddove lo spread raggiunse i 500 b.p. – le aziende italiane dovettero sostenere una spesa aggiuntiva sui finanziamenti nell’ordine dei 15 mld di euro; per le famiglie si assistette ad un aumento del 4% delle rate sui mutui.
E’ ormai storia che il combinato disposto della fluttuazioni dei mercati finanziari e della crisi economica abbia provocato una riduzione di credito bancario per oltre 180 mld di euro. Sono pertanto evidenti i rischi per la tenuta della nostra economia di una crescita importante dello spread tra i titoli nazionali e quelli tedeschi.
Rispetto a questi meccanismi ci aspettiamo da tempo immemore un intervento radicale della politica che riduca finalmente il peso e la forza dei mercati finanziari; nel frattempo, però, ne dobbiamo tenere conto ed evitare di portare il nostro paese di nuovo in fibrillazione.
Giocatori di poker.. (sulla Diciotti e altro)
di Daniele Quiriconi
La vicenda degli “ostaggi” della nave costiera Diciotti conferma il livello miserabile della politica italiana. Persone tratte in salvo da una nave militare italiana, da giorni tecnicamente in territorio italiano come lo sono anche gli aerei battenti bandiera del paese non solo le navi, trattenute come merce di scambio politico con l’Unione Europea.
Le responsabilità del Ministro degli Interni e della catena di comando del Viminale saranno accertate dalla magistratura, tuttavia non si può non essere preoccupati per la deriva istituzionale impressa da una classe dirigente che soffia sul fuoco della paura, stigmatizza i reati dei migranti e tace sugli stupri degli uomini dello stato, enfatizza la fornitura dei Taser alla polizia come decisivo nella repressione dei reati e segna a dito le scelte del passato (tutte) per giustificare l’inconcludenza sui propri progetti strategici.
Tonnellate di polvere negli occhi all’opinione pubblica per nascondere la ritirata strategica sull’abolizione della Fornero, del jobsact, del reddito di cittadinanza ormai ridimensionato e perfino ribattezzato.
Sempre negli annunci. Noi che non siamo mai stati teneri nel giudicare il renzismo e la sua narrazione, non casualmente stroncata dagli elettori, non possiamo che contrastare una politica schiacciata su un “presentismo”che fa strame del passato e non immagina il futuro se non per improbabili ( Casaleggio dixit) abolizione dei parlamenti.
Lisciare il pelo ad ogni risentimento, cavalcare un nazionalismo becero e antistorico, usare linguaggi violenti verso le minoranze puzza di fascismo e di “Democrazia illiberale” come apertamente rivendicato come obiettivo da quel campione di liberalismo del Premier ungherese. E far riemergere dalle fogne il peggio della,storia italiana.
È tempo di mobilitazione.
Di tutti!
Senza distinguo e senza cappelli.
La decimazione degli sportelli bancari in Toscana
(ANSA) – FIRENZE, 23 AGO – In Toscana gli sportelli bancari sono calati di oltre 500 unità in dieci anni (da oltre 2.500 nel 2008 a meno di 2 mila a luglio 2018, pari al -23%). Diminuiranno ulteriormente, attestandosi poco sopra quota 1.800 per una perdita di circa altre cento unità, nel 2019 in base alle stime sui piani industriali in attuazione o in via di presentazione dagli istituti. Parallelamente, gli addetti bancari in Toscana sono diminuiti di quasi un terzo (passando dai 31.500 nel 2008 ai 22mila nel 2018). Questo, in sintesi, il quadro illustrato oggi a Firenze dal segretario generale di Fisac Cgil Toscana Daniele Quiriconi.
Secondo il sindacato alcuni comuni toscani risultano privi di uno sportello bancario. Tra questi, vi sono Castiglione di Garfagnana (Lucca), Lorenzana, Marliana (Pistoia), Montemignaio (Arezzo), Piteglio, Rio nell’Elba, San Godenzo (Firenze), Villa Collemandina (Lucca). “I piani industriali di tutte le aziende propongono nuovi esuberi e nuove chiusure – commenta Quiriconi -. Tutto ciò anche nel momento in cui le principali banche italiane, come testimoniato dai dati delle semestrali, riprendono a macinare utili, dai 2,17 miliardi di Intesa ai 288,5 milioni di Mps”. Tanto che viene da chiedersi, aggiunge il sindacalista, “se dopo tanta retorica sulle periferie abbandonate non sia il caso che politica e governi non possano chiedere conto di queste scelte. Certo lo farà il sindacato a partire dal prossimo contratto e nei tanti negoziati aziendali.
E non è possibile che si debbano fare anche 20-30 chilometri per trovare uno sportello bancario”. (ANSA).
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