Toscana: al via il nuovo contratto del credito Salario, riduzione di orario, disconnessione, superamento del jobsact e del salario di ingresso le principali richieste Ieri, 8 Aprile alle 10.00, si è svolto presso il cinema Teatro STENSEN di Firenze, l’assemblea regionale dei delegati del settore del credito per il lancio della piattaforma contrattuale. Nei prossimi giorni inizieranno le assemblee unitarie che entro la fine di Maggio chiameranno al voto sulla piattaforma i 20.000 lavoratori bancari toscani. Presente ai lavori il neo Segretario Generale Nazionale della Fisac Cgil Giuliano Calcagni. Oltre ad un aumento medio di 200 Euro che tiene conto degli utili miliardari degli ultimi anni nei quali, dopo la riorganizzazione avvenuta, si è provveduto solo a distribuire miliardi agli azionisti, il tema dei diritti è quello centrale. La richiesta di una norma sulla “disconnessione” che obblighi le aziende a non comunicare oltre l’orario attraverso gli strumenti e i dispositivi aziendali ( dagli smartphone alle mail). Norma utile per contenere stress e pressioni commerciali sempre più parossistiche con rischi seri oltre che per la salute dei lavoratori, per i risparmiatori a cui viene chiesto di acquistare ogni genere di prodotto come policy aziendale e che costituisce una innovazione nelle relazioni industriali. Si richiede inoltre la “sterilizzazione” delle norme sul licenziamento senza giusta causa reso libero dal cosiddetto “Jobsact”, una riduzione settimanale di orario di 30 minuti, il superamento del salario di ingresso per i giovani istituito nel periodo di crisi del sistema. In generale norme, dalla parità di genere, alle discriminazioni e le molestie, alle pressioni commerciali, all’inquadramento, allo smart working, attualizzino e rendano meno sbilanciato e più equo il rapporto di lavoro. Il settore ha subito nei 4 anni tra un contratto e un altro una pesante riorganizzazione: in Toscana i lavoratori sono passati dai 24.000 del 2014 ai 20.000 del dicembre 2018 ( escluse le BCC) mentre gli sportelli si sono ridotti da 2310 ai 1968 attuali (in riduzione ulteriore). La riduzione del costo del lavoro e l’aumento di produttività realizzato con profitti che hanno ripreso a crescere senza alcuna ricaduta sui lavoratori, impongono politiche redistributive e di recupero dei diritti in un lavoro sempre più segnato dalle innovazioni, dall’irrompere di tecnologia e nuovi competitor “spuri” come in nessun altro comparto. Riconoscere il valore della prestazione e dall’apporto umano a questo nuovo processo, rappresenta il minimo che si possa chiedere ai banchieri italiani che, non dimentichiamo, anche negli anni più pesanti della crisi hanno intascato stipendi e bonus milionari.  
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La crisi reputazionale collegata allo scandalo diamanti ha duramente colpito BancoBpm ed i suoi lavoratori, in maniera molto più forte rispetto ai concorrenti, comunque coinvolti. Questo perché il CdA non ha mai deliberato di rimborsare pienamente i propri clienti, formulando proposte parziali, spesso offensive, o condizionando comunque ogni conciliazione alla restituzione della pietra da parte di IDB...  Leggi tutto.
A fine marzo si sono tenute le elezioni dell’Assemblea dei Delegati (effettivi e supplenti) del Fondo Pensione Nazionale delle Banche di Credito Cooperativo, che amministra oltre 2 miliardi di euro di previdenza complementare degli oltre 30.000 aderenti, dipendenti delle BCC.  Leggi tutto.
È appena uscita La Newsletter  Fisac Cgil Toscana  Numero 31 Marzo 2019
Salario, riduzione di orario, disconnessione, superamento del jobsact e del salario di ingresso le principali richieste. Lunedì 8 Aprile dalle 10.00 si è svolto presso il cinema Teatro STENSEN di Firenze, l’assemblea regionale dei delegati del settore del credito per il lancio della piattaforma contrattuale. Nei prossimi giorni inizieranno le assemblee unitarie che entro la fine di Maggio chiameranno al voto sulla piattaforma i 20.000 lavoratori bancari toscani. Presente anche il neo Segretario Generale Nazionale della Fisac Cgil Giuliano Calcagni.   Leggi tutto
Toscana: al via il nuovo contratto del credito
Alcune riflessioni sulla sentenza ‘Tercas’ e sull’evoluzione dell’attività delle banche
La grottesca situazione del Banco-BPM
LA Mostra
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Prato: Una giornata particolare
VERgOgNA
Con la sentenza emanata il 19 marzo scorso, riguardante il salvataggio di Banca Tercas, la Corte Europea di Giustizia ha messo in discussione le posizioni della Commissione europea in tema di salvataggi bancari. Il Tribunale UE ha infatti affermato chiaramente che l’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositanti (costituito si soli fondi privati) non costituì, per il caso Tercas, un aiuto di Stato, a differenza di quanto affermato a suo tempo dalla Commissione europea.   Leggi tutto.
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Il World congress of families che si è svolto a Verona ha proposto una visione della famiglia e della donna maschilista e oscurantista. lo ha fatto parlando di diritti negati, di femminicidio (la cui principale causa sarebbe l’aborto), di tutela della vita e naturalità della famiglia; scippando il linguaggio a chi ha davvero a cuore i diritti umani e lotta contro il femminicidio ed edulcorando gli intenti retrogradi che in realtà proclamava. Il gadget del feto è stato sufficiente per smascherarli e evidenziare quanto odio e depravazione caratterizzi i partecipanti a quel congresso tutti esponenti dell’ultra destra cristiana e sovranista, compresi gli esponenti del governo italiano da Pillon a Salvini.  Leggi tutto.
Diamanti
Speciale Controradio 1
Bcc, ripartiamo dal Fondo Pensione
Speciale Controradio 2
Lo Studio Rosai continua la stagione espositiva 2019 con una mostra personale dell’artista e vignettista Alessio Atrei, a cura di Gian Luigi Corinto, sotto la direzione artistica di Fabio Norcini. La mostra è visitabile dall’8 al 30 aprile. L’inaugurazione sarà invece il giorno venerdì 12 aprile 2019, con la partecipazione fra gli altri dei poeti improvvisatori in ottava rima Marco Betti, Alessio Magnolfi e Lorenzo Michelini, accompagnati dalle improvvisazioni grafiche dell’autore. Studio Rosai - Via Toscanella 18 FIRENZE Inaugurazione, Venerdì 12 aprile ore 18.00  dall’8 al 30 aprile 2019 Apertura su appuntamento al 347-5039663
Fisac Graffiti -  di Alessio Atrei
 VERgOgNA di Chiara Rossi Il World congress of families che si è svolto a Verona ha proposto una visione della famiglia e della donna maschilista e oscurantista. lo ha fatto parlando di diritti negati, di femminicidio (la cui principale causa sarebbe l’aborto), di tutela della vita e naturalità della famiglia; scippando il linguaggio a chi ha davvero a cuore i diritti umani e lotta contro il femminicidio ed edulcorando gli intenti retrogradi che in realtà proclamava. Il gadget del feto è stato sufficiente per smascherarli e evidenziare quanto odio e depravazione caratterizzi i partecipanti a quel congresso tutti esponenti dell’ultra destra cristiana e sovranista, compresi gli esponenti del governo italiano da Pillon a Salvini. I punti evidenziati nel manifesto di Verona non minacciano solo la libertà individuale di scegliere del proprio corpo e della propria vita ma evocano un futuro che pagheranno le donne, quelle povere principalmente, coloro che sono già per genere ai margini e per classe ancor di più; la pagheranno perché sarà a rischio la loro vita. L’abrogazione della L.194 o anche solo la presenza massiccia degli obiettori negli ospedali attenta alla vita delle donne. Ricordiamo il caso di quel medico che in un ospedale pubblico non andava in sala operatoria per asportare la tuba in caso di gravidanza extrauterina se non c’era emorragia in corso, lui finché c’era battito e la donna non stava per morire non interveniva perché obiettore. Questa è una deriva che non si arresta alla bigotta Verona ma pervade anche la nostra laica Toscana che ha recentemente fatto un accordo con il Forum delle associazioni familiari a favore del quale è stato stanziato un contributo di 195.000 euro e a cui è stata concessa libertà di ingresso nei consultori pubblici. È per questo che la Cgil il 30 marzo è scesa in piazza alla manifestazione organizzata da Non Una di Meno. Perché il WFC è un’iniziativa maschilista e pericolosa che va contro i principi espressi nell’art.1 del nostro statuto: “l’ adesione alla CGIL comporta comporta piena eguaglianza di diritti e di doveri nel pieno rispetto dell’appartenenza a gruppi etnici, nazionalità, lingua, orientamento sessuale, identità di genere, culture e formazioni politiche, diversità professionali, sociali e di interessi, dell’essere credente o non credente.” Siamo scesi in piazza perchè la nostra identità è caratterizzata dalla difesa dei più deboli dentro e fuori dai luoghi di lavoro e perchè come dimostra l’archiviazione del decreto Pillon, la lotta paga. Il corteo ha sovrastato il congresso con la grande mobilitazione dimostrando che tanta parte della società ha posizioni molto più avanzate del governo che la rappresenta. A Salvini che si diverte ad alimentare l’odio verso lo straniero invitandoci ad “occuparci dell’estremismo islamico che le donne le vorrebbe sottomesse, umiliate a magari anche picchiate” rispondiamo che tale estremismo non è poi così lontano da quello espresso dai ministri italiani che hanno partecipato al WCF e gli vorremmo segnalare che nel paese più musulmano del mondo l’Indonesia il sultano Hamengkubuwono, l’unico re ad avere ancora il potere politico, spezza la tradizione sfidando l’ira dei nipoti maschi e i dogmi per lasciare il trono alle figlie.
Una giornata particolare di Fausta Thogersen Saiani Se qualcuno avesse avuto dei dubbi da quale parte stare, sabato 23 marzo a Prato, sarebbe stato sufficiente guardare le immagini delle 2 piazze: quella del Mercato Nuovo, occupata da un centinaio di uomini - e pochissime donne - per lo più vestiti di nero, evanescenti nell’immenso spazio loro concesso, con bandiere dai simboli nefasti, schierati come paramilitari, in ascolto del leader nero, miseramente sistemato su uno sgabello improvvisato a palco. Qualcuno in ascolto, come il dottor Stranamore di Kubrick, che non riesce a trattenere il saluto romano, tra gli slogan che speravamo dimenticati. L’altra, Piazza delle Carceri, colorata e traboccante di uomini, donne, bambini, anziani, ragazze e ragazzi con decine di bandiere e striscioni a ricordare la pluralità di quella folla. Una piazza aperta, pacifica e tollerante, gremita come mai si era visto negli ultimi decenni, dalla quale, più volte, si è levato spontaneamente il canto partigiano di Bella ciao. Dal palco naturale e suggestivo del Castello dell’Imperatore si sono alternati con le loro testimonianze decine di uomini e donne delle istituzioni, dell’ANPI, dell’associazionismo e del sindacato. Prato non ha avuto dubbi. Prato, città medaglia d’argento della Resistenza, ha scelto e lo ha fatto nel modo più bello e intenso che ci potesse essere: scendendo in piazza tutt* insieme, stringendosi intorno ai valori dell’antifascismo e della solidarietà. La risposta è stata netta, chiara e unanime – unica eccezione che si è fatta notare e che dispiace quella dell’Unione Industriali – e ha rappresentato il miglior antidoto ai rigurgiti fascisti, razzisti, xenofobi e violenti. Una città che, nelle settimane precedenti, aveva chiesto al Prefetto e al Questore, attraverso le voci di tutta la società civile, la revoca dell’autorizzazione alla manifestazione nazionale di Forza Nuova, nel centenario della nascita dei Fasci di combattimento, dai quali hanno avuto vita il partito e il regime fascista, e che è stata respinta da quelle stesse autorità che dovrebbero garantire l’ordine pubblico e il rispetto delle leggi. L’aspetto più preoccupante che è emerso dall’intera vicenda, oltre al clima di tensione e di intimidazione dei giorni precedenti, è lo sdoganamento e la legittimazione politica, non esplicita e perciò più pericolosa, che i gruppi di estrema destra stanno riscuotendo negli ultimi tempi da una certa parte della classe dirigente di questo paese, rafforzata da una sotterranea ma sempre più crescente capacità economica. La CGIL ha risposto con tutta la forza della sua organizzazione allo scempio della memoria concesso a chi promuove una subcultura violenta, e sarà sempre in campo in difesa dei principi della nostra Costituzione, scritta sulle macerie della guerra, contro ogni forma di intolleranza, contro chi costituisce o partecipa ad associazioni o movimenti che incitano alla discriminazione razziale e che negano i crimini che i regimi a cui inneggiano hanno commesso. In nome della democrazia e della libertà, parole preziose, bellissime e fragili.
 Bcc, ripartiamo dal Fondo Pensione  di Enrico Chiavacci A fine marzo si sono tenute le elezioni dell’Assemblea dei Delegati (effettivi e supplenti) del Fondo Pensione Nazionale delle Banche di Credito Cooperativo, che amministra oltre 2 miliardi di euro di previdenza complementare degli oltre 30.000 aderenti, dipendenti delle BCC. Alle elezioni si è presentata una sola lista, composta da Fabi e UILCA, vista l’impossibilità della FISAC CGIL e di altre OO.SS. di presentare una lista autonoma a causa del regolamento elettorale tutt’ora vigente che la nostra sigla chiede da anni a gran voce di modificare, rendendolo inclusivo. Su 30.018 elettori, 4.847 (pari al 16,15%) sono coloro che hanno espresso un voto, dei quali il 17% ha raccolto la nostra indicazione di votare scheda bianca; in sostanza il risultato finale per la lista unica FABI UILCA si attesta poco al di sopra del 13% dei consensi sul totale degli aderenti. Un segnale di profonda disaffezione, pur in tema di una materia così importante e generalmente “sentita” dai lavoratori poiché il FPN rappresenta la sicurezza previdenziale di tutti. Partendo dal buon risultato raggiunto dalle schede bianche, continueremo a svolgere il nostro compito di controllo e di verifica, utile ad intraprendere come fatto fino ad oggi, tutte le azioni necessarie a salvaguardare una corretta gestione del Fondo Pensione Nazionale stesso nell’interesse di tutti. Vorremmo, e ci batteremo, per un FPN che sia di tutti e che rappresenti tutti, naturalmente rispettando la rappresentanza sindacale di settore. Lo faremo da fuori, nello stesso modo in cui lo abbiamo fatto da dentro con i nostri rappresentanti nell’assemblea dei delegati, consultando gli atti pubblici che i gestori del fondo devono mettere a disposizione. Anche quest’ultima vicenda dimostra che nel settore delle Banche di Credito Cooperativo, in piena ristrutturazione con la nascita dei due gruppi maggiori di Trento e Roma, c’è tanto bisogno di FISAC. C’è bisogno di dare voce alle lavoratrici ed ai lavoratori, c’è bisogno di dinamiche sindacali unitarie, pur nel rispetto delle diversità di analisi e di contenuti delle varie organizzazioni poiché è nostro dovere fare sintesi e presentarsi davanti alla parte datoriale uniti e compatti, con piattaforme nelle quali tutti hanno dato il proprio contributo, mettendo in secondo piano agli aspetti divisivi. Pensiamo che sia necessario prevenire, in qualche modo, tanti aspetti e dinamiche che pur essendo ancora praticamente sconosciute nel settore, rischiano prepotentemente di cambiare la vita privata e lavorativa delle lavoratrici e dei lavoratori del Credito Cooperativo. La messa a terra della Riforma, non sarà indolore, ed è per questo che la FISAC CGIL nazionale ha comunicato alle rispettive Capogruppo, la composizione dei Coordinamenti nazionali che saranno chiamati a contrattare il secondo livello di Gruppo. Pensiamo, e la storia della CGIL ci appoggia in questo, ci sia bisogno di occuparsi e di tutelare maggiormente i lavoratori che hanno minori diritti, i somministrati dalle agenzie di lavoro interinale, così come coloro che hanno contratti a tempo determinato. La gestione di eventuali esuberi, naturalmente, è già un nostro impegno primario e quotidiano. Per questo, a livello regionale, la FISAC CGIL Toscana, sta mettendo a terra un progetto che possa rafforzare la presenza delle RSA nelle banche in cui siamo già presenti coinvolgendo anche gli altri lavoratori; un progetto necessario innanzitutto per noi stessi che ogni giorno lavoriamo con impegno, per i nostri iscritti, ma anche per gli altri lavoratrici e lavoratori che potranno avere altre occasioni per conoscerci, confrontarsi con noi e, se lo vorranno, darci il loro sostegno.
Alcune riflessioni sulla sentenza ‘Tercas’ e sull’evoluzione dell’attività delle banche  di Paolo Cecchi Con la sentenza emanata il 19 marzo scorso, riguardante il salvataggio di Banca Tercas, la Corte Europea di Giustizia ha messo in discussione le posizioni della Commissione europea in tema di salvataggi bancari. Il Tribunale UE ha infatti affermato chiaramente che l’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositanti (costituito si soli fondi privati) non costituì, per il caso Tercas, un aiuto di Stato, a differenza di quanto affermato a suo tempo dalla Commissione europea. Le implicazioni per l’Italia di quella posizione sono state però pesantissime perché, davanti alla bocciatura da parte della Commissione, mentre la Popolare di Bari presentava il ricorso alla Corte europea, che ha condotto a questa sentenza, in Italia si presentava lo scenario delle 4 crisi bancarie (Etruria, Chieti, Ferrara e Marche) per le quali, visto il parere espresso, non sembrò allora praticabile l’analoga strada del riscorso al Fondo ma solo una frettolosa applicazione del burden sharing (risoluzione della crisi di una banca tramite il diretto ed esclusivo coinvolgimento di soli azionisti e obbligazionisti subordinati), per evitare il più nefasto effetto del bail in (che coinvolge anche i correntisti), che sarebbe entrato in vigore di lì a poco. Per comprendere meglio come si sia arrivati a questa situazione è opportuno un breve excursus di quanto avvenuto nel recente passato. Come noto, durante gli anni più difficili della crisi abbiamo assistito ad un calo del Pil italiano di circa il 10 %, e del 30% degli investimenti, assistendo a chiusure massive delle aziende (nell’ordine di 100 mila unità). Con una struttura finanziaria fortemente legata al credito bancario, era ovvio che il sistema bancario italiano registrasse performance particolarmente negative (anche al netto dei vari episodi di malversazione da parte dei manager). Altra cosa nota agli osservatori più attenti, ma evidentemente meno conosciuta dai protagonisti della politica durante la crisi, è il fatto che l’Italia, in quegli anni, contava una percentuale di obbligazioni subordinate in mano alle famiglie tra le più alte, rispetto agli altri paesi più sviluppati (circa 15%, contro una media di pochi punti percentuali). L’applicazione della normativa europea sulle risoluzioni bancarie, non tenendo conto di questa basilare informazione, ha reso intollerabile il costo sociale delle modalità con cui si scelse di far fronte alle crisi bancarie. Paradossale poi l’atteggiamento della Commissaria alla concorrenza che giudicò l’uso del fondo interbancario di tutela come una sorta di prebenda statale per il semplice fatto che nel Cda del fondo era ed è presente anche un membro della Banca d’Italia. Oltretutto, mentre in Europa ci si concentrava a difendere ideologicamente ogni principio neoliberista, negli Stati Uniti l’agenzia avente caratteristiche analoghe al fondo interbancario italiano interveniva nel salvataggio di circa 500 aziende di credito, riducendo al minimo gli effetti per la cittadinanza. In questo quadro, è chiaro che è giunto il momento di mettere in discussione la struttura normativa europea in tema di risoluzioni bancarie e la sua interpretazione: il sindacato e la politica devono essere protagonisti di tale cambiamento. Anche a livello più generale, il giro di vite per rafforzare i presidi patrimoniali delle banche merita attenta riflessione da parte della Fisac. Se da una parte i recenti provvedimenti hanno oggettivamente rafforzato il capitale delle aziende di credito in modo da renderle più forti, dall’altra sono state estese a tutte le tipologie di banche gli stessi requisiti organizzativi, rendendo il peso dei costi operativi insostenibile per quelle di piccole e medie dimensioni e determinando una forte spinta ai processi di aggregazione tra istituti bancari. Tale aspetto fa emergere un ulteriore interrogativo rispetto al fatto che la galassia di piccole e medie imprese Italiane, spesso sottocapitalizzate, possa trovare un punto di riferimento e attenzione nei grandi gruppi bancari. La crescita dei requisiti patrimoniali di vigilanza ha comportato, specialmente durante la crisi, una contrazione nell’erogazione di credito a imprese e famiglie, come dimostrato da recenti studi in materia, con un conseguente effetto pro-ciclico. Tale evoluzione, unitamente alla concorrenza crescente di nuovi soggetti appartenenti alla galassia dei fintech, sta modificando progressivamente il modo di fare banca e di conseguenza il modo di lavorare in questo settore. Quanto precede suggerisce un’attenta azione di monitoraggio da parte sindacale: l’evoluzione della normativa di vigilanza, la digitalizzazione, l’andamento della congiuntura costituiscono tutti aspetti che modificano i profili quali/quantitativi dell’attività quotidiana dei bancari.
Diamanti La grottesca situazione del Banco-BPM La crisi reputazionale collegata allo scandalo diamanti ha duramente colpito BancoBpm ed i suoi lavoratori, in maniera molto più forte rispetto ai concorrenti, comunque coinvolti. Questo perché il CdA non ha mai deliberato di rimborsare pienamente i propri clienti, formulando proposte parziali, spesso offensive, o condizionando comunque ogni conciliazione alla restituzione della pietra da parte di IDB, l’azienda che forniva i diamanti, oramai fallita. Contenzioso legale – anche personale – crescente e rapporto fiduciario con la clientela ed i territori fortemente compromesso. Abbiamo deciso, come Fisac BancoBpm della toscana di intervenire, a difesa di tutti i lavoratori e a tutela del futuro occupazionale. Abbiamo condiviso che l’unico modo per recuperare immagine e serenità fosse quello di sostenere il rimborso integrale della clientela, e di farlo sapere a tutti, di distinguere la nostra posizione rispetto a quella dell’azienda, che si fa estranea al rapporto fra il proprio cliente ed IDB, ed in forza di questo pensa di sfuggire ad ogni responsabilità. Lo abbiamo deciso inizialmente, con il solo ma granitico appoggio della fisac regionale, a dispetto di tutto: un costo economico pesantissimo da coprire, una condivisione sindacale a volte traballante, altre volte apertamente ostile. Una partecipazione dei lavoratori tutta da verificare. Dure settimane di lotta nel coordinamento nazionale di Gruppo, anche nella fisac, per arrivare ad una posizione, poi ripresa da tutti i Segretari Generali a partire da Giuliano Calcagni. Siamo tuttavia riusciti a strappare soltanto un via libera alle assemblee unitarie “secondo sensibilità locali”, senza aprire una vertenza nazionale, senza parlare minimamente di mobilitazione. Poi sono arrivati i lavoratori di Lucca, di Massa e Carrara, di Firenze, di Prato e Pistoia, di Pisa, di Livorno, di La Spezia, di Grosseto, di La Spezia, di Genova, di Venezia, di Verona ed hanno travolto ogni dubbio, dicendoci con la loro partecipazione, che avevamo ragione, che c’era bisogno di ripartire da loro! Assemblee, popolate, a tratti aspre e combattute, con una rabbia che viene da lontano, rivolta a volte anche contro il sindacato, ma che proprio per questo ci offre un’occasione straordinaria per rinsaldare un legame, non solo con la clientela, ma con i nostri lavoratori! Oltre 1500 lavoratori hanno ascoltato, discusso e condiviso le proposte del sindacato e sono pronti a scioperare e scendere in piazza a fianco dei clienti per riconquistare fiducia e dignità! Misuro in questa vicenda quanto sia forte il valore di una buona idea se si riesce ad unificare tutti dietro ad una proposta, ad un progetto di azione che si arricchisce realmente del contributo anche dei singoli lavoratori condividendolo con gli altri. La proposta di andare in piazza materialmente a fianco dei clienti, non solo idealmente, è arrivata nella prima assemblea, da una lavoratrice denunciata per truffa proprio da un cliente! Questo è il valore della categoria se lo sappiamo intercettare, ma serve mettersi in discussione, essere aperti al confronto, accettare anche il rischio di un fallimento, ma credere nel risultato, immaginare e pianificare accuratamente ogni passo per raggiungerlo. Al lavoro e alla lotta!