IL CAPITALISMO PIÙ TRUCEDOPO IL CASO UNICREDIT di Daniele Quiriconi L’AD di MPS Morelli, partecipando a un convegno a Firenze il 2 Dicembre ha tra l’altro affermato che “ non sempre il management , i dipendenti, gli azionisti e i risparmiatori hanno interessi convergenti”. L’AD di UNICREDIT lo ha brutalmente e plasticamente dimostrato. La vicenda UNICREDIT infatti, cosi come altre nel recente passato aventi come protagoniste grandi multinazionali, porta alle estreme conseguenze la spregiudicata scelta di manager senza scrupoli, che non fanno mistero di compiere scelte dirompenti per il futuro dei lavoratori per una stretta logica di puro profitto. Quando una banca, che prevede di destinare nei prossimi anni miliardi e miliardi di utili agli azionisti, propone come mezzo per conseguire il risultato, quello di estromettere ( sia pure con gli ammortizzatori del caso) 8.000 lavoratori - dei quali 6.000 in Italia - dal proprio perimetro, siamo di fronte ad una sprezzante proposizione della logica più bieca del neoliberismo e del capitalismo più selvaggio. Intere regioni stanno progressivamente rimanendo senza sportelli, in Toscana sono una quarantina i comuni senza banche e spesso senza uffici postali, col risultato che spesso (l’ultima volta con INTESA il 3 dicembre a livello nazionale) il blocco o il malfunzionamento del sistema o delle APP , non fa trovare al povero utente, nessuno con cui fisicamente confrontarsi. Potremmo parlare anche dei call center, ma questa è un’ altra storia. Ora, senza tirare in ballo concetti come “funzione sociale dell’impresa” che manager con incarichi a tempo il cui unico scopo è incassare quanto più si può, ristrutturare aziende in attesa del prossimo nuovo e remunerato incarico, proprio non hanno nel proprio orizzonte, il tema enorme c’è! Difficile da affrontare sul piano generale o a un tavolo contrattuale in quanto grandi Player come UNICREDIT concedono ad ABI ad esempio un mandato sempre parziale, tuttavia il tema è dirompente. Si può far finta di nulla e richiamare alla prassi di buone relazioni sindacali in questo contesto? Bene hanno fatto i segretari di categoria a respingere, con toni in verità diversi, il piano di Mustier, bene ha fatto il segretario generale della CGIL a porre con durezza il tema del lavoro che non è merce, ma forse è necessario, fuori da una logica puramente difensiva, lanciare una grande offensiva politica e culturale sulla responsabilità di impresa, il ruolo del lavoro nella società, la dignità dei lavoratori e delle lavoratrici. Nel cinquantesimo della grande manifestazione metalmeccanica che 50 anni fa, nel 1969 fu il culmine dell’offensiva operaia che avrebbe portato 6 mesi dopo al varo dello statuto dei lavoratori, diventa decisivo rilanciare il lavoro e la sua dignità, come parametro della civiltà del paese e dell’Europa, che se non sarà in grado di affermare questi principi rischia di essere spazzata via insieme al suo modello di welfare, da avventure che hanno un chiaro profilo a-democratico. Daniele Quiriconi
FisacSostiene
Torna alla prima pagina
Nel 2017 la Fisac Toscana in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma ha pubblicato uno studio sullo stress lavoro correlato nei bancari frutto di un’indagine svolta nel comprensorio di Pisa. Da quello studio emergeva un alto rischio stress lavoro correlato per 1 bancario su 4 ...  Leggi tutto.
MES: FACCIAMO CHIAREZZA
Nelle prossime ore, una serie di incontri negoziali, stabiliranno se riusciremo a chiudere la trattativa per il rinnovo del contratto nazionale entro l’anno oppure no. Oltre ai risultati acquisiti su salario ( insufficiente la proposta ABI) disconnessione, superamento del salario di ingresso , diritti, restano da risolvere i nodi della reintegra, la mobilità ( richiesta da ABI con un controdocumento ritirato ma ancora sul tavolo come posizione ) l’inquadramento. Se c’è la volontà, il contratto può essere chiuso rapidamente, in caso contrario sarà necessaria la mobilitazione della categoria.
Seguici su:
È appena uscita La Newsletter  Fisac Cgil Toscana  Numero 34 Dicembre 2019
Twitter
L’AD di MPS Morelli, partecipando a un convegno a Firenze il 2 Dicembre ha tra l’altro affermato che “non sempre il management, i dipendenti, gli azionisti e i risparmiatori hanno interessi convergenti”. L’AD di UNICREDIT lo ha brutalmente e plasticamente dimostrato. La vicenda UNICREDIT infatti, cosi come altre nel recente passato aventi come protagoniste grandi multinazionali, porta alle estreme conseguenze la spregiudicata scelta di manager senza scrupoli, che non fanno mistero di compiere scelte dirompenti per il futuro dei lavoratori per una stretta logica di puro profitto. Quando una banca, che prevede di destinare nei prossimi anni miliardi e miliardi di utili agli azionisti, propone come mezzo per conseguire il risultato, quello di estromettere ( sia pure con gli ammortizzatori del caso) 8.000 lavoratori - dei quali 6.000 in Italia - dal proprio perimetro, siamo di fronte ad una sprezzante proposizione della logica più bieca del neoliberismo e del capitalismo più selvaggio. Intere regioni stanno progressivamente rimanendo senza sportelli, in Toscana sono una quarantina i comuni senza banche e spesso senza uffici postali, col risultato che spesso (l’ultima volta con INTESA il 2 dicembre a livello nazionale) il blocco o il malfunzionamento del sistema o delle APP , non fa trovare al povero utente, nessuno con cui fisicamente confrontarsi. Potremmo parlare anche dei call center, ma questa è un’ altra storia.  Leggi tutto
IL CAPITALISMO PIÙ TRUCE
Lo studio Fisac Toscana arriva in Europa
Instagram
Editoriale
Il bilancio – 5 incontri partecipati e di grande livello quelli che si sono snodati tra la CCIAA, la CGIL e la FLOG nell’ambito della Festa Itinerante della Fisac CGIL Toscana. Buono il ritorno con radio, tv e agenzie di stampa e, oltre al confronto più istituzionale con le nostre controparti, la possibilità di rinsaldare rapporti vecchi e nuovi, da ARCI, – nostro storico partner- a Mediterranea, che abbiamo conosciuto meglio e a cui saranno devoluti i contributi raccolti durante il concerto di Bobo Rondelli. Leggi tutto
FisacSostiene
La discussione politica in merito all’approvazione del MES (meccanismo europeo di stabilità o ex fondo salva stati) sta assumendo connotazioni che poco hanno a che fare con il merito della questione. Trattasi, sicuramente, di un argomento complesso e tecnico ma che può determinare possibili conseguenze sia sul sistema bancario sia sui cittadini.  Leggi tutto.
Il Futuro del Lavoro: le festa di chiusura della fisac
CCNL CREDITO: IL NEGOZIATO AL PASSAGGIO DECISIVO
Facebook
 MES: FACCIAMO CHIAREZZA di Paolo Cecchi La discussione politica in merito all’approvazione del MES (meccanismo europeo di stabilità o ex fondo salva stati) sta assumendo connotazioni che poco hanno a che fare con il merito della questione. Trattasi, sicuramente, di un argomento complesso e tecnico ma che può determinare possibili conseguenze sia sul sistema bancario sia sui cittadini. Innanzitutto, c’è da dire che il fondo salva stati è già intervenuto durante la crisi iniziata nel 2008 per aiutare le finanze pubbliche di paesi come la Grecia o la Spagna; la riforma in discussione avrebbe l’obiettivo di rafforzare il meccanismo cercando di trasformarlo in una sorta di “fondo monetario europeo”. All’atto pratico, quindi, tale strumento rappresenta una “copertura assicurativa” in caso di dissesto dei debiti sovrani dei paesi UE. E’ bene ricordare che ogni membro dell’Unione contribuisce economicamente non in base al rischio potenziale del proprio debito pubblico (criterio logico in uno scenario “assicurativo”), ma in relazione alla propria dimensione. Pertanto, la Germania, che non rappresenta certo lo stato “più rischioso”, è il soggetto che versa più fondi. Quali sono i punti oggetto di controversia nel dibattito politico? Innanzitutto l’ipotesi che, in caso di richiesta di aiuto da parte di un paese, il MES (insieme alla Commissione seppur quest’ultima in subordine per alcune decisioni) valuti se sia necessaria una ristrutturazione preventiva del debito sovrano del richiedente (cioè, ad esempio, un’eventuale riduzione del valore dei Btp in mano alle banche). Trattasi di una previsione già presente nel “vecchio” fondo salva stati. Tra i cambiamenti attualmente in discussione ci sarebbe la modifica delle clausole contrattuali (Cacs single limb) riguardante i titoli di stato, dal 2024, che renderebbe più agevole l’eventuale processo di ristrutturazione. A giudizio di chi scrive, la questione più delicata attiene soprattutto la percezione negativa che il rischio, anche teorico, di una ristrutturazione del debito possa influenzare gli operatori di mercato; pertanto, in caso di tensioni sulla finanza pubblica italiana potrebbe succedere, anche in modo irrazionale, che si assista ad una vendita massiva di titoli di stato, per evitarne la perdita di valore, con conseguenze nefaste per il nostro paese. Questo tipo di rischio, tra l’altro, è sottolineato anche da un osservatore, non tacciabile di essere un “rivoluzionario”, come Carlo Cottarelli. C’è da dire anche che la discussione sul nuovo Fondo salva stati è collegata al negoziato europeo riguardante il perfezionamento dell’Unione bancaria; l’assicurazione europea sui depositi ne rappresenta uno dei punti più qualificanti. Ebbene, risulta che il Governo tedesco abbia chiesto alcune precondizioni per completare il percorso negoziale, tra le quali la necessità di “pesare” diversamente i titoli di stato nazionali in relazione alla presunta rischiosità del debito sovrano cui fanno riferimento. Pertanto, ad esempio, i Btp dovrebbero esser valutati in bilancio ad un prezzo inferiore all’effettivo, proprio per sottolineare il maggior “rischio paese” dell’Italia, con conseguente necessità di reperire ulteriore capitale per le banche proprietarie o di spingere le stesse a vendere tutti i titoli detenuti. E’ evidente, pertanto, che tale scenario avrebbe conseguenze funeste sull’economia italiana. A giudizio di chi scrive, il “rischio italia” non si riduce “prezzando” diversamente i Btp, anche perché, in caso di crisi del nostro paese, le stesse banche avrebbero comunque effetti negativi visto il presumibile aumento vertiginoso dei tassi di interesse per l’approvvigionamento di fondi sul mercato interbancario o la probabile crescita dei crediti non pagati da imprese e famiglie. Ad esempio, come ricordato da molti osservatori economici, sarebbe molto più saggio creare un fondo europeo nel quale far confluire almeno parte dei debiti sovrani, finanziato magari con eurobond, capace di calmierare i tassi di mercato a tutto vantaggio della finanza pubblica; in tale scenario paesi come il nostro, perseguendo una road map decisa anche a livello europeo, potrebbero risanare il proprio debito senza rischi particolari e senza creare problemi sociali. Per completare la stessa Unione bancaria occorrerebbe altresì avviare una discussione seria – alla stregua di quanto sta avvenendo sui finanziamenti all’economia reale - sui rischi riguardanti le rilevanti risorse impegnate nei derivati posseduti dalle banche, in specie quelle del nord Europa (ad esempio Deutsche Bank ha 48 mila miliardi di euro di prodotti finanziari della specie, pari a 24 volte il debito pubblico della Germania). Infine una notazione di “colore”: per chi afferma che il nuovo Mes (visto anche che rappresenterà un’ulteriore rete di sicurezza per il fondo europeo “salva banche”) sia esclusivamente uno strumento per aiutare le banche tedesche in difficoltà si potrebbe argomentare che per un paese come la Germania forse converrebbe di più – in caso di necessità di aiuti di stato a banche nazionali rilevanti – approvvigionarsi direttamente sul mercato dei titoli di stato laddove può contare su tassi di interesse negativi. E’ evidente pertanto la necessità di approfondire bene la struttura del nuovo Mes, cercando di incrementarne gli aspetti solidaristici, ma soprattutto occorre legare il negoziato sul fondo con quello inerente l’unione bancaria perché, per paesi come il nostro, la connessione tra banche, titoli di stato e debito pubblico risulta fondamentale. Per l’Italia, portare a compimento un pacchetto completo su tali materie, con un’ovvia logica di attitudine al negoziato, rafforzerebbe e non di poco le disastrate finanze del nostro paese, in attesa – magari – di una classe dirigente politica maggiormente autorevole.
Lo studio Fisac Toscana arriva in Europa di Laura Marchini Nel 2017 la Fisac Toscana in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma ha pubblicato uno studio sullo stress lavoro correlato nei bancari frutto di un’indagine svolta nel comprensorio di Pisa. Da quello studio emergeva un alto rischio stress lavoro correlato per 1 bancario su 4 e un disagio maggiore in alcune categorie: ruoli commerciali , donne, over 55, consumatori di psicofarmaci. Lo scorso 28 Novembre a Bruxelles ho avuto l’occasione di presentare la nostra ricerca in Commissione Europea durante la giornata dedicata al dialogo sociale nel settore bancario, di fronte alla Federazione Europea delle Banche (EBF) e ai rappresentanti della sezione UniFinance di Uniglobal Europa , il sindacato europeo dei servizi. A fronte di una situazione di mercato mutata, i nuovi modelli di business insieme alla globalizzazione e a una concorrenza sempre più agguerrita hanno portato a un peggioramento del clima lavorativo soprattutto per le quotidiane pressioni a vendere prodotti finanziari e assicurativi. Da tempo come sindacato denunciamo “pressioni improprie” esercitate sui lavoratori per raggiungere obiettivi di budget sempre più alti, pressioni che hanno conseguenze sulla salute fisica e psicologica di lavoratori e lavoratrici e che negli ultimi anni hanno contribuito a incrinare la fiducia dei clienti nel sistema bancario e a snaturarne il ruolo sociale che dovrebbe avere. Il problema non investe solo l’Italia e la ricerca promossa dalla Fisac ha suscitato in sede europea interesse sia da parte sindacale che datoriale rappresentando senza dubbio la punta avanzata di un percorso avviato ma in gran parte da costruire. Come sottolineato dalla Commissaria UE , quello dello stress lavoro correlato è infatti un fenomeno in crescita in molti Stati d’Europa. Il nostro studio però resta un “unicum” nel settore, l’impegno è a lavorare perché altri ne seguano, in Italia a livello nazionale o in paesi dell’Unione. Lo scopo è evitare che i lavoratori vengano considerati come risorse da sfruttare invece che persone su cui investire e ricordare che nulla in un mondo finito può crescere all’infinito, neppure i budget.