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Il sindacato al tempo del Covid-19
di Daniele Quiriconi
Difficile parlare di attività sindacale ordinaria in questo tempo di "vita sopesa" di ansia, di lockdown, consapevoli che probabilmente prima e dopo la scoperta di un vaccino ( speriamo efficace) le nostre vite e il nostro lavoro non saranno più uguali a prima.
Difficile perché l'attenzione di tutti noi, è concentrata sulle notizie angosciose e sui bollettini quotidiani. Vale per coloro come i lavoratori della categoria che , al pari di molti altri milioni, inseriti tra le categorie essenziali non hanno mai smesso di lavorare, molti in smart working, molti, sia pure a orario ridotto, a contatto con il pubblico anche in territori martoriati dal virus e vale per tutti gli altri cittadini.
Verrà il tempo, speriamo, per un'analisi e per le indagini sulla capacità di riposta del paese, per valutare le inefficienze, le scelte sbagliate, la programmazione delle risposte sanitarie sul territorio, le privatizzazioni ossessive, le riduzioni degli ultimi 20 anni della spesa sanitaria in genere. In un mondo in cui molti, anche tra di noi, ma soprattutto tra una classe politica improvvisata abituata a misurare i consensi a breve e con visioni espresse in slogan si improvvisano esperti, credo vada trovata la misura della sobrietà del lavoro nei nostri ambiti, attenti a temperare le pulsioni verso il "liberi tutti" che una classe padronale senza troppi scrupoli, ben rappresentata dal nuovo Presidente di Confindustria, vorrebbe imporre al paese, lasciando ad ognuno il suo compito.
E, come ben rappresentato da alcune delle storie di negoziazione riportate in queste pagine, svolgendo una preziosa e costante attività di tutela, in primo luogo della salute e delle condizioni di lavoro delle persone che rappresentiamo.
Mettendosi a disposizione, sostenendo la Protezione Civile come fatto da tante nostre strutture senza comunicati stampa, fotografie e rivendicazioni di cattivo gusto, interagendo con la Confederazione e i livelli Istituzionali come abbiamo fatto a partire dalla vicenda degli anticipi degli ammortizzatori da parte delle banche ai lavoratori più fragili, i più esposti alla perdita del salario, cercando di dare una mano appunto, con sobrietà e misura anche nelle Camere del Lavoro.
Anche noi, anche la CGIL non sarà più la stessa. Siamo chiamati ad una profonda autoriforma organizzativa che ci renda più capaci, meglio attrezzati a gestire una post emergenza di cui non conosciamo durata e e conseguenze economico-sociali. Abbiamo retto bene l'urto nell’emergenza, a partire dalla gestione di procedure di richiesta di cassa integrazione o di F.I.S. per le lavoratrici e i lavoratori delle agenzie assicurative in appalto, su cui tanta parte del gruppo dirigente non aveva esperienza , ma che ha saputo affrontare con serietà ed efficacia. E gestite solo da noi, dalla CGIL non da altri. Proprio perché tutto il nostro gruppo dirigente è stato mosso dalla consapevolezza che tra quelle lavoratrici e quei lavoratori c'era la parte più debole contrattualmente e sul piano del diritto in generale, della nostra categoria.
Potremmo versare fiumi di inchiostro su questi giorni; la polifonia delle regioni, i 200 esperti dei gruppi tecnici del Governo, i virologi e gli epidemiologi che battibeccano tra loro, ma non serve. Una prova a cui nessuno era preparato mette a nudo il valore o la mediocrità delle classi dirigenti. Ma per quante critiche si possano fare al governo nazionale, non è che altrove ( eccezion fatta forse per la Germania) qualcuno si sia mostrato più efficiente, in Europa o in America. La stessa burocratica risposta di alcuni paesi europei rispetto alla richiesta di interventi eccezionali ( Mes o non Mes) dimostra l'ottusità di molti leader al di fuori del nostro paese.
Poi, i cittadini della Lombardia per primi, regione certo colpita da una diffusione più ampia del virus, sapranno valutare se il modello costruito da Formigoni in un ventennio di dominio sulla sanità da parte del privato, siano stati la migliore risposta in quel territorio. Ma, come dicevamo, verrà il tempo.... Ora è ancora presto.
FisacSostiene
Qui BancoBpm
di Andrea Monti
BancoBPM si è mosso nella crisi covid 19 fra luci e ombre. Fra i primi gruppi bancari ad attuare un concreto distanziamento dei lavoratori attuato con largo ricorso a chiusure, turnazioni, smart working, smart learning e contingentamento selettivo degli ingressi mediante appuntamenti.
Ha assicurato nelle prime settimane permessi smart working in quantità ben superiore alle effettive capacità tecniche di collegamento, che pure sono state aumentate del 400%.
Sono stati riconosciuti, fino all’uscita del DPCM “Cura Italia” permessi retribuiti per le esigenze familiari legate alla chiusura delle scuole, da lì in poi sostituiti con ferie, congedi parentali “cura Italia” o giornate di solidarietà volontarie.
Non si è ancora arrivati ad una circolare prescrittiva modello “Intesa” per la programmazione di ferie e permessi ma poco ci manca.
Sono in campo da giorni azioni di “moral suasion” a tutti i livelli della catena di comando per la programmazione di ferie e permessi anche in questo periodo di blocco sociale.
Da settimane vengono confermate le ferie già programmate prima della crisi. Rispetto all’ attuazione delle moratorie dei mutui privati prima casa e dell’anticipazione della cassa integrazione il Gruppo non si è ancora dotato di una procedura informatica capace di gestirle, sta organizzando una task force, ma al momento le richieste presentate vengono catalogate e sospese in attesa di istruzioni esecutive.
Sui finanziamenti alle imprese pare invece che si stiano cominciando a dare risposte.
Il Gruppo da lunedì prossimo attuerà una progressiva ripartenza con l’interruzione delle turnazioni di tutti i responsabili, referenti e gestori commerciali di filiale.
E’ prevista la riapertura di 35 filiali nella zona di Bergamo, dove già si operava “alla chetichella” in filiali chiuse al pubblico, su adesione “spintanea” dei lavoratori e con dubbi servizi di sanificazione e pulizie. Situazione più volte denunciata da RSA Fisac CGIl e Coordinamenti Unitari.
Questo rende l’idea dell’assoluta insensibilità che questo Gruppo ha invece dimostrato rispetto alla tutela strettamente sanitaria del personale: pulizie trascurate, attuate con capitolato d’appalto migliorato su richiesta sindacale ma implementato solo nella frequenza delle pulizie e non nei tempi a disposizione.
Personale, modalità e materiali inadeguati. Sanificazioni effettuate in contemporanea alla presenza dei turni uscenti nella giornata del venerdì, con modalità molto più vicine ad una pulizia più attenta che a vere e proprie sanificazioni, quindi totalmente inefficaci per l’isolamento sanitario dei gruppi di lavoratori.
Invio modesto, incompleto e tardivo di ogni DPI: guanti, mascherine e barriere in plexiglass. Abbiamo assistito all’approvvigionamento in proprio da parte dei lavoratori e perfino l’invito rivolto loro da alcuni gestori risorse umane a tutelarsi in questo modo. Molti lavoratori hanno divelto plexiglass pubblicitari presenti in filiale riconvertendoli a barriere protettive improvvisate, ancora utilizzate.
Tutto questo ancora oggi, nella zona di Bergamo, di Cremona, di Lodi, che non sono mai state tutelate in maniera privilegiata rispetto a territori ad intensità di contagio minore.
Rispetto alle diverse ordinanze regionali restrittive emanate in questi ultimi giorni il Gruppo ha ribadito il proprio mero adeguamento “passivo” agli obblighi tempo per tempo vigenti, senza aprire minimamente alla possibilità di distribuzione organica e completa di DPI e modalità di ingresso della clientela in filiale tutelanti su tutto il territorio nazionale.
In questa situazione le numerosissime segnalazioni di irregolarità avanzate da RSA, Coordinamenti e RLS sono state spesso ignorate, ricevendo in buona parte solo risposte formali.
La consultazione dei RLS, pur ripetuta è sempre stata effettuata scientemente in tempi ristretti, tant’è che nell’ultima riunione ad un nostro RLS è stato impedito di portare a termine il proprio intervento, con seguito di lettere di formale richiamo da parte di tutti i RLS e del Coordinamento Fisac CGIL.
L’ondata di comunicazioni aziendali scatenatasi in questi giorni sulla progressiva ripartenza, in queste condizioni di sostanziale abbandono sanitario, ha portato ad una forte richiesta di tutela dei lavoratori che è fondamentale raccogliere in questo momento più che mai.
La fiducia nel rappresentanza sindacale nel Gruppo sul nostro territorio, già storicamente radicata, si è rafforzata l’anno scorso con la vertenza diamanti, sarebbe imperdonabile incrinare questo rapporto.
Occorre un’azione di rivendicazione determinata ed efficace a tutti i livelli.
FisacSostiene
La Newsletter della Fisac Cgil Toscana - Numero 36 - Aprile 2020
Il lavoro al tempo del Coronavirus
STart
Qui Unicredit
di Francesco Franceschi
Lo scorso 3 dicembre, con la presentazione alla comunità finanziaria internazionale del nuovo Piano Industriale con valenza quadriennale denominato “Team 23”, UniCredit, puntando su un nuovo modello distributivo fortemente caratterizzato da innovazione tecnologica e digitalizzazione, aveva annunciato tagli del personale per 8.000 FTE (Full Time Equivalent) a livello di Gruppo, di cui 6.000 in Italia (16% della forza lavoro) con la chiusura di 450 agenzie sul territorio nazionale (19% del totale sportelli).
Obiettivo dichiarato ripetutamente: traguardare i 16 miliardi di utili in “arco piano” (2020 – 2023) con distribuzione di dividendi cash agli azionisti per 6 miliardi e 2 miliardi di riacquisto di azioni (buy back). Tutto questo senza alcuna previsione di nuove assunzioni.
Da subito sul piede di guerra le Organizzazioni Sindacali, non soltanto aziendali e di categoria, ma anche confederali.
Il Segretario Generale della CGIL confederale, Maurizio Landini, aveva tuonato contro il management aziendale accusandolo di voler garantire i dividendi agli azionisti sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori attraverso migliaia di licenziamenti. La lettera di avvio procedura sindacale, inviata dall’Azienda ai Sindacati lo scorso 10 febbraio, confermava gli stessi numeri e la totale assenza di assunzioni.
Dopo il primo incontro di trattativa il 17 febbraio, le Organizzazioni Sindacali, giudicando irricevibile la lettera di avvio procedura con la quale veniva perfino prospettata la possibile “non” conferma a tempo indeterminato degli apprendisti già in organico come pure eventuali deroghe all’articolo 2103 del codice civile (demansionamenti), dichiaravano inaccettabile un Piano basato prevalentemente su riduzione di costi e tagli di personale e con la prospettiva di un allontanamento dal territorio, dall’economia e dalla clientela. L’esplosione dell’emergenza sanitaria COVID-19 avvenuta prima che la trattativa entrasse nel vivo - oltre agli impatti sull’ambiente di lavoro di cui diremo dopo - ha costretto alla ricerca di modalità nuove di confronto sindacale (in videoconferenza) mai sperimentate prima, ma assolutamente necessarie per addivenire ad un accordo di regolamentazione delle ricadute del Piano Industriale.
Nella difficile situazione determinata dalla pandemia da Coronavirus che vedeva impegnate le strutture sindacali aziendali, a tutti i livelli, a garantire la massima tutela della salute e della sicurezza dei dipendenti (in sinergia con i RLS - Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza), si è quindi deciso di portare a termine la trattativa su “Team 23”.
Al termine di un serrato confronto si è giunti, lo scorso 2 aprile, alla sottoscrizione di un accordo molto positivo nei contenuti, in particolare sul tema occupazionale:
esuberi ridotti a 5.200 con uscite volontarie per la quasi totalità mediante accesso alle prestazioni straordinarie del Fondo di Solidarietà di settore per coloro i quali matureranno la prima “finestra” pensionistica entro il 2028 con prime uscite a ottobre 2020 ed una permanenza media al Fondo di 54 mesi (il resto con pensionamenti diretti volontari, pensione “quota 100”, opzione donna, riscatto laurea);
2.600 nuove assunzioni stabili (in apprendistato e/o a tempo indeterminato) in un rapporto di 1 a 2 rispetto alle uscite; stabilizzazione a scadenza dei circa 900 apprendisti attualmente in organico (in aggiunta alle nuove assunzioni).
Inoltre:
Premio Aziendale: € 1.430 a conto welfare con opzione cash di € 880;
introduzione del buono pasto elettronico con aumento progressivo fino a € 7 per full-time ed € 6 per part-time;
consolidamento del contributo aziendale annuale di € 900 per l’assistenza sanitaria integrativa (contributo uguale per tutte e tutti, Aree Professionali e Quadri Direttivi);
previdenza complementare di Gruppo: reintroduzione della contribuzione datoriale del 4% a favore dei neo assunti con contratto di apprendistato (primi 3 anni dalla data di assunzione);
rafforzata la multipolarità nel Meridione (Campania e Sicilia) con accentramento e rafforzamento di attività specialistiche e di back-office;
creazione di una Commissione bilaterale Organizzazione Lavoro con funzione anche di monitoraggio costante delle uscite e delle assunzioni per la ricerca di un equilibrio occupazionale territoriale;
quota base anno 2020 per copertura collettiva odontoiatrica a totale carico dell’Azienda; introduzione di una copertura “Temporanea caso morte” per i dipendenti per estinzione debito residuo mutui prima casa (oltre al consolidamento delle coperture assicurative sia per premorienza che per sopravvenuta inabilità permanente al lavoro).
Questo, in sintesi, il contenuto dell’accordo, da ritenere positivo non solo per l’equilibrio occupazionale raggiunto e per l’attenzione al Meridione, ma anche per la concreta conferma di UniCredit della volontà di rimanere ed investire in Italia.
Come detto, le Organizzazioni Sindacali in UniCredit hanno sperimentato per la prima volta una trattativa con modalità di confronto completamente nuove (videoconferenza) a causa dell’emergenza sanitaria dovuta a COVID-19.
Mentre si inizia a parlare della c.d. “fase 2” di una crisi che sta devastando il tessuto economico e sociale, non solo del nostro paese, e che ci consegnerà un futuro drammatico dove verosimilmente niente sarà più come prima, nel frattempo siamo ancora nel pieno dell’emergenza.
In UniCredit le Organizzazioni Sindacali aziendali si sono da subito attivate con l’Azienda al fine di far adottare tutte le misure volte alla tutela della salute e della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori, in linea con i vari DPCM emessi tempo per tempo. Fondamentale, come già detto, è stata ed è la sinergia con i RLS di Gruppo.
Va detto che l’Azienda fin dall’inizio dell’emergenza è intervenuta prontamente.
Molte sono state anche le proposte formulate dal Sindacato e dai RLS ed accolte nell’ottica di una fattiva collaborazione su un tema così importante come la salute:
fin da subito, permessi retribuiti ai genitori per accudire i figli in età scolare a seguito della chiusura delle scuole;
a partire dal 13 marzo chiusura progressiva di un numero sempre crescente di agenzie su tutto il territorio nazionale fino ad arrivare, nell’arco di pochi giorni, alla chiusura di circa il 70% delle 2.400 agenzie complessive, con il restante 30% aperto al pubblico solo 2 o, in alcuni casi, 3 mattine e solo su appuntamento;
per le Filiali più grandi, turnazioni di colleghi della stessa Filiale (in base all’organico complessivo) che si alternano nelle diverse giornate per garantire l’operatività dell’agenzia;
per le Filiali più piccole prevista, in linea di massima, la presenza di 2 colleghi della Filiale stessa;
i colleghi in organico nelle agenzie chiuse - che non operino in smart working dalla propria abitazione - sono posti in via eccezionale in permesso retribuito, restando a disposizione per ogni necessità (ad es. caricamento degli ATM) che gli venga richiesta dal proprio Responsabile;
attualmente sono oltre il 10% i dipendenti posti in permesso retribuito;
garantiti i servizi bancari di base, effettuando i servizi di consulenza il più possibile a distanza;
invito ai Clienti a recuperare le proprie informazioni (conti correnti, carte di debito e di credito, conti titoli, carte, mutui, prestiti) e a svolgere le loro principali operazioni bancarie attraverso la banca multicanale, ovvero Internet Banking, Mobile Banking App e Telephone Banking; istituite task force nelle filiali aperte per attività di supporto al call center;
assicurata la piena continuità del servizio grazie alle attività di consulenza offerte in remoto e attraverso gli ATM (la cui piena funzionalità è costantemente garantita);
utilizzo massiccio dello smart working: il lavoro da remoto interessa, ad oggi, circa 25.000 dipendenti (quasi il 70% del totale). Distribuiti pc portatili, acquistando ulteriori licenze VPN e verificando la fattibilità dell’attività lavorativa per più ruoli;
kit con DPI (mascherine, guanti, gel igienizzante) consegnati ovunque nelle filiali aperte, così come barriere divisorie in plexiglass;
guardie giurate/addetti alla sicurezza, presenti all’esterno nella quasi totalità delle agenzie aperte, per contingentare l’afflusso della clientela;
pulizie: recentemente disposti doppi turni giornalieri per le pulizie;
inserito un addendum contrattuale operativo dai primi di marzo riguardante i prodotti utilizzati per le pulizie (cioè a base di cloro o di alcool), con primo passaggio e ripasso su tutte le superfici a maggior contatto (tastiere, maniglie, ecc.);
sanificazioni - eseguite al di fuori dell’orario di lavoro - effettuate in modo prioritario nelle sedi di lavoro eventualmente coinvolte da contagio;
dispenser igienizzanti per la clientela: completamento fornitura per agenzie aperte entro il 4 maggio.
Con la prossima partenza della “fase 2” l’impegno in tema di presidio e tutela della salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori dovrà essere, se mai possibile, ancora maggiore.
Importante sarà mantenere una stretta collaborazione con i RLS che dovranno attivarsi per pretendere l’aggiornamento del DVR (Documento Valutazione Rischi) anche con l’inserimento del rischio biologico.
Qui Intesa Sanpaolo
di Elena Cherubini
L’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del virus Covid 19 è stata affrontata nel Gruppo IntesaSanpaolo con la graduale messa in campo di misure di sicurezza per clienti e dipendenti, che hanno fatto seguito, a partire da febbraio, alle progressive deliberazioni governative.
Gli strumenti si sono basati soprattutto sul distanziamento sociale, l’ampliamento dell’utilizzo di formazione e lavoro flessibile, la visita alle filiali da parte dei clienti solo previo appuntamento, la chiusura al pubblico di tutte le filiali il pomeriggio e la turnazione del personale a giorni alterni (o chiusura delle filiali più piccole a giorni alterni).
Dopo una prima fase di unilateralità degli interventi, il dialogo con organizzazioni sindacali e rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza si è standardizzato in modalità video e con riunioni periodiche che ci hanno consentito di segnalare situazioni particolari, necessità di aggiustamenti operativi e organizzativi e purtroppo rilevare anche comportamenti disallineati rispetto alle stesse regole fissate dall’Azienda.
Il raccordo continuo fra sindacato e RLS si è rilevato proficuo, benché rigidità e lentezze da parte aziendale hanno continuato e continuano a verificarsi e benché alcune iniziative unilaterali aziendali (come l’obbligo di fruizione di 6 giorni di ferie entro aprile anche in uffici in affanno per il carico di lavoro) abbiano fatto percepire la banca come lontana dai problemi reali di lavoratori e lavoratrici.
Tuttavia la negoziazione e la collaborazione delle persone hanno permesso di avere oggi circa 40.000 persone che lavorano da casa, di cui circa 15.000 dipendenti della rete che sono stati abilitati nel giro di 20 giorni con la consegna di computer e la messa in sicurezza dei dati.
Per far fronte alle legittime richieste della clientela dettate dall’emergenza economica (sospensioni rate di finanziamenti, erogazione fidi, anticipi della cassa integrazione) abbiamo richiesto la creazione di Task force di supporto ai colleghi, colleghi già ridotti nel numero per malattia, congedi, astensioni cautelative, permessi legge 104 e adesso le ferie.
Abbiamo chiesto e ottenuto insieme agli RLS la fornitura di dispositivi di protezione individuale (gel igienizzanti mascherine e guanti) la cui consegna non è ancora conclusa (si sta gradualmente passando alle mascherine FPP2 e alle visiere in plexiglas). In particolare abbiamo sempre chiesto di agire nell’ottica di un maggior principio precauzionale e non di limitarsi a seguire le indicazioni di Asl e medici competenti, perché abbiamo verificato purtroppo sul campo quanti rischi si sarebbero potuti evitare.
Tanto più che l’Azienda, quando lo ha ritenuto necessario, è andata oltre le indicazioni delle Asl assumendosi un costo assolutamente compatibile con il beneficio.
Noi avremmo preferito che questo costo venisse assunto anche in tanti altri casi, quando ad esempio chiudere per un solo giorno una filiale avrebbe consentito di venire a conoscenza dell’esito di un tampone e quindi procedere per tempo alla eventuale sanificazione o quando, come accaduto anche in Toscana, tenere un dipendente di filiale in astensione cautelativa dal lavoro (in smart working o smart learning) in presenza di una incertezza su una sintomatologia terminata ma sospetta, avrebbe dato maggiore sicurezza a colleghi e clienti.
Continueremo a monitorare le condizioni di lavoro in termini di sicurezza e di benessere organizzativo, anche in prospettiva di una fase 2 e dell’impatto che queste enormi variazioni dell’organizzazione del lavoro hanno e avranno sulle persone, a partire dallo stress psicofisico e in relazione alle difficoltà di conciliazione vita-lavoro per i genitori (in vista del periodo ancora lungo di non riapertura degli istituti scolastici), e per chi accudisce persone non autosufficienti.
Qui UnipolSai
di Tania Cità
In Unipolsai si è scontato un ritardo nella implementazione del lavoro agile, a cui l'azienda, ben prima della normativa sul contenimento del covid-19, si era detta non interessata: al primo febbraio 2020 nessun lavoratore era in lavoro agile e non era ancora partita neppure la fase di test a seguito dell'accordo voluto e sottoscritto dal sindacato nello stesso febbraio, salvo poi - va dato atto all'azienda - averlo esteso con rapidità alla maggiore platea possibile: ad oggi circa il 90% dei dipendenti lavora da casa con mezzi propri o dell'azienda.
Ci sono poi lavorazioni "organizzativamente rilevanti" che vedono un presidio su turnazione negli uffici di direzione e negli ispettorati, chiusi comunque al pubblico.
Nelle scorse settimane Unipol si è anche fatta carico di svariati giorni di ferie per coloro che per qualche motivo non fossero ancora stati attivati in Smart working, salvo poi attuare una svolta piuttosto drastica, imponendo unilateralmente un rilevante e non sempre equo utilizzo delle ferie.
È adesso in corso una fase di confronto tra Impresa e Organizzazioni sindacali che auspicabilmente porti ad un negoziato su come affrontare la prossima fase 2.
Qui Monte dei Paschi
di Federico Di Marcello
La gestione dell’emergenza sanitaria in Banca MPS ha visto immediatamente le OO.SS. aziendali impegnate a trovare soluzioni volte alla riduzione di rischio contagio da Covid-19.
La maggiore difficoltà che abbiamo riscontrato inizialmente -prontamente rimossa grazie al lavoro svolto dalle RSA e dagli RLS- è stata quella dell’effettiva applicazione nei territori delle soluzioni individuate centralmente.
Oltre al continuo confronto in via telematica tra i coordinatori e le varie funzioni aziendali, abbiamo ottenuto l’istituzione, sin dai primi giorni, di due tavoli permanenti, uno politico ed uno tecnico con gli RLS.
La sinergia creata tra i tavoli permanenti è stata finora impeccabile.
Il continuo confronto ha permesso l’applicazione di una serie di misure stringenti ed altamente tutelanti per i Lavoratori.
La prima previsione significativa in ordine di tempo è stata l’estensione dello Smart working a tutti i colleghi delle strutture centrali (oltre 3000 nella sola Toscana) ed a tutti i colleghi della Rete e Centri specialistici, che grazie alle turnazioni stabilite nelle filiali permette giornalmente ad oltre il 75% dei colleghi di lavorare da remoto.
Inoltre, come OO.SS abbiamo chiesto con forza, ed ottenuto l’apertura delle filiali a giorni alterne (tre giorni a settimana) con orario esclusivamente mattutino, con la presenza in filiale esclusivamente del personale strettamente necessario per garantire alla clientela i servizi essenziali.
Quindi nelle filiali MPS attualmente è mediamente presente meno del 50% dell’organico complessivo, per 3 giorni la settimana. L’ingresso nelle filiali MPS è consentito ad un solo cliente per operatore presente e solo previo appuntamento.
Abbiamo stabilito che nei giorni di maggior afflusso, come ad esempio quelli di pagamento delle pensioni, i clienti che statisticamente si presentano in filiale fossero preventivamente contattati per gestire il maggior flusso ed evitare inutili e pericolosi assembramenti; in quei giorni inoltre presso le filiali ritenute più a rischio è prevista la presenza di vigilanza per la gestione della clientela.
È stato previsto che le filiali vengano pulite approfonditamente tutti i giorni di apertura al pubblico con prodotti sanificanti. Tutte le filiali sono state dotate di gel disinfettante per i dipendenti e per i clienti, e nelle ultime settimane -dopo una contingente difficoltà nel reperimento- sono state consegnate anche le Dotazioni di Protezione Individuale quali guani e mascherine.
In tutte le postazioni degli operatori di sportello sono state installate barriere di plexiglass e linee di distanziamento per proteggere maggiormente i Lavoratori a più stretto contato con il pubblico.
Nella prima settimana di marzo è stata stipulata a favore di tutti i dipendenti del Gruppo MPS una polizza Covid-19 aggiuntiva rispetto alla polizza sanitaria ordinaria, per la copertura delle spese derivanti da eventuale contagio e dalle necessità di assistenza post ricovero ospedaliera.
L’azione sindacale è stata finora decisiva per la tutela di tutte le Lavoratrici ed i Lavoratori.
Il Coordinamento aziendale della Fisac MPS ritiene tuttavia di dover continuare, insieme a tutte le RSA ed agli RLS, a vigilare e ad individuare soluzioni che permettano anche per il futuro, di lavorare in sicurezza e con la maggior serenità possibile, anche in previsione di una richiesta (al momento prematura) da parte delle Aziende del ripristino della piena operatività.
Banca d’Italia e Banca Centrale Europea: brevi riflessioni ai tempi del Covid-19
di Paolo Cecchi
Durante questo periodo, a dir poco eccezionale, in Banca d’Italia si è cercato sin da subito di potenziare al massimo lo smart woking al fine di ridurre la presenza dei lavoratori nelle filiali e nelle strutture centrali di Roma.
Al momento, la percentuale di colleghi che operano da casa si aggira intorno al 90% del totale della compagine impiegatizia dell’Istituto.
Le presenze riguardano attività che non possono essere svolte in remoto come il processamento delle banconote – nell’ambito del rapporto con il sistema bancario – o alcuni compiti inerenti il sistema dei pagamenti o la gestione degli stabili, nonché gli sportelli aperti per la cittadinanza.
Merita in questa sede sottolineare la complessità della gestione del contante nell’attuale fase, acuita altresì dalla chiusura di alcune importanti filiali del nord Italia, alcune specializzate proprio sul trattamento delle banconote, a causa di contagi da Covid-19.
Con riferimento, poi, alle funzioni istituzionali c’è da dire che in questo periodo la Banca sta collaborando con il Governo per fornire indicazioni utili al fine di efficientare il processo di individuazione e attuazione delle misure a sostegno di cittadini ed imprese, anche tramite il sistema bancario.
Tra le principali iniziative svolte nell’ambito della politica monetaria, in concorso con la Banca Centrale Europea, la Banca d’Italia ha potenziato l’acquisto di titoli pubblici italiani – il cosiddetto “quantitative easing” – al fine di non far crescere il tasso di interesse sul debito sovrano e fornire liquidità al sistema; inoltre, l’istituto ha migliorato le condizioni di accessibilità alle operazioni di rifinanziamento delle banche presso la Bce. Infine, ma non ultimo, Bankitalia sta dando una serie di indicazioni al sistema bancario al fine di preservare la solidità di impresa: non ultimo si ricorda la raccomandazione di non distribuire i dividendi.
C’è da dire, in generale, che in periodi emergenziali come l’attuale le soluzioni da adottare devono essere altrettanto straordinarie sia nella portata sia, anche, nella scelta degli strumenti.
E’ ovvio pertanto che i bilanci delle principali banche centrali si stiano gonfiando in modo esponenziale: la Banca del Giappone, ad esempio, detiene ormai titoli di stato nazionali pari al 110% del Pil del paese nipponico e situazioni simili si registrano anche con la Swiss national bank. La Bce e la Fed hanno “in pancia” titoli per, rispettivamente, 5 e 6 mila miliardi di dollari.
Da sottolineare, infine, l’operato della Bank of England che, recentemente, ha comunicato che finanzierà direttamente il deficit statale bypassando i mercati. In tale scenario, a parere di chi scrive, occorre pertanto che la politica faccia finalmente un ragionamento serio sulla riforma dei compiti della Bce.
Durante l’ultimo congresso della Cgil, ad esempio, nel documento politico si parlava della necessità che l’istituzione di Francoforte assumesse anche l’obiettivo di perseguire la piena occupazione (e non soltanto il target dell’inflazione intorno al 2% come risulta a tutt’oggi nel trattato istitutivo).
Ebbene, adesso è necessario riproporre quanto sopra e, magari, avviare anche una riflessione sulla necessità che la stessa Bce diventi “prestatore di ultima istanza” dei paesi dell’Ue - così come avviene in molti altri stati del pianeta - al fine di difendere la finanza pubblica da attacchi speculativi dei mercati e, contemporaneamente, finanziarie le indispensabili iniziative di sostegno statale all’economia che verranno intraprese d’ora in poi, evitando incrementi eccessivi dei debiti pubblici nazionali.
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di Chiara Rossi
Il ragionamento che è importante fare per inquadrare il protocollo e analizzare in che misura è stato possibile farlo vivere nelle aziende, non può prescindere dalla peculiarità del settore cooperativo anche rispetto a quello bancario (Abi).
Il mondo delle Bcc è caratterizzato da circa 240 aziende in tutto il territorio nazionale. La controparte non ha un governo unitario: da un lato c’è Federcasse dall’altro i gruppi Iccrea, Ccb e Raiffesen, nelle regioni poi sopravvivono le Federazioni che di fatto sono svuotate della loro autonomia e che hanno dimostrato in questa vicenda di essere più centri di potere che controparte. Infine le singole Bcc strette tra i gruppi e la Federazioni locali.
In questo contesto è facilmente comprensibile il “rimpallo” di responsabilità che ha caratterizzato la gestione di questa delicata fase. Il protocollo firmato con Federcasse il 24 marzo ha il merito di riprendere uno dei punti qualificanti del protocollo confederale già firmato da Confcooperative. Il punto è l’istituzione (all’art. 32) dei Comitati aziendali ai quali partecipano oltre all’azienda e agli anche gli Rsa, e di una Commissione nazionale per il monitoraggio.
Proprio per la peculiarità appena descritta del settore e per l’esigenza di uniformarne i comportamenti, l’istituzione dei comitati aziendali a partecipazione sindacale rappresenta un importante strumento di azione per tutelare la salute dei lavoratori e delle lavoratrici in aziende che spesso non superano i 200 dipendenti.
Oltre alla difficoltà di istituire suddetti comitati ci si è scontrati con la difficoltà di rendere esigibili tutte le misure di contenimento previste dal protocollo e da un generalizzato ritardo nel cambiamento dell’organizzazione del lavoro.
Le difficoltà riscontrate attengono principalmente a due aspetti:
1) la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici
2) il sostegno al reddito e gli ammortizzatori.
Per quanto riguardo il primo aspetto si è verificato un imperdonabile ritardo nella consegna dei dpi e dei plexiglass, nella disposizione di chiusura alternata delle filiali, nella modalità di ingresso solo per appuntamento.
Ad oggi ancora non è chiaro cosa si debba intendere per sanificazione, in quali modalità e con che frequenza. Ci si è organizzati fornendo ai comitati una check list (concordata con Federcasse) al fine di intervenire urgentemente laddove vi siano situazioni di mancata tutela.
Accelerare questa fase per precedere a quella che viene definita la fase 2, di fatto già avviata dal momento in cui gran parte delle banche stanno riportando molti dei lavoratori a casa negli uffici per far fronte all’aumento dell’attività lavorativa (sospensioni ecc.), garantendo comunque i livelli di sicurezza richiesta che spesso non ci sono data la ristrettezza degli spazi lavorativi è per noi la priorità.
Per quanto riguarda invece il secondo aspetto nella quasi totalità delle Bcc Toscane non si è stati in grado di far lavorare i colleghi in modalità agile, neppure per fruire della formazione on line.
Dunque le turnazioni di fatto non sono state messe in atto e molti lavoratori e lavoratrici sono stati costretti a rimanere a casa utilizzando ferie arretrate, banca ore e in alcuni casi anche ferie maturate. Poche sono state le Bcc che hanno concesso permessi retribuiti anche per il mancato impulso da parte della Federazione Toscana da noi sollecitata sul tema.
A livello nazionale ci si è indirizzati verso l’attivazione del fondo di sostegno al reddito parte ordinaria per poter attingere anche dai fondi statali. Seppur va fatto un distinguo tra banche e credito cooperativo che versa in condizioni peggiori delle prime, questa è un’azione che va a drenare fondi pubblici destinabili a categorie più deboli.
Per questo abbiamo come Fisac Toscana siglato un accordo regionale affinché le Bcc allarghino la platea dei fruitori della Banca del tempo aziendale (istituita in Toscana nel 2016 con accordo di II livello) e rendano fruibili on line ore aggiuntive di formazione obbligatoria come strumento di sostegno al reddito alternativa alle ferie.