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Questo 1° Maggio
di Daniele Quiriconi
Per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale la Festa dei Lavoratori non potrà svolgersi con i tradizionali cortei, concerti e iniziative pubbliche. I collegamenti web ne costituiranno il surrogato, come è stato per tutto il resto della nostra vita in questi quasi 2 mesi di restrizioni.
Dal 4 Maggio, secondo i disposti dell'ultimo DPCM, molte altre attività riprenderanno, senza aver risolto i problemi del trasporto, delle famiglie con bambini e le scuole chiuse, senza mobilità libera per i lavori di cura che una ripresa quasi a pieno regime del lavoro richiederebbe.
Senza contare che i lavoratori e le lavoratrici del settore bancario e assicurativo, sia pure col massiccio ricorso al telelavoro, sono rimasti a fornire servizi ai cittadini anche nella fase più acuta della pandemia, spesso privi, come gran parte dei lavoratori di tutti i settori, di adeguati strumenti di protezione.
E si troveranno nei prossimi giorni, a fronteggiare una mole enorme di attività aggiuntive, stretti tra le comprensibili pressioni dei richiedenti anticipazione di ammortizzatori sociali o di "liquidità" come le piccole imprese.
Con banchieri e vertici istituzionali che annunciano impossibili e rapidissime risposte alle richieste, gravate invece di adempimenti burocratici e cortocircuiti nella trasmissione di istruzioni alle catene di comando quando non di vere e proprie assurdità, quali la consegna dei modelli SR41 preventivi per ottenere le anticipazioni.
Se davvero il contenimento delle infezioni e una graduale ripresa delle attività del paese, consentirà il ritorno ad una parziale normalità, sarà compito della CGIL e delle forze progressiste organizzate della società, spingere per un cambio di paradigma di società basate sul consumo delle risorse, sul profitto a tutti i costi e con qualunque mezzo, sul darwinismo sociale e anche magari, per un nuovo modello di finanza basato sul sostegno a quelle attività che mettano al centro la sostenibilità sociale ed ecologica dei prodotti.
Non è scontato che ciò accada. La campagna "violenta" di alcuni settori industriali, le resistenze del mondo finanziario a congelare i dividendi, l'ottusità di parte dei governi del nord Europa, persino le pratiche commerciali che tanti attori del sistema finanziario ricominciano a perseguire, non lasciano presagire un confronto facile.
La CGIL col suo manifesto programmatico, prova a indicare alcune linee di azione a partire da un nuovo ruolo dello stato in economia oltre l'emergenza: la Germania che nazionalizza Lufthansa con 10 miliardi di denaro pubblico è un contrappasso di questa fase ma non garantisce per il dopo.
Dietro le parole di industriali, banchieri e opinionisti che reclamano di tornare presto a " come eravamo" non c'è infatti il pensiero volto alle spiagge e agli ombrelloni, ma a un "liberi tutti" che riproduca distorsioni, ingiustizie e asimmetrie di un capitalismo senza regole e senza equità, paradisi fiscali e sanità pubblica in un angolo.
In definitiva una visione senza prospettiva nel DC che affronteremo.
FisacSostiene
Le decisioni della Ue per il sostegno all’economia
di Paolo Cecchi
Il 23 aprile u.s. si è svolto l’ennesimo Consiglio europeo per discutere degli strumenti da adottare per cercare (quantomeno) di limitare gli effetti devastanti della pandemia di Covid-19 sull’economia europea.
In proposito, basti pensare che le proiezioni della Banca Centrale Europea indicano, seppur in un quadro di estrema incertezza, un calo del Pil europeo per il 2020 tra il 5 ed il 15%. Praticamente, è stato deciso di dare avvio, dal prossimo primo giugno, a 3 strumenti:
1 - Una linea di credito del Mes (il “fondo salva stati”) senza condizioni da utilizzare per le spese sanitarie. All’Italia spetterebbe circa 36 mld di Euro.
Trattasi quindi di un prestito, la cui durata al momento non è conosciuta, che verrebbe erogato ad un tasso vicino allo 0% visto la valutazione di buona solvibilità del fondo da parte dei mercati finanziari. In proposito, si è accesso un dibattito su come interpretare tale strumento con riferimento alla possibilità o meno di condizionalità successive alla fine della pandemia, sull’ipotesi di accedere automaticamente anche per questa via al programma Omt della Bce - cioè all’acquisto illimitato di titoli del debito sovrano nazionale in caso di attacco speculativo - nonché sulla convenienza nell’uso di tale finanziamento in rapporto anche a quanto versato al Mes da parte dei singoli paesi (per l’Italia si tratta di circa 17 mld di Euro).
2 - Il Programma Sure: fondo che dovrebbe raccogliere fino a 100 miliardi di Euro sul mercato attraverso un sistema di garanzie volontario da parte dei paesi che dovrebbero assicurare fino a 25 miliardi. Il programma si avvierà non appena tutti i paesi provvederanno a versare la “garanzia”.
L’Italia potrebbe ottenere 20 miliardi per finanziare la cassa integrazione. Pertanto, si parla anche in questo caso di un prestito a condizioni agevolate ai paesi europei che sono costretti a far fronte a grandi aumenti della spesa pubblica per tutelare i livelli occupazionali, affinché possano finanziare una spesa maggiore senza indebitarsi individualmente tramite l’emissione di titoli nazionali.
3 - Un nuovo fondo della BEI (Banca Europea degli Investimenti) per il finanziamento delle PMI. In particolare, trattasi di 200 miliardi che la BEI dovrebbe raccogliere in virtù di 25 miliardi di garanzie assicurate dal capitale della Banca stessa.
Il denaro sarebbe investito per progetti riguardanti le piccole /medie imprese ma anche gli enti locali. Un capitolo a parte riguarda il cosiddetto Recovery Fund, lo strumento finanziario richiesto a gran forza dai paesi del sud Europa - con in testa Francia, Italia e Spagna - al fine di aiutare la ripresa dei sistemi economici nazionali maggiormente messi alla prova dalla pandemia.
Seppur la discussione è partita tra mille difficoltà, è stato trovato un accordo di massima sulla cornice di questo fondo, mentre ancora molto occorre fare sulle dimensioni e sulla modalità di erogazione del denaro.
Al riguardo, il Recovery Fund verrebbe inserito all’interno del prossimo bilancio della UE (2021/27) mobilitando, pare, fino a 2000 mld di euro anche attraverso l’emissione di obbligazioni comunitarie con un incremento del budget europeo dall’1 al 2%.
Non è chiaro in che modo il fondo erogherà i contributi, soprattutto se a titolo di prestiti (come richiesto da molti paesi del nord Europa) o di contributi a fondo perduto (come indicato da Spagna e Italia), ma soprattutto non sappiamo ancora quando questo strumento partirà; presumibilmente con l’avvio del prossimo bilancio della Commissione (2021).
In proposito, il premier Conte (e non solo lui) ha chiesto un meccanismo ponte per anticipare già a luglio una parte delle somme del fondo, visto l’emergenza finanziaria che il nostro paese sta vivendo.
Trattasi pertanto di misure finanziarie ottenute (in parte) dopo complesse e complicate trattative viziate da visioni diverse tra il nord ed il sud della Ue; differenze presenti da molto tempo e che diventano molto negative in periodi difficili come quello in cui stiamo vivendo perché impediscono accordi o, quantomeno, ne ritardano la conclusione.
Paesi come l’Italia, aventi un debito pubblico enorme e quindi pochi spazi per effettuare manovre di bilancio a favore di imprese e cittadini, hanno assoluto bisogno di solidarietà da parte degli altri stati europei e, soprattutto, hanno necessità che tutti gli strumenti finanziari si attivino nel più breve tempo possibile, anche per evitare di essere ostaggio degli “umori” dei mercati finanziari.
In uno scenario così difficile si segnala una buona notizia: la Banca centrale europea ha deciso di accettare anche i titoli di Stato e i bond societari con rating “junk” (anche detti “spazzatura”, perché senza le caratteristiche che li rendono adatti agli investitori istituzionali) a garanzia della liquidità che fornisce alle banche; tale iniziativa mette a riparo da eventuali tagli del rating del debito sovrano che possano determinarsi prossimamente.
FisacSostiene
La Newsletter della Fisac Cgil Toscana - Numero 37 - Aprile 2020
1° MAGGIO
Sempre e comunque
STart
Scarica: COVID-19 e Smart Working: primo studio sui principali gruppi bancari e assicurativi
Dopo la pandemia: alcune riflessioni su banche, assicurazioni e nuovi processi di ristrutturazione digitale
di Roberto Errico
Adam Tooze, storico dell’economia britannico, ha evidenziato come la recessione susseguente alle misure di lockdown imposte in mezzo Mondo per frenare l’avanzata della pandemia da Covid-19 rappresenti un unicum non solo per le modalità – una crisi che nasce da un blocco generalizzato della produzione – ma anche per la novità rappresentata dalla “inedita modalità di propagazione” del ciclo negativo.
Tooze ha sottolineato come, di solito, un ciclo economico negativo parta dai settori più instabili (edilizia, immobiliare, finanza) o da quelli più esposti alla concorrenza globale, come il settore automobilistico.
Il blocco legato al SARS-cov-2, al contrario, colpisce direttamente i servizi – commercio, ristorazione e turismo, intrattenimento, servizi bancari e assicurativi retail – ovvero quel nucleo di attività che nei paesi occidentali impegnano tra il 60% e l’80% della forza lavoro.
L’impatto sul settore dei servizi è tale da ipotizzare che cambiamenti nei comportamenti dei consumatori e delle imprese che di solito avvengono in un lustro stiano avvenendo in un lasso di tempo inferiore ai due mesi.
A tal proposito, numerosi sono i segnali. Ad esempio, il settore del commercio online è l’unico che chiuderà l’anno con un tasso di profitto a due cifre; Amazon, nei giorni in cui ventidue milioni di americani perdevano il lavoro a causa del lockdown, ha assunto oltre 75.000 nuovi impiegati, divenendo il secondo datore di lavoro degli USA. Anche in Europa, il commercio online è cresciuto del 34% a marzo 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019, mentre il lavoro in modalità smart è aumentato a marzo 2020 di oltre il 160% in Italia, del 60% in Spagna, del 40% in Francia e Germania.
Certamente, siamo in presenza di dati esacerbati dalla quarantena; pur tuttavia, è innegabile che il settore dei servizi post Covid - anche quello dei servizi bancari e assicurativi - sarà organizzato in maniera diversa ed attraversato da una spinta violenta verso la “rottura digitale” (Digital disruption), ovvero un processo, indotto dall'innovazione digitale, di erosione di confini e approcci che in precedenza servivano da base per organizzare la produzione e l'acquisizione di valore. ISRF LAB, poco prima dell’arrivo della pandemia in Europa, ha avuto la possibilità di affrontare le tematiche della digitalizzazione all’interno di un progetto di ricerca coordinato da UniEuropa e dedicato al tema delle ristrutturazioni aziendali.
Attraverso oltre 50 interviste a dirigenti sindacali del settore dei servizi in tutta Europa ed al termine di una giornata dedicata ad analisi e focus group, abbiamo analizzato l’impatto delle ristrutturazioni aziendali sui lavoratori, con un focus particolare sulla cosiddetta ristrutturazione digitale.
Dal lavoro sono emerse tre questioni dirimenti, relative alla difficoltà di posizionamento sociale del lavoro nel nuovo ecosistema del digitale, alla difficile gestione di salute e sicurezza all’interno di processi di ristrutturazione che assumono carattere sempre più continuo e alle difficoltà nel gestire per via contrattuale cambiamenti organizzativi “digitalizzati”.
Su quest’ultimo punto, vale la pena fare una riflessione che parta dal presupposto che la “Fase 2” della contrattazione rappresenterà un banco di prova fondamentale per la tenuta stessa del Sindacato sui luoghi di lavoro. In un articolo ricco di spunti, la ricercatrice dell’Università di Bari e collaboratrice del progetto Open Corporation Ornella La Tegola ha evidenziato come tra i lasciti dell’esperienza di gestione della fase emergenziale possa esservi una modifica nei modi e nei tempi della negoziazione sindacale. In particolare, la ricercatrice sottolinea il contributo decisivo dei sindacati in questa fase in materia di salute e sicurezza. Implicitamente, l’autrice ci segnala come questo apporto rappresenti un salto di qualità rispetto alla situazione precedente.
Ciò è ad esempio confermato dall’evoluzione a cui abbiamo assistito nel settore bancario e assicurativo: in molte aziende si sono aperti veri e propri tavoli permanenti per gestire la fase, i quali sono stati decisivi nel definire protocolli successivamente adottati dai tavoli negoziali di settore.
Questo salto di qualità delle relazioni sindacali è ciò che servirà per gestire la prossima fase di ristrutturazione digitale che toccherà il comparto dei servizi, ivi compresi i settori bancario e assicurativo. Tutti i dirigenti sindacali intervistati nel corso del progetto di UniEuropa hanno infatti dimostrato una forte consapevolezza del fatto che i processi di ristrutturazione digitale non mantengono facilmente le promesse di aumento della produttività e di facilità d'uso e che anche i manager hanno sempre più difficoltà a navigare e attuare il cambiamento.
E poiché il cambiamento organizzativo potrebbe essere davvero profondo, è necessario attrezzarsi per tempo. Tre sono i punti chiave sul quale sarebbe opportuno riflettere per agire tempestivamente. Innanzitutto, andrebbe compresa la modalità di sviluppo della nuova ondata di ristrutturazione digitale, in particolare individuando quali segmenti della produzione saranno maggiormente colpiti da tale trasformazione.
Ad esempio, alcune banche hanno sperimentato o affinato nel corso del Lockdown piattaforme per la consulenza a distanza. Nello stesso tempo, è aumentato l’interesse verso lo sviluppo delle chatbots, ovvero quei servizi di consulenza guidati dall’intelligenza artificiale.
Andiamo verso un futuro dove si combina un mass market basato su fai-da-te e chatbot affiancato da una consulenza multicanale e personalizzata per il segmento più benestante dei clienti? Ed in caso di risposta affermativa, come si concilia questo tipo di impostazione con il riconoscimento, ribadito in tutti i DPCM degli ultimi due mesi, delle banche ed in particolare della sua rete filiali come servizio pubblico essenziale? Un secondo punto da sottolineare è relativo al sistema di tutele nella consulenza finanziaria e assicurativa digitalizzata.
Banalmente, l’estensione dell’utilizzo di piattaforme di consulenza con il cliente portano ad un incremento del rischio di essere filmati dalla clientela o controllati dall’azienda non soltanto dal punto di vista delle transazioni informatiche ma anche da un punto di vista comunicativo/comportamentale.
Come evitare di finire definitivamente in uno scenario che Shoshana Zuboff ha definito come “Capitalismo della sorveglianza”? Che strategia introdurre per gestire il cambiamento nel rispetto dei diritti dei lavoratori e della privacy?
Come controbattere alla probabile pressione che sarà esercitata sul legislatore con l’obiettivo di deregolamentare l’offerta fuori sede e a distanza di prodotti finanziari e assicurativi? Infine, non è possibile riflettere su temi di tale portata senza ragionare della forma futura del Sindacato.
I “vecchi” partiti– e probabilmente a breve anche qualcuno tra i “presunti nuovi” – sono entrati in una crisi profonda anche a causa della scelta di una forma leggera o liquida dal punto di vista organizzativo. L’organizzazione “pesante” dei Sindacati ha invece permesso sino ad ora alle Organizzazioni Sindacali di non essere travolte dalla furia “nuovista”.
E proprio in questo periodo di emergenza, il corpo intermedio che rappresenta la voce dei lavoratori è riuscito quantomeno ad imporre l’apertura di tavoli di confronto sulla sicurezza dei lavoratori e a frenare, almeno parzialmente, la voglia di riapertura indiscriminata che ha pervaso il mondo imprenditoriale.
È meglio quindi non farsi suggestionare da voli pindarici sul sindacato “da piattaforma informatica”. Tuttavia, anche al nostro interno sarà inevitabile una discussione su strumenti che, al di là dell’emergenza, possano garantire il seguimento di iscritte e iscritti non più legati ad una postazione fisica fissa e, soprattutto, la possibilità di partecipare alla vita della nostra comunità politica anche in modalità a distanza.
Qui Carige
di Sabrina Marricchi
“I bancari non sono mai stati molto amati, le mie stesse passioni sono fuori dal lavoro eppure, da quando è iniziata l’emergenza, ogni mattina ho la sensazione di venire al lavoro per svolgere una funzione sociale”.
Nelle parole di questo collega il riferimento a tutte le attività che hanno reso le banche protagoniste in questa fase: moratorie sui mutui, anticipazione della cassa integrazione, finanziamenti alle imprese.
Le domande rivolte dai cittadini sono pressanti e i colleghi devono farvi capo conciliando la funzione sociale di cui si sentono investiti con la tutela della propria salute, per la quale sono previste aperture a giorni alterni e turnazioni.
Questo comporta, anche in Carige, una mole di lavoro di difficile gestione, tensioni e frequenti problemi, soprattutto dopo che l’azienda ha pubblicizzato la possibilità di avere un finanziamento in un paio di giorni, descrivendo un film che non aderisce minimamente alla realtà.
Carige, banca commissariata fino al 30 gennaio, bilanci in perdita dal 2013, ancora sospesa in borsa, ha risposto alle richieste sindacali predisponendo un numero di permessi retribuiti di tutto rispetto (9), giornate di smart learning (3), permessi per i genitori (5), esonero lavorativo per gli immunodepressi, uno sforzo nello Smart working (che è passato dalle misere 30 posizioni di fine febbraio alle attuali 800), dispositivi di protezione individuale diffusi in modo ormai omogeneo, oltre alle aperture a giorni alterni e servizio alla clientela solo su appuntamento. Eppure questa situazione ha messo in evidenza le arretratezze della banca e l'interrogativo che dobbiamo porci è anche relativo al futuro.
Chiediamo alla banca di mantenere intatte le attuali misure organizzative per le filiali, di dare corso a sempre più frequenti interventi straordinari di pulizia, di continuare la distribuzione di DPI; chiediamo però anche di dare avvio a un negoziato su Smart Working e, come previsto dall'accordo dello scorso novembre, Orari e Genitorialità.
Se è vero infatti che il tema per la ripartenza sarà la gestione della mobilità, noi vogliamo che gli sforzi compiuti fin qui servano per accelerare il processo di modernizzazione della banca e quindi il ricorso allo smart working deve poter essere anche strutturale; crediamo sia giunto il momento per un accordo aziendale che superi il riferimento al decreto che ha permesso alla Banca di saltare il confronto con il Sindacato e, al tempo stesso, che si inserisca nelle previsioni del nuovo CCNL, integrandole e migliorandole. Sul tema della genitorialità occorre immaginare ad esempio integrazioni economiche da parte dell'azienda per la copertura del congedo parentale, orari diversificati, integrazioni tra permessi di riposo giornaliero (ex allattamento).
Ripensare agli orari in tutte le sue accezioni, ma con riferimento specifico alla flessibilità ed elasticità, consentirebbe di ottemperare meglio a tutte le disposizioni di sicurezza, tra cui le distanze minime interpersonali.
L'Azienda non ha ancora chiarito quali siano le sue intenzioni riguardo alla possibilità di utilizzare l'accordo nazionale che consente alle banche di fare ricorso -previo confronto con le organizzazioni sindacali- al fondo ordinario di solidarietà del settore e di fruire dei soldi pubblici messi a disposizione dal cosiddetto Cura Italia per coprire pienamente (e senza alcun tipo di nocumento) la retribuzione dei lavoratori nelle giornate di ‘sospensione dell’attività lavorativa.
Sembra però intanto aver deciso di ripartire con inopportune pressioni commerciali che mostrano come la funzione sociale di cui si sentono protagonisti i colleghi sia in realtà utilizzata dall'Azienda come un'occasione da sfruttare per lavorare sugli impieghi e fare profitto.
Ci domandiamo quindi quali siano le prospettive per questa Banca, se il continuo avvicendarsi di dirigenti potrà garantire il percorso da seguire scrupolosamente verso la salvezza, un percorso che già i commissari descrivevano come strettissimo e che, dopo l'emergenza, appare ancor più pieno di ostacoli.
A febbraio CCB, perno centrale del piano messo a punto dal FITD (attuale azionista di maggioranza), ha dichiarato che non avrebbe esercitato l'opzione prima del 2021 confermando ciò di cui eravamo già tutti convinti, ma ora è di tutta evidenza che lo scenario attuale e le sue possibili evoluzioni non potranno che rendere oltremodo incerto il futuro delle lavoratrici e dei lavoratori del Gruppo.
Inoltre, in estate, sarebbe prevista un'ulteriore tornata di chiusure di filiali (circa una cinquantina) e questo rappresenta un'altra variabile pesante con cui fare i conti. Allo stesso tempo, facciamo fatica a immaginare come l'elemento più qualificante del piano industriale, in termini prospettici e di business, e ragione stessa, supponiamo, dell'interesse da parte della holding trentina, possa essere portato avanti.
Parliamo del progetto della Wealth Management che consiste alla creazione di una struttura specializzata nelle gestione del risparmio privato di specifici segmenti di clientela facendo leva sulla banca private del Gruppo, la Cesare Ponti.
Ma la contingenza in cui ci troviamo sta spostando, come detto sopra, tutti gli sforzi organizzativi e commerciali dalla parte opposta.
Quali conseguenze potrebbe determinare?
Di certo c'è che sembra di vivere una vera e propria storia di fine impero, con diversi signori feudali che si fanno la guerra per l'affermazione del proprio primato. E tutto questo – al di là del sempre più lontano obiettivo del pareggio di bilancio, pure chimera ormai- si riflette quotidianamente sulla pelle dei dipendenti.
Qui Agenzie Assicurative
di Cinzia Melani
C'è una filiera, come altre in questi difficili mesi di emergenza, che non si è mai fermata: quella delle lavoratrici e lavoratori delle agenzie in gestione libera.
Nell'avanzare dei contagi, nel rincorrersi di informative ministeriali, nella mancanza di direttive specifiche, come si sono organizzate le agenzie di assicurazione per continuare il loro indispensabile servizio e tutelare lavoratori/trici ed utenti?
Nella maggior parte di casi ha prevalso il buon senso e quasi immediatamente le agenzie hanno messo a disposizione delle lavoratrici e dei lavoratori protezioni personali quali mascherine, guanti, alcool disinfettanti e paratie in plexiglas, spesso senza attendere disposizioni o equipaggiamenti dalle Compagnie per le quali le agenzie lavorano.
Il passo successivo è stato quello, su indicazione degli agenti, di ridurre l'accesso ai locali delle agenzie sia del personale che della clientela, accompagnato da una massiccia campagna comunicativa via social della FISAC Toscana rivolta alla clientela sulla necessità di chiamare la propria agenzia prima di recarvisi fisicamente.
Parallelamente é stato ridotto l'orario di apertura al pubblico o, nelle agenzie più grandi, prevedendo una turnazione del personale, che comunque ha comportato una diminuzione di ore lavorate.
La riduzione è stata coperta economicamente, in un primo momento, "imponendo" l'utilizzo delle ferie, poi, con il dilagante ricorso agli ammortizzatori sociali. Lo smart working è stata un scelta non molto diffusa a causa dell'impossibilità di accedere da remoto ai sistemi informatici di agenzia.
Da notare che la riduzione delle ore lavorate non ha significato riduzione del carico di lavoro, inducendo i/le dipendenti a ritmi serrati, con inevitabili ritardi nell'evasione delle pratiche e nella gestione delle normali funzioni amministrative.
L'augurio è che il buon senso usato per mettere in sicurezza il personale si mantenga tale anche nella considerazione del lavoro svolto in condizioni di emergenza, e l'impegno dellelavoratrici e lavoratori dell'appalto assicurativo venga valorizzato anche quando l'emergenza sarà, speriamo presto, finita.
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1° Maggio 2020
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Le ordinanze della
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Dopo la pandemia: alcune riflessioni su banche, assicurazioni e nuovi processi di ristrutturazione digitale
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Editoriale
Qui Carige
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Cronaca sindacale al tempo del virus.
Il lavoro della CGIL in Toscana
Qui Agenzie Assicurative
Questo 1° maggio
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La Newsletter della Fisac Cgil Toscana - Numero 37 - Aprile 2020
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Le decisioni della Ue per il sostegno all’economia
Qui Fruendo
di Alessio Atrei
I due mesi appena passati hanno rappresentato per Fruendo un momento di complessità formidabile. Si sono infatti concentrati in poche settimane una serie di eventi irripetibili:
Il cambio di assetto societario, che ci ha visto approdare in modo definitivo all’interno della complessa ‘galassia’ Accenture;
Negli stessi giorni è stata definita la composizione del complesso nodo legale che ci ha accompagnato fin qui per i sei anni di vita aziendale, con il conseguente reintegro in MPS e conseguente distacco di ben 460 colleghi (la maggioranza assoluta dei dipendenti). Il passaggio formale è avvenuto il primo di aprile, anche se la vicenda attende una chiusura definitiva con la sentenza della Cassazione;
L’emergenza Coronavirus, che è stata affrontata portando da zero a più del 75% dei lavoratori in smart working: percorso concluso con successo grazie sia allo sforzo tecnico organizzativo messo in campo - fornendo e configurando a tutti un portatile - sia alla responsabile adattabilità di tutti i lavoratori, compresi quelli meno… ‘tecnologici’.
Un momento eccezionale, quindi, in cui a tutti i ‘picchi’ raggiunti in contemporanea si è aggiunto in modo non certo secondario anche la necessaria ricomposizione della compagine sindacale, dal momento che molti dei colleghi sono rientrati alle dipendenze di MPS.
Adesso siamo prossimi alla ‘fase 2’ su tutte queste curve, ancora una volta tutte insieme: Entrare in Accenture è entrare in un grande mondo ancora per lo più sconosciuto, col quale dobbiamo ciascuno prendere confidenza.
Ciò che non si conosce genera timori, ma anche aspettative, in particolare nei colleghi più giovani, non coinvolti dalla vicenda della cessione di ramo d’azienda: l’offerta formativa, l’approccio ‘positivo’, le potenzialità insite nel far parte di una diversa realtà, la stessa riorganizzazione prossima ventura, suscitano in loro per primi soprattutto la speranza di vedere un investimento importante nella valorizzazione delle professionalità: questa speranza non deve essere assolutamente delusa, ma anzi deve essere il capitale principale su cui investire per chi vuole cambiare il clima.
Il primo modo per farlo sarà l’imminente apertura delle trattative per il nuovo CIA. La vicenda legale vedrà da un lato il concludersi formale del contenzioso anche con l’estensione di importanti garanzie ai lavoratori rimasti ‘ceduti’ in Fruendo, sanando auspicabilmente quel ‘peccato originale’ che ha finora frustrato la vita aziendale, proprio nel modo -vogliamo sottolinearlo ancora- indicato da sempre dalla Fisac Cgil, Mps prima e Fruendo poi.
Alla vera ‘fase 2’, quella legata all’emergenza che purtroppo tutti conosciamo, ci arriveremo forti del passaggio allo smart working, strumento che adesso conosciamo dall’interno, nei suoi vantaggi e nei suoi limiti: occasione formidabile per completarne al meglio una normativa che lo renda una risorsa preziosa anche per il lavoro che verrà, soprattutto per noi che per natura svolgiamo lavorazioni a servizio delle banche ma non a contatto diretto col pubblico.
E poi c’è il sindacato. Trovarsi ad affrontare tutto questo, in formazione ‘rimaneggiata’, e da remoto è stato ed è uno sforzo davvero straordinario.
Il compito che sentiamo come più pressante ed urgente è riuscire a rendere tangibile una vicinanza e una continuità di rappresentanza a tutti i colleghi, soprattutto ai più giovani e a quelli nei poli in cui la Fisac ha in corso un avvicendamento fatalmente rallentato dall’impossibilità di fare assemblee e incontri.
Un ringraziamento davvero sentito e non formale va ai nostri ex RSA e segretari di coordinamento che ci hanno rappresentato fino a qui e che continuano insieme a tutti i colleghi distaccati a vivere e lavorare insieme a noi in questa nuova Fruendo.
Questo 1° Maggio
di Dalida Angelini
Poche settimane e pare passata una vita. Come donne e uomini di questo Paese, di questa Terra, ci siamo trovati ad affrontare un nemico invisibile che ci ha sconvolto nella nostra intimità più profonda, che ha messo a nudo le nostre paure, un inedito anche come uomini e donne della CGIL.
Ci siamo attrezzati, nei territori, nelle categorie, nei nostri servizi.
Abbiamo da subito, facendo quello che è il cuore del nostro mestiere, rappresentare e trovare risposte ai bisogni delle persone, messo in campo un'intensa attività di relazione, confronto, contrattazione.
Siamo una regione che negli anni ha conservato, pur subendo i contraccolpi della stagione della disintermediazione, una certa continuità negoziale ad ogni livello.
Uno straordinario patrimonio di relazioni istituzionali e di radicamento sul territorio, che proprio nell'emergenza, pur nella straordinarietà e talvolta estemporaneità dei percorsi, ha dato vita ad una intensa attività, rivitalizzando spazi contrattuali veri e con la riconosciuta autorevolezza che il sindacato confederale da sempre esprime.
E' stato così fin da subito con la Regione. Il 24 febbraio la nostra prima richiesta è stata la separazione dei percorsi nelle strutture ospedaliere.
Quelle tende della protezione civile issate il giorno successivo davanti ad ogni presidio sanitario per garantire il pre-triage, sono state il frutto di nostre proposte. Più tempo c'è voluto per arrivare a ridefinire i percorsi nelle RSA ma la determinazione non è mancata perché sapevamo di avere ragione: quei modelli organizzativi e gestionali non potevano garantire sicurezza agli ospiti ed ai lavoratori.
Oggi oltre 40 strutture in regione sono state riprese in gestione dal pubblico per affrontare l'emergenza e forse possiamo dirci che, se abbiamo evitato i disastri che in altre regioni si sono verificati, è anche grazie alla nostra azione.
Abbiamo chiesto e celermente ottenuto lo stop all'indegno ed inaccettabile mercato dei test diagnostici per privilegiare invece una reale presa in carico da parte del Sistema Sanitario Regionale di una indagine epidemiologica che, oltre ad avere una funzione di rassicurazione sociale, può contribuire alla ricerca.
Ed insieme abbiamo definito volontarietà, priorità, percorsi, a partire proprio dagli operatori sanitari, RSA comprese.
L'assistenza alle solitudini, primi tra tutti gli anziani e le persone più fragili, è stata fin da subito un obiettivo su cui la Regione ha accolto le nostre proposte di servizi a domicilio, con il coinvolgimento dei comuni e del mondo del volontariato.
E poi il cuore della nostra azione di rappresentanza: il lavoro, da coniugare con salute e sicurezza, perché il "lavoro degli altri", come è stato definito, di chi si è esposto ai rischi per garantire i servizi essenziali, non poteva certo essere lasciato solo.
Abbiamo provato a tradurre i protocolli sottoscritti a livello nazionale in norme regionali cogenti, ad integrarli con disposizioni di supporto laddove necessario.
Nascono così le linee guida sul Trasporto Pubblico Locale, quelle sulla logistica ed il trasporto merci, le disposizioni a tutela dei riders, per i negozi e le attività dei servizi essenziali, in ultimo per i cantieri temporanei o mobili, sia pubblici che privati.
E poi l'accordo sulla cassa integrazione in deroga e quello sull'anticipo degli ammortizzatori da parte del sistema bancario regionale, per il quale la FISAC ha dato un importante contributo.
Ed in ultimo, in ordine di tempo, alla data in cui scrivo, l'accordo sugli incentivi al personale impegnato per fronteggiare il Covid-19, includendovi anche i lavoratori del sistema degli appalti sanitari e socio-sanitari, a cui è seguita l'approvazione dell'accordo che istituisce la figura del RLS sito ospedaliero.
Provvedimenti, accordi, che dietro hanno avuto il lavoro di tanti di noi, insieme, categorie e confederazione, insieme e disgiunti, gli uni per gli altri, per includere, talvolta per contestare perché non sempre siamo stati e siamo tutt’ora d’accordo, un lavoro che non sarebbe stato possibile se non fossimo una Confederazione. Una bella prova, una bella lezione di cui spero faremo tesoro.
E' ormai il tempo di provare a superare la sterile discussione sui conflitti di attribuzione, di competenze, sulle sovranità contrattuali da cedere o meno per ragionare piuttosto di titolarità che si integrano.
Non si tratta di cedere sovranità a qualcuno ma di esercitare insieme la contrattazione, ognuno negli spazi che i CCNL, gli accordi, i protocolli, le leggi sulla concertazione, sulla partecipazione ci offrono e di farlo in maniera coordinata avendo la capacità di affidarsi anche alle categorie, in un pieno recupero di confederalità che significhi pure questo: una maggiore fiducia tra noi, per l'orgoglio di ciò che rappresentiamo, per il rispetto di chi ogni anno ci rinnova fiducia.
Abbiamo tante sfide davanti: superare l'emergenza, affrontare in assoluta sicurezza la fase due, con i nuovi ed inaspettati bisogni che emergeranno, rilanciare il Patto regionale per lo sviluppo, rimettere al centro dell'agenda politica l'idea che il welfare è uno strumento di civiltà che va sottratto alla logica di mercato, che i servizi pubblici rappresentano il più grande investimento su cui puntare, con uno sguardo nuovo ai dimenticati di questa emergenza, i nostri bambini, i giovani, gli uomini e le donne di domani che meritano una assunzione di nuova responsabilità.
Potremo affrontarle solo rafforzando la capacità di coniugare il pragmatismo dimostrato in queste settimane con una visione strategica ed una tensione ideale che non può che passare direttamente dalla capacità di integrare le conoscenze, le competenze, le elaborazioni del nostro complesso sistema di rappresentanza.