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Al voto! Al voto!
di Daniele Quiriconi
Nelle prossime settimane il voto per le amministrative in 7 regioni, compresa la Toscana, costituirà un tornante importante di questi anni. Il fragile equilibrio di governo che ha gestito bene e meglio degli altri paesi l’emergenza Covid, può uscire terremotato o consolidato dal voto.
Se la destra che anche nella nostra regione propone una sloganistica e parole d’ordine non importa se sommarie e spesso in contrasto con quanto affermato solo qualche mese fa, dovesse prevalere (e non è escluso) verrebbe certo messo in discussione un modello sociale che per quanto criticabile, ha mostrato la sua superiorità (pensiamo alla sanità durante l’emergenza) sul modello privatistico di regioni come la Lombardia. Il rispetto - pur nell’autonomia di ruoli e funzioni - delle rappresentanze sociali, sono state la costante di questi anni di confronto con le amministrazioni della nostra regione, così come la vicinanza sulle più importanti vertenze aziendali. Il che non ha fatto mancare momenti di confronto anche aspro quando le opinioni non convergevano, sempre con lo spirito di individuare soluzioni utili.
Ricordiamo nel 2016, per quel che riguarda il settore bancario, l’istituzione della commissione bilaterale sulla crisi del sistema che vedeva la Toscana come uno degli epicentri della riorganizzazione dei gruppi, che ha dato luogo a numerosi e utili momenti di confronto.
L’alterità verso il mondo del lavoro mostrata dai rappresentanti della destra nei loro anni di governo nazionale ce le ricordiamo invece altrettanto bene. La partecipazione al voto quindi, in primo luogo, è un elemento di rafforzamento della democrazia che va praticato in tempi incerti.
Soprattutto in tempi nei quali tutto il mainstream mediatico e buona parte del sistema politico fa il tifo per soluzioni scarsamente praticabili di unità nazionale, governi guidati dal salvatore della patria di turno che anche affermando banalità del tipo “guardare al futuro e ai giovani” riceve investiture da editorialisti di tutti i segni.
Penso invece ci sia bisogno di governi politici, di scelte nette, di protezione, redistribuzione, politiche industriali in cui lo stato sia garante di un rilancio portatore di una “visione”. Un “Monti” lo abbiamo già provato e sia pure in una emergenza imparagonabile alle altre, meglio risparmiarsene un altro.
Ma a volte, la forza dei fatti finisce per imporre soluzioni che sembrano ostili alla maggioranza del parlamento e del paese. Per questo è importante la partecipazione democratica degli italiani e dei lavoratori alle scelte anche votando.
Si voterà anche per il referendum sul taglio dei parlamentari. Personalmente penso che la campagna che dal 2008 è in atto trasversalmente sui costi della politica, sin dalla Costituente patrimonio della destra come denunciava Umberto Terracini, Presidente della stessa, in un memorabile discorso del 1947, abbia prodotto risultati sconfortanti.
Abolite le province per i gettoni e le indennità dei consiglieri si è conseguito l’abbandono spesso , in virtù della mancanza di risorse, di strade viadotti e scuole; la demagogia sui tagli alla P.A. ha prodotto il depauperamento di competenze tecniche negli uffici di cui si avverte la drammatica mancanza quando non si riescono a spendere nemmeno le risorse disponibili per progetti grandi e piccoli; il recovery fund sarà una cartina di tornasole di questa capacità ma già fin da adesso si esprimono dubbi al riguardo per le ragioni soprarichiamate..
Senza iscriversi ai difensori dello status quo, non si può non leggere la scelta del taglio dei parlamentari che è vero anche il PCI sosteneva dagli anni 80, in un quadro di riforme e contrappesi costituzionali complesse, nel quadro di una idea rozza e più che visionaria a-democratica.
Sono “indimenticabili” le affermazioni di qualche tempo fa del teorico di un movimento, che ipotizzava l’inutilità del parlamento in un prossimo futuro, sostituito dalla democrazia diretta della rete.
In un mondo sempre più governato da autocrati insofferenti al controllo da parte di terzi, anziché discutere delle modalità di selezione delle classi dirigenti del nostro paese, spesso individuate casualmente, si continua a proporre il messaggio semplificato della destra che fu. Non sfuggono le implicazioni politiche connesse al quadro di Governo tuttavia credo sia doveroso ragionarci sopra.
La CGIL non ha dato indicazioni di voto come in altre occasioni referendarie. Personalmente al referendum voterò NO.
FisacSostiene
Bad bank europea, un’ipotesi non più sacrilega (finalmente!)
di Paolo Cecchi
Come riportato recentemente dal quotidiano “il sole 24 ore”, il prossimo 25 settembre la Commissione europea (in particolare la Direzione della stabilità finanziaria e dei mercati dei capitali) ha organizzato una tavola rotonda con vari player nazionali per parlare, tra l’altro, della costituzione di un bad bank europea, nella forma di un network continentale, per la gestione degli Npl.
Peraltro, già da alcuni mesi, specie su input della Bce, nei corridoi degli organismi Ue si discute di un progetto del genere. La motivazione sottostante a tale iniziativa è data dalla presumibile crescita, nel prossimo futuro, dei crediti deteriorati dovuta alla crisi economica innescata dalla pandemia da Covid 19.
Visto l’esperienza della recessione degli anni 2008/2016, le autorità nazionali e continentali vorrebbero evitare nuovi dissesti dei bilanci bancari o, quantomeno, ulteriori impedimenti all’erogazione del credito alle imprese ed ai cittadini. Tra l’altro è bene sottolineare che, secondo alcuni osservatori (Reuters, Oliver Wyman ecc.), si prevede che l’attuale crisi produrrà crediti deteriorati in Europa nell’ordine di 4/500 mld di Euro che potranno raddoppiarsi in caso di una seconda ondata della pandemia.
Il “caso Italia” tra l’altro potrebbe subire un colpo particolarmente duro visto, ad esempio, che la moratoria sul credito bancario, deliberato alcuni mesi orsono dal Governo, ha fatto segnare a luglio già 260 mld di crediti “congelati” (4 volte più della Spagna, altro paese fortemente interessato dal Covid), di cui circa 170 riguardanti le Pmi. Tale “congelamento” durerà fino a gennaio 2021, successivamente si rischia una seria deflagrazione con annessa esplosione di npl.
Seppur le banche del vecchio continente da inizio pandemia hanno già prudenzialmente accantonato in bilancio circa 60 mld di euro per far fronte al futuro presumibile peggioramento della capacità di rimborso dei creditori, è evidente che, in relazione agli scenari sopra delineati, la creazione di una bad bank europea, che provveda ad acquistare gli Npl a valore di mercato o quanto meno ad un prezzo vicino al valore di libro, permetterebbe di ridurre al minimo le perdite per il settore bancario.
Peraltro, c’è altresì da sottolineare che un’iniziativa del genere si scontra con la normativa esistente ed in particolare con la Direttiva Brrd che fa del Bail in il suo fondamento, cioè il principio secondo il quale – per evitare il cosiddetto azzardo morale - eventuali aiuti pubblici alle banche sono possibili solo successivamente alla contabilizzazione di perdite in capo agli azionisti, obbligazionisti e parte dei correntisti.
In proposito, a giudizio di chi scrive, lo scenario della pandemia suggerisce, finalmente, una decisa riforma della normativa europea sui salvataggi bancarii visto gli scarsi risultati raggiunti e tenuto conto di un contesto economico attuale minato non tanto dalla scelta degli operatori quanto piuttosto da fattori esterni (il Covid, appunto).
FisacSostiene
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L’autunno che verrà
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L’Autunno che verrà
Tra pandemia, nuova organizzazione sociale e contrattazione
di Daniele Quiriconi
Sarà duro il prossimo autunno. In un mondo sconvolto dal persistere della pandemia di Covid 19, in attesa di un vaccino globale e con una recessione post bellica in atto, le incertezze sul futuro segnano gli orientamenti degli italiani e dei lavoratori.
Un dato reso evidente dall’esplosione dei risparmi sui propri conti bancari, da parte dei cittadini toscani, che sono cresciuti di 3 miliardi di euro oltre i 94 miliardi tra marzo e Giugno cioè nei mesi del lock down e di ben 5 miliardi tra Gennaio e Giugno.
La preoccupazione per il proprio lavoro con un PIL in caduta del 12,8% nel secondo semestre 2020, anche se l’Italia fa meglio di molti altri paesi europei , evidentemente costituiscono un freno ai consumi invitando le famiglie alla prudenza.
Alla vigilia della ripresa della scuola con tutte le incognite connesse, relative ai trasporti, alle aule, alle gestioni familiari, viene da domandarsi se il paese sta affrontando o meno una discussione vera sui problemi reali.
Temiamo di no; flessibilità, riduzione di orario, lavoro da remoto, universalità degli ammortizzatori, ruolo dello stato nelle politiche industriali, non sono affrontati con la dovuta forza ma punto per punto senza un coerente disegno complessivo per la diversa visione tra le forze politiche e sotto la spinta di una destra e un’imprenditoria reazionaria e gretta.
Come definire diversamente il manifesto di Confindustria di una settimana fa, che invocando contratti rivoluzionari ripropone il superamento del rapporto salario - orario ancorandolo il reddito a meri criteri di risultato, rispolverando una sorta di cottimo da cui non sarà esente in termini di sfida da parte delle controparti nemmeno il sistema bancario - assicurativo?
Tesi riproposte in queste settimane da studi che prendendo a pretesto la rivoluzione dello smart working (vedi una recente pubblicazione della Fondazione Adapt) propongono in riferimento alla retribuzione la misurazione esclusiva dei risultati rispetto agli “adempimenti”.
Discussione teorica da pura accademia o confronto da svolgere in una “bolla” universitaria, per non dire demagogica se solo si avesse a mente l’universo del sistema produttivo reale del paese e non ciò che ci si immagina che sia.
Confindustria ed altre associazioni poi, hanno aperto una crociata sulla libertà di licenziamento come misura per liberare la piena potenzialità delle aziende.
Come se avere un milione o 2 di persone licenziate costituisse un’avanzamento del paese in sé e non portasse invece tensioni sociali oltre a drammi individuali, che naturalmente il cinismo asettico di accademici e ottusi dirigenti di associazioni non è in grado di contemplare ma un paese serio ha il dovere di riconoscere.
Il sindacato, la CGIL in particolare, in tutte le sue articolazioni categoriali, non starà a guardare.
Intesa San Paolo o Bper? Questo è il dilemma (per i dipendenti del Gruppo Ubi in Toscana)
di Maria Agueci
Per i dipendenti del Gruppo Ubi il 2020 è un anno particolare, al netto delle difficoltà, soprattutto lavorative, legate alla pandemia da Covid-19 tutt’ora non sconfitta. Il 17 febbraio, a poche ore dalla presentazione a stampa e mercati del nuovo piano industriale di Ubi da parte del CEO Victor Massiah, abbiamo ricevuto la notizia dell’offerta pubblica si scambio e acquisto da parte di Intesa su Ubi.
Per i lavoratori di Ubi un fulmine a ciel sereno, ma per i dipendenti in Toscana (circa un migliaio) qualcosa dal sapore un po’ diverso. Da meno di 3 anni erano stati resuscitati dalle macerie di Banca Etruria, ed ecco aprirsi un nuovo scenario fatto di grandi timori ed incertezze.
In questi quasi 3 anni hanno lavorato duramente per integrarsi nella nuova realtà lavorativa, si sono rimessi in gioco e affrontato molte difficoltà, riuscendo a continuare a svolgere al meglio la propria funzione nei territori.
Attraverso lunghe, e a tratti molto dure, trattative aziendali, la delegazione Fisac è riuscita unitariamente alle altre organizzazioni, a raggiungere per tutti l’armonizzazione della contrattazione di secondo livello.
L’operazione promossa da Intesa, premiata dai mercati, viaggia su un duplice binario, perché oltre all’acquisizione del capitale azionario di Ubi, ne prevede la cessione di oltre 500 filiali a Bper, sotto l’egida dell’Antistrust.
Ma le due banche che si divideranno la torta mostreranno attenzione per gli ex dipendenti Ubi?
Verranno salvaguardate e valorizzate le professionalità? Si dovrà fronteggiare una mobilità territoriale arbitraria e insostenibile? Si avrà attenzione per le esigenze familiari?
Si dovrà lottare per scongiurare progetti di esternalizzazione? La contrattazione di secondo livello dovrà essere “conquistata” dai sindacati un centimetro alla volta? Arezzo, infine, suscita maggiori preoccupazioni rispetto alle altre province toscane.
In questa realtà sono presenti bel oltre la metà dei lavoratori di Ubi di tutta la Toscana, con circa 350 dipendenti (tra Ubi e la controllata Ubiss) concentrati solo nel Polo di Arezzo (ex Centro Direzionale di Banca Etruria). Sappiamo inoltre che delle 35 filiali di Ubi sparse nella provincia, una buona parte verrà probabilmente ceduta a Bper.
Quali misure prevedrà il nuovo piano industriale dell’azienda che deterrà la proprietà degli uni e degli altri? Con quali prospettive e ricadute per i lavoratori coinvolti?
I banchieri inviano messaggi tranquillizzanti, come buoni padri di famiglia, forti di semestrali soddisfacenti malgrado la pandemia e l’economia nazionale in grande difficoltà. I dipendenti di Ubi, invece, grazie ai quali tali risultati sono stati ottenuti, attendono con timore di sciogliere il dilemma e conoscere il proprio futuro datore di lavoro, ma soprattutto cosa prospetterà loro.
I rappresentanti Fisac Cgil nelle 3 banche coinvolte sono pronti a battersi duramente per scongiurare il rischio che il prezzo più salato dell’operazione venga pagato dai dipendenti, sempre e soprattutto ad esclusivo vantaggio di azionisti e capitale, sul canovaccio di manovre bancarie e finanziarie sempre più a corto raggio.
Buon lavoro segretario
Nino Baseotto è il nuovo segretario generale della FISAC CGIL Nazionale. E’ stato eletto dall’Assemblea generale dell’organizzazione che si è riunita a Roma il 13 e 14 Luglio alla presenza di Maurizio Landini, con oltre l’87% di voti favorevoli. Baseotto fino alla sua elezione ricopriva l’incarico di responsabile di organizzazione per la segreteria nazionale della CGIL: gli auguri da parte di tutta la Fisac Toscana a Nino, per il suo incarico e per l’autunno complesso che aspetta tutti noi..
Monte dei Paschi, non solo esuberi
di Federico Di Marcello
Nell'ambito del Piano di ristrutturazione 2017-2021, lo scorso 6 agosto in Banca MPS è stato raggiunto un accordo per l'attivazione del Fondo di sostegno al reddito per 500 Lavoratori.
L'intesa, oltre a prevedere la completa volontarietà delle adesioni, contiene numerose condizioni che consentono ai colleghi di effettuare una scelta con estrema sicurezza e tranquillità. Le condizioni infatti prevedono. Uscita al 1° novembre 2020.
Mantenimento per tutto il periodo di permanenza nel Fondo, delle coperture assistenziali, delle agevolazioni creditizie, delle condizioni e dei servizi vigenti per il personale in servizio.
Assunzione del coniuge o figlio in caso di decesso durante il periodo di permanenza nel Fondo.
Possibilità di mantenimento della posizione esistente nei Fondi previdenziali aziendali.
Possibilità di continuare a beneficiare dei servizi previsti dalla Cassa Mutua. Il vero valore aggiunto dell’accordo è senza ombra di dubbio la conquista di 250 assunzioni, in linea con gli altri istituti bancari.
Un ingresso ogni due uscite tramite il Fondo. Una richiesta forte e consapevole che porterà le prime assunzioni, che riguarderanno in maniera preponderante la Rete filiali, già dal prossimo gennaio. Un risultato coerente con gli obiettivi del Piano 2017-2021 riguardanti il dimensionamento del personale del Gruppo e con la necessità di riduzione dei costi del personale. Un chiaro segnale di vicinanza ai Lavoratori di Banca MPS, ma anche un chiaro segnale rivolto all’esterno.
Banca MPS è viva, investe sul futuro, sui giovani e sul lavoro; una banca che con le sue persone ha ancora molto da dare al Paese.
Un accordo raggiunto con le evidenti difficoltà dettate dalla delicata fase che Banca MPS sta vivendo, e che mette ancor più in evidenza la necessità di una completa revisione del Piano di Ristrutturazione che non risulta più attuale né rispondente alle necessità dell’economia reale del Paese, in maniera particolare a seguito dell'emergenza economica causata dal Covid.
È indispensabile quindi che da subito si pongano le basi per la stesura di un nuovo piano che a seguito della probabile cessione di crediti deteriorati ad AMCO - la società veicolo partecipata al 100% dallo Stato -, punti allo sviluppo della Banca e che non contenga esclusivamente limitazioni ed imposizioni di raggiungimento di risultati reddituali che non hanno più ragione di esistere.
Banca MPS ed i suoi Lavoratori hanno bisogno di chiarezza da parte dei vertici e dell'azionista di maggioranza.
La Fisac MPS è convinta che in questo momento storico la permanenza dello Stato nel capitale azionario della banca non debba essere un tabù, e che MPS possa svolgere un ruolo di primaria importanza per il sostegno di famiglie ed imprese e per il rilancio dell'economia italiana.
Il settore assicurativo alla ripresa
di Tania Cità
Il settore assicurativo, pur risentendo della grave crisi economica innescata dal lockdown, che ha visto una netta flessione sulla nuova produzione, ha comunque tenuto nei fondamentali tecnici e finanziari. Anzi, in alcuni segmenti di business ne ha beneficiato, in particolare sulla R.C. auto, con un calo di sinistri del 50% per la minor circolazione di auto.
In questo quadro macroeconomico e sociale comunque complesso si andrà ad aprire la stagione dei rinnovi dei contratti di primo livello: il CCNL ANIA, IL CCNL delle agenzie in gestione libera (ANAPA), IL CCNL ALLEANZA, e il CCNL ANAGINA. Sono invece già da tempo in corso le trattative del CCNL ASSICOOP, nonchè di due importanti CIA, quello del GRUPPO GENERALI e quello del GRUPPO UNIPOL.
Il tema sicuramente da attenzionare in questa stagione di rinnovi sarà lo smart working, in quanto la fase critica legata al covid ha dato un'accelerata all'uso massiccio di questo strumento (98% degli addetti) e ciò avrà sicuramente riflessi strutturali nella futura organizzazione del lavoro; così come il governo dei cambiamenti che si stanno profilando in termini di innovazione tecnologica, già da tempo in atto.
Il CCNL ANIA, politicamente il più rilevante, dovrà rafforzare la sua inclusività e la sua funzione di contratto di riferimento per l'intera filiera assicurativa, già innescata strategicamente con l'ultimo rinnovo del 2017.
I fari sono puntati sul settore bancario e assicurativo anche per le importanti operazioni societarie in corso, vedi INTESA-BPER-UNIPOL, GENERALI-CATTOLICA, e la crescita di Del Vecchio (LUXOTTICA) in MEDIOBANCA, principale azionista di Generali. Queste operazioni, destinate a incidere sui futuri assetti industriali/finanziari del mercato, saranno monitorati dal Sindacato con la massima attenzione.
Una Web App per avere la fisac sempre in tasca
di Nicola Barbini
Se è vero che il denaro non dorme mai, ugualmente si può dire che la tecnologia non si ferma mai. In particolar modo il mondo legato ad internet.
Nelle ultime settimane è in corso una vera e propria guerra tra i produttori di app per telefoni e le grandi multinazionali che detengono il controllo dei principali Store a causa delle eccessive commissioni richieste sul prezzo di vendita.
Vedremo se e cosa cambierà nei prossimi mesi. Attualmente esistono due tipi di applicazioni:
Applicazioni “tradizionali" che possono essere scaricate da uno Store e che possono avere un elevato livello di integrazione con il telefono e le sue funzioni (fotocamera, gps...)
WebApp che sono raggiungibili tramite un link come un normale sito, ma che a differenza di quest’ultimo hanno una gafica e delle funzioni ottimizzate per i cellulari. Non hanno accesso alla maggior parte delle funzioni del telefono.
La Fisac Cgil Toscana ha deciso di creare una WebApp con lo scopo di facilitare l’accesso a tutte le nostre fonti di informazione, i Social media, Inca, Caaf e altre informazioni utili per le lavoratrici e lavoratori.
L’applicazione è raggiungibile tramite questo link:
www.fisac-cgil.it/apptoscana
Una volta aperta l’app può essere salvata sullo schermo del proprio telefono andando nella funzione di condivisione del telefono e cercando l’opzione di “aggiungi a home / schermo”.
Vi terremo informati sugli aggiornamenti che saranno pubblicati.