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Socializziamo i guadagni
di Paolo Cecchi
Uno dei dibattiti più accesi di questo periodo riguarda il tema dell’uso delle risorse pubbliche per aiutare le aziende in difficoltà, a causa della crisi pandemica, al fine di far ripartire l’economia.
L’esperienza della precedente depressione economica, iniziata nel 2008 negli Stati Uniti, dimostra che gli ingenti capitali pubblici utilizzati per salvare molte imprese, compreso le banche, non hanno prodotto alcun cambiamento significativo nella struttura del reddito nazionale, incrementando in alcuni contesti la disuguaglianza tra i cittadini.
Perché questo è successo e, al momento, continua a succedere? Tranne eccezioni, quando lo stato ristruttura una grande impresa privata non pone alcuna condizionalità.
Lo stesso vale per le ingenti risorse pubbliche fornite alla ricerca, di qualsiasi tipo e in qualsiasi settore. In proposito, si ricorda – ad esempio - gli importanti finanziamenti dell’Amministrazione Obama a favore delle aziende del “green” che hanno contribuito a far crescere colossi come Tesla, senza aver alcun tipo di ritorno per le casse statali.
Nel 2019 i paesi occidentali hanno versato all’industria farmaceutica circa 40 mld di Dollari; allo stesso modo, il sostegno finanziario pubblico allo sviluppo dei vaccini anti Covid è stato significativo.
Nonostante l’impegno statale, i farmaci in genere - e il siero contro la pandemia in particolare - continuano ad esser commercializzati a prezzi non certo politici producendo extra profitti notevoli.
A giudizio di chi scrive, se davvero vogliamo ripartire “in modo nuovo” finita la pandemia, occorre impostare diversamente le politiche di sostegno all’economia.
E’ fondamentale che lo stato agisca anche come investitore di prima istanza, in grado di indirizzare lo sviluppo delle imprese nei modi e nei settori considerati pubblicamente strategici.
Allo stesso tempo, il salvataggio delle aziende depresse dalla crisi pandemica deve avvenire imponendo precise condizioni: il Governo danese, ad esempio, si è rifiutato di salvare le imprese che hanno sede nei paradisi fiscali; in Francia i fondi erogati al trasporto aereo sono stati subordinati a precisi limiti nelle emissioni di gas nell’atmosfera.
Anche nel settore bancario, le facilitazioni pubbliche debbono prevedere condizioni; si fa riferimento alla necessità di non chiudere gli sportelli presenti in aree marginali o di non ridurre ulteriormente il personale. Infine, in certe situazioni, lo stato dovrà rimanere nel capitale di un’azienda risanata finché la stessa non produrrà utili in grado quantomeno di ripagare l’investimento pubblico.
Trattasi di alcune proposte che hanno lo scopo di cambiare il paradigma economico in auge fino ad oggi e che ha prodotto disastri e disuguaglianze crescenti.
Un modo diverso di concepire l’intervento pubblico produrrebbe, davvero, una remunerazione per i cittadini, socializzando sia i rischi sia i benefici.
Post scriptum: a corollario di quanto precede, si auspica che le forze progressiste si facciano portatrici di una grande battaglia, in Europa e nel paese, per eliminare il brevetto sui vaccini anti covid.
Questa misura consentirebbe la produzione e commercializzazione del siero su larga scala e la vaccinazione della popolazione mondiale in tempi brevi e a costi contenuti.
Continuare con gli extra profitti per “Big Pharma”, anche a spese delle casse statali, non soltanto è un atto di ingiustizia sociale ma alimenta ulteriori rischi per l’attuale emergenza sanitaria in quanto consente al Covid di aver tempo per potersi replicare in ulteriori varianti così da rendere potenzialmente inefficaci i farmaci utilizzati.
Indice
Nuovo impulso nel settore delle agenzie assicurative in gestione libera
di Tania Cità
Torniamo al tema del cosiddetto "appalto assicurativo ", già oggetto nel passato di un nostro convegno dal titolo "Figli di un Dio minore?".
Questo settore è infatti un coacervo di varie problematiche, per la "fragilità " delle lavoratrici e lavoratori, quasi sempre senza la tutela dell'art. 18 per l'esiguo numero di dipendenti, per il conseguente clima, talvolta, di totale soggezione all'agente, (il sindacato spesso deve incontrare le lavoratrici e lavoratori fuori dai locali aziendali per non metterli in difficoltà) e per la piaga della pirateria contrattuale, che vede la coesistenza di due contratti nazionali di cui uno peggiorativo (CCNL SNA) non sottoscritto con noi e che "spacca " i lavoratori in termini di salario e tutele.
In questo contesto è di grande rilevanza l'Accordo Quadro Nazionale per l'istituzione dei Comitati Territoriali per il contrasto e il contenimento della diffusione virus Covid 19, sottoscritto dalle organizzazioni sindacali più rappresentative, l'associazione datoriale Anapa e E.N.B.Ass, garantendo, per la prima volta da anni, una seria ed effettiva tutela della salute e sicurezza alle lavoratrici e ai lavoratori dell'intero comparto anche se sottoposti alla disciplina del CCNL SNA.
La corretta applicazione del Protocollo Covid verrà infatti vigilata da E.N.B.Ass, dall'O.P.N e dagli RLST, che potranno attivare gli Ispettorati INAIL per quanto di loto competenza.
La FISAC TOSCANA ha avviato una campagna social per ridare visibilità a questo settore e raggiungere il più possibile le lavoratrici e lavoratori delle agenzie in gestione libera, dando una mano in termini di tutela e sostegno e avvicinarli alla nostra Organizzazione sindacale, che da anni conduce una battaglia contro la pirateria contrattuale e contro le disuguaglianze.
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La Newsletter della Fisac Cgil Toscana - Numero 43 - marzo 2021
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Settore assicurativo: il lavoro agile del futuro
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Nuovo impulso nel settore delle agenzie assicurative
in gestione libera
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Unicredit, un accordo di valore
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MPS, ancora in mezzo al guado
La Newsletter della Fisac Cgil Toscana - Numero 43 - marzo 2021
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Todo cambia?
di Daniele Quirconi
Forse… ma non è detto…
Ad un anno dallo scoppio della fase più drammatica della pandemia di Covid 19 tutto il paese mostra di essere stanco.
Lo si vede dai comportamenti quotidiani a volte davvero poco responsabili, dalle spinte alla riapertura delle attività da parte di intere categorie, dai proclami di amministratori che esultano ( a ospedali pieni) per un'altra settimana in “giallo” o “arancione”.
A qualche Presidente di Regione che qualche giorno fa ha paventato una “ situazione fuori controllo” andrebbe ricordato che solo 3-4 giorni prima, in uno sviluppo di amorosi sensi, aveva plaudito alla richiesta del capo della Lega per la riapertura dei ristoranti nella fascia serale.
Per non parlare della vergogna delle categorie che premono e in qualche caso ottengono priorità nella campagna vaccinale, che corre il rischio di diventare selezione per casta, come più di un autorevole commentatore ha sottolineato nei giorni passati.
E che il nuovo Governo dovrebbe superare, complice l’arrivo di nuovi vaccini in gran quantità ripristinando criteri verificabili in base ad anzianità e patologie.
Già… il nuovo Governo.
Gli italiani sono divisi nella valutazione e anche nel mondo del lavoro non mancano perplessità. Certo la Costituzione è chiara, se un Governo non ha più la maggioranza parlamentare, o si vota o si cerca un’altra maggioranza. Per di più in piena emergenza sanitaria è difficile creare vuoti di potere o immaginare una campagna elettorale.
Non siamo nella situazione di settembre per gravità dei contagi e per dimensioni ( con tutto il rispetto) non siamo paesi come il Portogallo che hanno chiamato al voto per le presidenziali meno di 10.000.000 di elettori con un ‘affluenza reale del 39% e neanche Israele.
Quindi Draghi, quindi un Governo di sostanziale unità nazionale, quindi il cambio di passo. Forse… Non c’è dubbio alcuno sul prestigio nazionale ed internazionale del nuovo Presidente del Consiglio.
Oggi si tendono ad evidenziare il ruolo nella difesa dell’Euro, il famoso “wathever it takes”, la capacità di parlare alla pari coi leader mondiali, non errori e inclinazioni di cui parla la sua storia personale. Comprensibile.
Le affermazioni degli anni scorsi sulla “fine dell’Europa sociale”, il ruolo del mercato “uber alles” la rigidità nella vicenda greca nel 2015, la vicenda Antonveneta del 2009 sono rimossi dal dibattito .
Tuttavia è evidente il profilo dei Ministri tecnocrati e di alcuni dei consiglieri. A partire da Giavazzi fino ad alcuni consulenti di centri studi di chiaro stampo liberista recentemente ingaggiati. Non escluso una serie di banche d’affari e consulenti privati ( non solo Mckinsey).
Come possa convivere la visione della professoressa Chiara Saraceno consulente del Ministro del Lavoro Orlando, con il think tank dei ministeri economici è un mistero.
Così come è un mistero come possa conciliarsi nelle scelte di natura strategica; ruolo dello stato in economia, welfare, sanità, lavoro, un perimetro di maggioranza che va da LEU alla Lega.
E non pare, che i rivolgimenti e i rischi di dissoluzione per partiti e movimenti che dovrebbero costituire l’alternativa alle destre alle prossime elezioni post-pandemia siano il viatico per una grande prospettiva per la nostra democrazia.
Speriamo di essere smentiti, che sotto il tecnocrate algido che non parla mai spunti un novello Ciampi, che non vedano la luce i condoni fiscali di cui si parla, che si pensi agli ultimi e non ai furbi.
E’ presto per dire, il tempo sarà il giudice. Noi, tutto il Movimento sindacale non dovrà stare a guardare la partita in tribuna. Il cinismo di tante controparti che, come nel comparto bancario assicurativo, considerano una perdita di tempo ridiscutere i protocolli sulla sicurezza sottoscritti mesi fa, o continuano a mettere in atto pressioni commerciali risultano intollerabili.
Così come quelle Associazioni che richiamano la libertà di licenziamento per poter assumere.
Già sentito, roba che sa di stantio. E da contrastare. Speriamo che la riapertura della “Sala Verde” di Palazzo Chigi non sia un episodio ma un nuovo inizio.
Mps: ancora in mezzo al guado
di Federico Di Marcello
Le fasi che hanno contraddistinto l’Italia nelle ultime settimane attraverso la crisi di Governo e la formazione di un nuovo esecutivo, hanno parzialmente distolto l’attenzione su Banca MPS.
Il nuovo Governo, che ha ottenuto la fiducia lo scorso 18 febbraio, è profondamente variato nella composizione dei partiti che lo appoggiano ed in particolar modo nei Ministeri che devono gestire la difficile fase economica che l’Italia si trova ad affrontare.
Non fa eccezione il Ministero dell’Economia e delle Finanze che ha visto l’avvicendamento di Ministri. Come noto il MEF è il principale attore, insieme al Presidente del Consiglio, nella gestione del dossier Banca MPS. Per questo motivo, come Fisac CGIL coordinamento MPS ci rivolgiamo a loro ribadendo che è necessario il coinvolgimento delle Organizzazioni Sindacali per l’individuazione di soluzioni industriali che tutelino il Lavoro ed i Lavoratori attraverso l’apertura di un tavolo informativo e concertativo, nell’attualità totalmente assente in azienda.
Non è più tollerabile infatti che le Lavoratrici ed i Lavoratori del Gruppo MPS vivano senza certezze di prospettive future ed in una situazione di indeterminatezza. Lo scorso dicembre il CdA del Banca ha presentato un Piano industriale che deve però ancora ottenere la validazione da parte delle istituzioni europee. Come Organizzazioni Sindacali, ci siamo rifiutati al momento di intavolare trattative che riguardino i contenuti espressi dal Piano, fino a che lo stesso non possa essere considerato definitivo. Non intendiamo infatti affrontare le tematiche della riorganizzazione delle strutture di direzione generale né del contenimento dei costi del personale (orario di solidarietà).
Non siamo disposti a chiedere sacrifici ai Lavoratori in assenza di certezze. Crediamo inoltre che il titolare del MEF e Draghi non possano limitarsi ad individuare soluzioni che prevedono fusioni, acquisizioni o aggregazioni sulla esclusiva base di analisi economiche e finanziarie.
È giusto e necessario che vengano prese in considerazione tutte le soluzioni possibili, compresa quella di trattare un nuovo piano con DG Comp che stabilisca anche nuovi tempi per la dismissione del capitale azionario di MPS.
Solo in questo modo sarà possibile salvaguardare a pieno i quasi 22000 dipendenti di MPS.
Le soluzioni di cui abbiamo fin troppo sentito parlare, esclusivamente attraverso la stampa, prevedono, a quanto pare, un significativo investimento da parte dello Stato in crediti fiscali differiti (DTA), acquisto a prezzi fuori mercato di crediti deteriorati e incagli (NPL e UTP), esborso per l’aumento di capitale di Banca MPS ed ulteriori fondi necessari alla gestione del contenzioso legale.
Una quota di capitale sensibilmente inferiore potrebbe essere direttamente rivolta al risanamento della Banca attraverso un piano pluriennale ed il rinvio delle dismissioni delle quote azionarie detenute dal MEF.
A tal proposito accogliamo con soddisfazione l’attenzione rivolta ai Lavoratori della Banca e del Gruppo, da parte del Consiglio regionale della Toscana attraverso la risoluzione approvata nel corso dell’ultima assise, senza però dimenticarci che Banca MPS è una Banca nazionale che deve essere tutelata nella sua interezza.
Le Lavoratrici ed i Lavoratori di tutto il Gruppo hanno fino ad oggi permesso alla banca di continuare a stare sul mercato nonostante le difficili condizioni che ciclicamente sono state loro imposte. Meritano per questo chiarezza, attenzione e rispetto.
Come OO.SS. del Gruppo Banca Monte dei paschi di Siena, ribadiamo al Presidente del Consiglio Draghi ed al nuovo responsabile del MEF, Daniele Franco, che Banca MPS ha da sempre dimostrato, attraverso la professionalità delle proprie Lavoratrici e dei propri Lavoratori, di possedere al proprio interno le competenze e le capacità per portare a termine il completo risanamento che può avvenire soltanto con la salvaguardia dell’intero perimetro aziendale e con la volontà da parte del MEF di chiedere la ricontrattazione delle tempistiche e delle condizioni che le sono imposte da anni e che non permettono in alcun modo lo svolgimento di una corretta attività bancaria.
Siamo convinti che, ricontrattando i termini degli accordi stipulati nel 2017 ed i pesanti vincoli a cui Banca MPS è sottoposta e che non tengono conto del nuovo e grave scenario macroeconomico, Banca MPS possa tornare a competere sul mercato con i principali gruppi bancari del Paese, continuando a sostenere l’economia reale del Paese ed al contempo a produrre guadagni.
Il Governo ed il MEF devono aprire un tavolo negoziale, un tavolo di ascolto preventivo delle Organizzazioni sindacali. Confederali, nazionali ed aziendali. Un tavolo che in questo momento in azienda manca.
Su questo tema non abbiamo interlocutori.
Nessuno è in grado di dirci qualcosa.
E questo non è più possibile. Non è più tollerabile.
Per una finanza sostenibile
di Roberto Errico
Con la grande iniziativa del 17 e 18 febbraio scorsi, la FISAC CGIL ha provato a mettere in campo tutta l’autorevolezza sua e della Confederazione per aggiornare il piano operativo delle rivendicazioni da portare ai tavoli della controparte e della politica.
Rispetto al Manifesto della buona finanza, lanciato oramai dieci anni fa, il quadro politico è ulteriormente mutato.
Da un lato, la pandemia ha contribuito a introdurre nuovamente nel dibattito politico il concetto di un ruolo dello Stato più ampio e articolato, riportando al centro dell’attenzione temi come il ruolo d’indirizzo dello Stato sull’economia e la necessità, in taluni casi, di andare oltre la semplice regolazione di mercato intervenendo direttamente.
D’altro canto, la reazione di quel blocco sociale -politicamente forte pur se disomogeneo- che vede nel mercato la panacea di tutti i mali, si è plasticamente palesata nei giorni che hanno portato alla formazione del Governo Draghi.
Il dibattito comunque è aperto, ed è questa una buona notizia rispetto agli ultimi vent’anni di politica piatta e monocorde. In questo contesto, con “Idee per una Finanza Sostenibile”, la FISAC e la CGIL hanno voluto offrire un contributo importante per il futuro del settore finanziario e del paese.
La proposta, articolata su cinque assi tematici, parte dalla necessità di rilanciare un confronto col mondo finanziario che non sia autoreferenziale ma provi a parlare al paese tutto, a partire da quei gruppi sociali come le donne, i giovani ed i cittadini del Mezzogiorno d’Italia che stanno maggiormente soffrendo gli effetti di un decennio caratterizzato da una doppia crisi, prima economico-finanziaria poi economico-sanitaria.
La declinazione sostenibile, pur essendo in linea con la nuova strategia UE, va però a nostro giudizio meglio esplicitata, onde evitare, come accaduto in passato, che il termine sia catturato ed i concetti ad esso collegati addomesticati da chi ha interesse a gestire al ribasso il potenziale trasformativo insito nell’idea stessa di sostenibilità.
Punto di partenza è la necessità, anche nel settore finanziario, di operare una critica costruttiva rispetto all’architettura europea, che nel settore si è dispiegata attraverso il percorso accidentato e non sempre coerente della Banking Union.
Una finanza europea amica dell’ambiente, del lavoro e dei cittadini non può che partire da una serie di proposte volte a superare alcune scelte politiche non più procrastinabili, dalla riforma degli stress test alla necessità di regolamentare nuovi strumenti finanziari (criptovalute) e nuovi possibili competitor (le Big Tech) sino a declinare in modo innovativo il tema della sostenibilità, intesa come primato dell’etica e della responsabilità collettiva rispetto alla vendita di prodotti finanziari.
Accanto al tema europeo, la FISAC ha ragionato di come giungere ad un sistema finanziario al servizio del Paese, a partire dalla necessità di mobilitare il risparmio privato giacente nei conti correnti bancari e postali ed orientarlo verso opere che favoriscano crescita, equità ed il lavoro buono e stabile.
Ma un sistema finanziario al servizio del Paese non può esistere in assenza di una contrattazione forte che si strutturi intorno al tema cruciale del governo condiviso dell’innovazione tecnologica. Servono nuove competenze per i bancari e gli assicurativi del futuro, e serve un rilancio del dialogo sociale tramite modelli di contrattazione che possano giocare d’anticipo rispetto ai grandi cambiamenti tecnologici.
Il tutto, secondo FISAC CGIL, va declinato in un’ottica di riduzione delle disuguaglianze anche in termini di accesso al credito e ai servizi finanziari e assicurativi. In particolare, come FISAC e CGIL abbiamo proposto l’istituzione di percorsi di formazione focalizzati alla creazione di figure specialistiche a servizio dell’imprenditoria femminile e giovanile.
Inoltre, poiché è impossibile pensare al rilancio del Mezzogiorno in assenza di un sistema finanziario vicino ai bisogni di quel segmento territoriale, FISAC e CGIL sostengono con forza l’idea che i processi di aggregazione in atto non portino ad una diminuzione della presenza di grandi istituti in quei territori, in particolare per ciò che riguarda i poli di alta specializzazione creditizia e di sperimentazione di nuovi modelli assicurativi.
Unicredit: il sindacato c’e'
di Francesco Franceschi
In UniCredit lo scorso 24 febbraio si è chiusa la trattativa di Gruppo sul “Premio Una Tantum di Produttività – Esercizio 2020” (VAP) con la sottoscrizione di un accordo tra l’Azienda e le Organizzazioni Sindacali che prevede l’erogazione di un importo - variabile in funzione della scelta lasciata alla/al lavoratrice/lavoratore - di:
€ 1.000 se si sceglie di destinare il premio a “conto welfare” (accredito nel mese di luglio 2021);
€ 770 se si opta per la scelta “cash” (accredito in busta paga nel mese di giugno 2021 con applicazione di imposta sostitutiva al 10% in base a quanto prevede la legge in tema di sistema premiale).
Inoltre, indipendentemente dalla scelta (“conto welfare” o “cash”), rimane a totale carico dell’Azienda l’onere connesso alla quota base riguardante le coperture collettive odontoiatriche per l’anno 2021 pari a € 88,70.
Come per gli anni passati, è altresì confermata la possibilità di utilizzare l’importo destinato a conto welfare per “l’acquisto” di “welfare days” (fino ad un massimo di 5 giorni). La trattativa era partita con un approccio aziendale negoziale “irricevibile”.
L’Azienda si era presentata dichiarando di avere già messo in campo un enorme sforzo per proteggere la salute di colleghe e colleghi anche tramite la sensibile riduzione (durante il lockdown della scorsa primavera) dell’operatività della Rete con ricadute negative sui ricavi, dimenticando, forse, che la tutela della salute e della sicurezza di lavoratrici e lavoratori rappresenta uno dei più importanti obblighi di legge in carico al datore di lavoro, certamente non negoziabile.
Facendo riferimento ai dati di Bilancio negativi del “Perimetro Italia” (958 milioni di perdite nel 2020), l’Azienda aveva dichiarato che non ci sarebbero stati neanche i presupposti contrattuali per aprire una trattativa sul tema e che, quindi, l’intenzione era di procedere ad un riconoscimento simbolico, “non dovuto”, di 500 euro come “gesto di attenzione per il lavoro svolto”.
La Fisac Cgil e le altre Organizzazioni Sindacali hanno respinto al mittente le dichiarazioni aziendali ritenute, per alcuni aspetti, anche provocatorie, facendo invece presente che: a fronte di un utile - al netto delle componenti straordinarie - certamente in calo, ma pur sempre di 1,3 miliardi di euro in presenza di una proposta di distribuzione agli azionisti di un dividendo complessivo di 1,1 miliardi di euro dopo indiscrezioni giornalistiche - NON smentite – che riportavano notizie sul sistema di incentivazione ai top manager pari, per il 2020, a quello del 2019 (123 milioni di euro) e in aumento di 53 milioni per il 2021 (per un totale di 176 milioni) l’Azienda non poteva richiedere sacrifici, come d’abitudine, ai soliti noti, lavoratrici e lavoratori.
Dopo un serrato confronto iniziato l’11 febbraio e conclusosi, come detto, lo scorso 24 febbraio, possiamo certamente dire che il risultato ottenuto con la sottoscrizione dell’accordo premia dignitosamente le lavoratrici e i lavoratori di UniCredit per un anno, il 2020, che li ha visti protagonisti per l’impegno straordinario profuso, in piena pandemia, volto a garantire sempre il servizio alla clientela, lavorando sia in agenzia, mettendo a rischio la propria salute (come del resto tutti gli addetti del settore), sia da casa, in condizioni operative estremamente difficili.
Questo 8 marzo
di Chiara Rossi
Grazie alla spinta propulsiva di molte compagne, quest’anno, per la prima volta, la Fisac Cgil sostiene la mobilitazione internazionale femminista e lo sciopero globale dell’8 marzo.
Nell’ultimo anno le nostre vite sono profondamente cambiate ed è cambiato il nostro modo di lavorare, gli spazi e i tempi di vita si sono confusi con quelli di lavoro ed è emerso ciò che da tempo sapevamo: la cura è quasi totalmente a carico delle donne, che in questo modo svolgono una funzione sociale che ha valore economico non riconosciuto.
La pandemia, insieme all’emergenza sanitaria, sta producendo una “crisi economica e sociale di proporzioni bibliche”. Ma questa crisi, dentro una società in cui le appartenenze di genere, di classe e di “razza” determinano asimmetrie di potere e di status, non colpisce tutte e tutti allo stesso modo. Le donne pagano e pagheranno un prezzo altissimo in termini di diritti e quindi di condizioni di vita.
Dentro la pandemia le donne sono state, e continuano ad essere, in prima fila nei lavori legati alla cura, e nelle attività produttive. Nei settori della cura quelli più esposti al virus e peggio pagati la maggior parte delle lavoratrici sono donne: di conseguenza il 70% dei contagi da Covid sul lavoro ha colpito le donne. l PNRR rappresenta in questo senso l’ennesima occasione persa.
Nei confronti delle donne in tutto il Piano riecheggiano i soliti ritornelli che ascoltiamo da anni (empowerment, gender mainstreaming, impatto di genere, parità) e la riproposizione di proposte politiche che poco o nulla di buono hanno prodotto sulla condizione di vita delle donne (il gap occupazionale non è diminuito, le differenze salariali neppure, così come la segregazione settoriale tanto che le donne continuano ad essere oggettivamente più povere degli uomini).
Una delle misure più necessarie sarebbe l’aumento dell’occupazione femminile, oggi in Italia al 49,5% (una donna su due non ha un lavoro). La UE si proponeva l’obiettivo di raggiungere un tasso di occupazione femminile al 60% entro il 2020.
Il PNNR vuole adottarlo? E se sì, come si pensa di riuscirci? Per quanto riguarda le politiche di welfare, il PNRR riconosce l’esigenza di redistribuire il lavoro di cura fra generi, ma rimane ancorato all’approccio che dà per scontato che chi deve conciliare due lavori, quello dentro e quello fuori casa, sono le donne.
Conciliazione che, finora, non ha prodotto alcun cambiamento sostanziale perché il vero nodo risiede nell’asimmetria di potere fra generi, sostenuta dal capitalismo e dal patriarcato.
Infine il piano sottolinea l’importanza di favorire “l’autonomia economica delle donne” principalmente in relazione alle politiche di sostegno all’auto-imprenditorialità femminile, mentre invece dovrebbe rappresentare l’obiettivo di fondo per tutte.
Quest’anno dunque la mobilitazione dell’8 marzo assume i connotati di un richiamo al riequilibrio delle iniquità così profondamente radicate nel nostro paese.
Lo sciopero assume valenza di sospensione dai lavori di cura per far emergere quanto importante e non riconosciuto sia il lavoro riproduttivo delle donne.
Il 5 marzo scorso era il 150 esimo anno dalla nascita di Rosa Luxemburg che sullo sciopero diceva:” è il polso vivente della rivoluzione e, al tempo stesso, ne è la più potente ruota motrice».
Esso è la vera e propria «forma di manifestazione della lotta proletaria nella rivoluzione».
Non è un’azione singola, ma il momento riassuntivo di un lungo periodo di lotta di classe.
Settore Assicurativo:Il lavoro agile del futuro
di Tania Cità
Il 24 febbraio 2021 Sindacato e ANIA hanno raggiunto un documento contenente le linee guida per i futuri accordi nei Gruppi e aziende del settore assicurativo, che normeranno il lavoro agile una volta usciti dall'emergenza sanitaria in corso.
Ad oggi, il settore - che aveva conosciuto accordi sperimentale anche prima della Pandemia - vede il 98% degli addetti lavorare in remoto, ma si tratta più propriamente di home working, utilizzato come vero e proprio strumento di prevenzione dal contagio, con i disagi del caso dovuti alla carenza di strumenti e alla condivisione forzata di spazi.
L'innovazione digitale e la modalità di lavoro in remoto, con tutte le riserve e le perplessità che possono suscitare, fanno tuttavia parte di un processo irreversibile e il lavoro agile diverrà in qualche modo strutturale.
Il Sindacato, per dare omogeneità di regole e tutele evitando accordi al ribasso o, peggio, accordi "one to one" a discrezione del datore di lavoro, ha fortemente sollecitato l'associazione ANIA per costruire una cornice di regole/tutele/diritti che consentano di configurare il lavoro agile come uno strumento che favorisca il work life Balance, risponda alle esigenze di produttività e al contempo possa mostrare aspetti gratificanti per lavoratrici e lavoratori che sceglieranno di farlo, in alternanza alla necessaria presenza fisica per prevenire forme di alienazione e la desertificazione delle sedi di lavoro.
I punti più avanzati del Protocollo sono il riconoscimento del buono pasto, le situazioni di accesso (sempre volontario e revocabile) prioritario, l'impegno delle aziende per ricercare soluzioni tecniche per le lavoratrici e lavoratori affetti da disabilita', la possibilità di convenire in sede aziendale forme di ristori economici e/o di welfare, la formazione in senso ampio (anche per prevenire forme di isolamento), un forte coinvolgimento degli rls e l'istituzione di un osservatorio bilaterale per monitorare l'andamento e gli sviluppi delle linee guida anche in rapporto all'innovazione tecnologica e digitale.
È sancito il diritto alla disconnessione e garantiti tutti i diritti sindacali.
Il Protocollo, che UNI Global Union ha anniverato tra le buone pratiche e come modello per altri Paesi, può in primis costituire un viatico per tutta la categoria e per altri comparti merceologici.