A partire dalla mensilità di luglio 2023 aumento della decontribuzione del 4%
L’intervento è previsto dall’art. 39 del Decreto Lavoro e ha però un’efficacia temporale limitata. L’intervento aggiuntivo del 4%, infatti, avrà effetto per i periodi di paga compresi tra il primo luglio ed il 31 dicembre 2023 e non sarà erogato sulla tredicesima mensilità.
Come Organizzazioni sindacali, unitariamente, abbiamo chiesto che questa riduzione del cuneo a carico lavoratore sia confermata e resa strutturale.
DI SEGUITO IL COMUNICATO DI DETTAGLIO
A partire dalla mensilità di luglio 2023 aumento della decontribuzione del 4%
Lo strumento della decontribuzione, esonero sulla quota dei contributi previdenziali a carico del lavoratore, è stato proposto dalla CGIL insieme a CISL e UIL, come via per aumentare il reddito netto dei lavoratori, compresi i redditi bassi, fiscalmente incapienti, che non potrebbero beneficiare dell’incremento delle detrazioni.
Come previsto dal DL 4 maggio 2023, “Decreto Lavoro”, le buste paga dei lavoratori dipendenti vedranno applicare un incremento di 4 punti percentuali della decontribuzione.
Di conseguenza i lavoratori dipendenti con una retribuzione mensile massima di 1.923 euro, che attualmente godono di una decontribuzione del 3%, beneficeranno di un incremento fino al 7%. Mentre tutti i lavoratori con retribuzione mensile massima di 2.692 euro, sgravati oggi del 2%, vedranno crescere il beneficio fino al 6%.
L’intervento è previsto dall’art. 39 del Decreto Lavoro e ha però un’efficacia temporale limitata. L’intervento aggiuntivo del 4%, infatti, avrà effetto per i periodi di paga compresi tra il primo luglio ed il 31 dicembre 2023 e non sarà erogato sulla tredicesima mensilità.
Come Organizzazioni sindacali, unitariamente, abbiamo chiesto che questa riduzione del cuneo a carico lavoratore sia confermata e resa strutturale.
A tal fine, sarà necessario individuare in Legge di Bilancio una quantità di risorse tra gli 11 e i 12 miliardi di euro.
Inoltre con un emendamento abbiamo segnalato al legislatore la necessità di introdurre una fascia di decalage per evitare che redditi di poco superiori ai 35.000 euro lordi, esclusi dall’incremento salariale, finiscano per essere penalizzati con stipendi netti più bassi rispetto a quelli di chi beneficia dell’intervento rimanendo di poco sotto la soglia stabilita. Il meccanismo di decalage permetterebbe di ridurre lo sconto gradualmente evitando l’effetto “primo degli esclusi”.
Purtroppo la proposta emendativa non è stata inserita nel testo di legge di conversione del Decreto.
La CGIL, inoltre, continua a sostenere la necessità di difendere il potere d’acquisto di salari e pensioni attraverso l’indicizzazione annuale e automatica delle detrazioni al costo della vita, anche per limitare il fiscal drag.
Tutto ciò fermo restando che il più importante strumento di politica salariale non può che essere il rinnovo dei contratti collettivi.
La difesa dei salari dall’inflazione non può essere garantita dalla sola riduzione delle imposte.