di Sabrina Marricchi e Cristina Pascucci – Segreteria Fisac Cgil Toscana
Bitcoin nasce nel 2008, anno della grande crisi di Wall Street, come bene rifugio dalla svalutazione della moneta tradizionale. A fronte dell’enorme quantità di denaro pubblico immesso nel sistema dalle banche centrali, la criptovaluta doveva essere un modo nuovo di scambiarsi il valore prevedendo una quantità limitata di moneta in circolazione che non si sarebbe, per questo, svalutata. Ma a differenza dell’oro, bene rifugio per eccellenza, le sue oscillazioni repentine non la rendono una riserva di valore ma uno strumento altamente speculativo ad alte fluttuazioni.
Il “libro bianco” di Satoshi Nakamoto (non è chiaro chi si celi davvero dietro lo pseudonimo del fondatore di Bitcoin) prometteva un sistema monetario ordinato, basato su principi matematici trasparenti, universale e aperto: ma è davvero così?
Le criptovalute come Bitcoin non sono emesse da alcun operatore, sono prive di valore intrinseco, nascono da attività informatiche, vengono scambiate spesso su piattaforme opache senza nessun controllo, non svolgono le tre funzioni proprie della moneta ovvero non sono un mezzo di pagamento, non sono riserva di valore e non sono unità di conto: sono uno strumento speculativo spesso utilizzato per eludere il fisco, riciclare denaro, finanziare attività illecite e terroristiche. Un wallet Bitcoin non è immediatamente ricollegabile a una specifica persona fisica o giuridica: per questa natura sicura e anonima le criptovalute sono un mezzo ideale per l’economia illegale – secondo alcuni studi, la natura “sicura” e anonima di Bitcoin lo rende un mezzo ideale per l’economia illegale, che riguarderebbe più del 40% delle transazioni –, anche se c’è chi sostiene che la maggior parte delle transazioni riguarda denaro “pulito”, perché il protocollo Bitcoin non è stato mai violato e il portato degli eventi criminosi viene circoscritto allo 0,24% del transato, mettendo quindi in risalto il fatto che il 99% è perfettamente lecito. Oltre al rischio riciclaggio, si possono segnalare fra gli altri principali pericoli di questo sistema lo scam (raggiro che riguarda principalmente i piccoli investitori, che vengono indotti ad effettuare trasferimenti di denaro), il ransomwere (la presa di controllo di computer o server o dati, e la richiesta come riscatto di un pagamento in criptovaluta), il pump and dump (che consiste nel far lievitare il prezzo di un asset e farlo crollare rapidamente per far arricchire chi possedeva l’asset da principio), e il classico “schema Ponzi” adattato al mondo digitale.