La storia di Patrizio… “che se l’è cercata…”

di Giuseppe Buzzurro

“Non ho smesso di chiamarlo per tutto il tempo. Volevo che sentisse la mia voce. Non volevo pensasse fosse solo”, racconta la madre di Patrizio: “Sulla pancia, sulle ginocchia, sulle mani, ho ancora i segni dell’asfalto a cui mi sono aggrappata.

Volevo vedere mio figlio a tutti i costi, invece mi hanno portata via”. Ha potuto vedere suo figlio solo per pochi minuti, quando era già dentro la bara. “Non gli ho potuto dare nemmeno un bacio. Quella mattina, come tutte da quando ha deciso di lasciare la scuola, è uscito presto di casa per andare a lavorare. Non l’ho neanche sentito aprire la porta. Ma non potevo sapere che non sarebbe più tornato. L’ultima immagine che mi resta di mio figlio è quella del suo volto carbonizzato. Ma com’è potuto succedere? Mio figlio non doveva essere lì”.

Questa è la storia di Patrizio Spasiano.

19 anni, tirocinante con un contratto di 1 anno e retribuito con 500 euro mensili, presso una ditta di celle frigorifere del casertano, il 10 gennaio scorso è stato ucciso da una fuga di ammoniaca mentre era da SOLO (nonostante fosse in tirocinio), su un ponteggio a fare manutenzione ad un impianto, dalla quale non è riuscito a fuggire.

Questa è la storia di uno dei lavoratori (1.090 nel 2024, tre per ogni giorno dell’anno) morti sul lavoro, morti per lavorare. Questa è la storia di uno dei tanti incidenti che il deputato Marcello Coppo sostiene essere causati all’80-90% da “un tragico attimo di disattenzione”

… un po’ come dire che se l’è cercata …

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