Si gioca su Riscossione Sicilia la nuova partita Crocetta-Baccei

Il faccia a faccia è atteso per oggi, quando in commissione Bilancio dell’Ars l’assessore siciliano all’Economia Alessandro Baccei incontrerà i sindacati e i vertici di Riscossione Sicilia per discutere delle problematiche finanziarie e gestionali dell’azienda. Che la società partecipata dalla Regione al 99,8% e da Equitalia per lo 0,1%, incaricata di gestire la riscossione dei tributi e delle altre entrate in Sicilia, non navighi in buone acque è cosa nota. L’alter ego di Equitalia nell’Isola ha un deficit strutturale che oscilla, secondo i dati dei sindacati, in media tra i 10-15 milioni di euro all’anno e negli ultimi 24 mesi ha collezionato debiti per circa 50 milioni.

A risanare le disastrate casse della azienda pubblica, che ogni mese fa affluire nelle casse della Sicilia 30 milioni di euro e che vanta crediti per oltre il doppio – nei confronti di Regione, Agenzia delle Entrate, Inps e Inail – non sono bastate nemmeno le risorse che l’anno scorso il governo Crocetta ha versato alla società: 40 milioni di euro, utili a ripagare i debiti contratti fino al 2012. E se lo stato di salute dell’azienda più temuta dai siciliani non è tra i più floridi, e il piano di riordino delle partecipate al quale Baccei sta lavorando non fa mistero della necessità di sfoltirle, ambienti vicini al governatore indicano per esempio la sua contrarietà a qualsiasi operazione di esternalizzazione dei servizi, dai tributi all’informatizzazione. In più c’è da capire se resta ancora una priorità dare attuazione agli articoli 36 e 37 dello Statuto, in materia tributaria, che per oltre mezzo secolo è rimasto lettera morta, mentre nel frattempo diverse realtà industriali hanno detto addio alla Sicilia. Insomma, tra Baccei – l’uomo che il sottosegretario Graziano Delrio ha mandato nell’Isola per far quadrare i disastrati conti  regionali – il quale pensa di far finire la società nell’orbita di Equitalia e il governatore Crocetta, che vuole mantenerla autonoma, nei prossimi mesi si giocherà una nuova, delicata partita.

Riscossione Sicilia ha un organico di 701 dipendenti: dirigenti, funzionari, impiegati inquadrati secondo le previsioni del contratto collettivo nazionale dei bancari. Da due anni le loro buste paga sono più “leggere”: gli stipendi sono stati tagliati de 20%. La società non dispone, però, di un ufficio legale (ossia di un pool di esperti in materia fiscale capace di dare direttive e indicazioni sull’applicazione di leggi tributarie e sull’interpretazione di circolari) e dunque in caso di contenziosi non resta che affidarsi ad esperti esterni. Anni fa è stato costituito un albo: da lì si attinge per l’assistenza legale. La società, però, dispone di un ufficio contenzioso interno, composto da 15 persone. A ridurre i costi di gestione della società che in Sicilia fa le veci di Equitalia spa, poi, non è bastata nemmeno la sforbiciata sul personale avviata tre anni fa e che consentito a 300 lavoratori di andare in pensione anticipatamente; così come la chiusura di alcuni sportelli sul territorio (Sciacca, Termini Imerese, Alcamo e Caltagirone per citarne solo alcuni). In piedi sono rimaste solo nove agenzie provinciali.

Nell’era 2.0, rispetto ad Equitalia spa, anche sul piano informatico la società siciliana è rimasta indietro: il software usato è ancora quello che utilizzava la Serit, la società del gruppo Monte Paschi di Siena, che fino al 2008 gestiva il servizio di riscossione nell’Isola. “Non sono stati organizzati né corsi di riqualificazione né di aggiornamento del personale – osservano i sindacati – e senza investimenti è meglio consegnare l’azienda chiavi in mano ad Equitalia spa”. “Una strada – suggeriscono- potrebbe essere quella della fusione per incorporazione”.

“Prima del 2009 – dice Giorgio Cuccia, sindacalista della Fabi – esisteva una norma, la clausola di salvaguardia (poi norma stralciata con l’introduzione del decreto Tremonti, ndr) che consentiva di compensare le perdite fisiologiche della società legate al costo stesso della riscossione, come aggi e spese esecutive facendo affluire nelle casse dell’azienda 40 milioni di euro all’anno a copertura delle perdite gestionali”. “Da quando il sistema della Riscossione è gestito dalla Regione – aggiunge il sindacalista – la società è ferma: non c’è liquidità per pagare i fornitori, se decidono di staccare la spina qui si ferma tutto. Il gap con Equitalia non si può colmare senza un piano serio di investimenti”. Insomma per i sindacati mantenere in vita la società è per la Sicilia “antieconomico”. “Per rilanciarla – sottolinea il segretario regionale della Uilca-Uil, Enrico Pellegrino – servono diversi milioni di euro. Crocetta se vuole mantenere questo fiore all’occhiello faccia investimenti finanziari e sulla formazione del personale. Se una pianta non viene innaffiata, muore”.  Gli fa eco Massimo Cafari della Fisac-Cgil: “Se la Regione ha le risorse le metta a disposizione della società, altrimenti molli. Stiamo morendo di crediti”. Per Pietro Di Quarto della Fiba Cisl: “C’è il rischio di una crisi di liquidità. Questo stallo va risolto, servono investimenti e una nuova un’organizzazione del sistema della riscossione che ricalca ancora un modello vecchio di vent’anni”.

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