Coordinamento Donne Nazionale – 4 dicembre 2023: relazione introduttiva

Roma, 4 dicembre 2023 – Coordinamento Donne Fisac

Ordine del giorno:

• Avvio della discussione su tempi, composizione, criteri e argomenti dell’Assemblea Nazionale delle Delegate della Fisac, che dovrà rinnovare i nostri organismi e delineare il futuro programma di lavoro;
• Lettura di genere del CCNL ABI appena rinnovato;
• Varie ed eventuali.

QUI il documento originale in PDF


Care Compagne,

oggi ci siamo riunite in modalità mista per parlare dell’Assemblea delle delegate, che come vedremo in seguito entrando nel dettaglio si terrà a fine gennaio.

Parleremo inoltre anche del recente rinnovo del CCNL ABI , la cui ipotesi è stata siglata lo scorso 23 novembre , alla vigilia del 25 novembre, una data per Tutte noi pregna di significato da sempre e ancor più quest’anno, che ha visto scendere in piazza una vera e propria marea di donne e anche uomini, è bene sottolinearlo, di circa 500 mila persone che nelle piazze italiane , da Roma e nel resto d’Italia , hanno gridato per dare voce a chi non ce l’ha più e a chi ha bisogno di aiuto per poterla tirare fuori. E la Cgil è stata in prima linea ovunque per ribadire in questa data simbolica la lotta che il Quadrato rosso compie ogni giorno al fianco delle donne.

Povertà, accesso all’istruzione, lavoro e retribuzione, la violenza fisica/sessuale/verbale/molestie: non c’è un solo ambito in cui l’universo femminile non sconti ritardi a volte drammatici.

Ma andiamo per gradi.

Il contesto in cui ci muoviamo mentre ci apprestiamo alla prossima assemblea, è quello di un Paese, l’Italia, che non è mai stato facile, per le donne. Ci siamo interrogate spesso sul perché e ci siamo dette che in parte, lo dobbiamo alla divisione per genere dei ruoli sia all’interno della famiglia, che sul mercato del lavoro, in quanto produce una visione patriarcale del contributo che donne e uomini possono dare in ciascuno degli ambiti. Così, alle donne spetta il lavoro di cura non retribuito che si svolge nell’ambito domestico, agli uomini il lavoro retribuito che si svolge fuori.

Ma una parte fondamentale della fatica che le donne sperimentano nel nostro Paese è determinata anche dal contesto normativo e istituzionale. “Uomini e donne in Italia sono uguali di fronte alla legge”, recita il terzo articolo della nostra Costituzione (tema del calendario, le Costituenti) eppure la parità è un sogno ancora lontano. Ho citato il contesto normativo. Pensiamo ad esempio alla genitorialità. In base alla normativa attuale, il congedo di paternità obbligatorio è fermo a 10 giorni (anzi fino a pochi anni fa al padre venivano riconosciuti solo 7 giorni). Quello di maternità obbligatorio, invece, ha durata di cinque mesi. Si dirà che la donna porta avanti la gestazione e che è indispensabile protagonista del parto. Si dirà poi che si occupa dell’allattamento. Ma anche qui: non tutte le donne allattano al seno e anche se fosse non c’è un motivo valido per il quale la donna debba essere lasciata sola. Quello dei congedi sembra un fattore secondario ma non lo è. Perchè impatta sul mercato del lavoro e sulle modalità in cui alle donne, nel nostro Paese, è concesso di parteciparvi.

Secondo l’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile, il 2030 dovrebbe segnare l’approdo all’uguaglianza tra uomini e donne. Non sarà così, lo dicono le cifre. L’ultima edizione del Rapporto 2023, redatto da Un Women e Undesa “The gender snapshot 2023” non lascia dubbi.

Nel 2030 ci saranno ancora disparità per quanto riguarda i dati relativamente alla povertà:

saranno 340 milioni le donne e le bambine in estrema povertà, che vivono con meno di 2 dollari al giorno, senza avere accesso all’acqua e all’elettricità. Una su quattro sperimenterà insicurezza alimentare e climatica.

Il divario di genere nei posti di potere e leadership resterà radicato.
La prossima generazione di donne trascorrerà ancora in media 2,3 ore al giorno in più per il lavoro domestico e per l’assistenza non retribuita rispetto agli uomini.

– Istruzione:

l’accesso all’istruzione è in aumento. Quando le ragazze si iscrivono a scuola, i loro tassi di completamento degli studi superano costantemente quelli dei ragazzi. Eppure per loro c’è più scarsa probabilità sia di accedere agli studi che di conoscere un linguaggio di programmazione informatica, limitando il ruolo delle donne nella scienza, nella tecnologia e nell’innovazione. In questo contesto anche l’intelligenza artificiale, pensata e realizzata da uomini, allarga il divario.

– Lavoro:

Nel mondo lavorano il 61% delle donne e il 91% degli uomini. E le donne che lavorano vengono pagate un terzo meno degli uomini. Si tratta del gap più difficile da colmare. Carriere interrotte, responsabilità assistenziali e discriminazioni salariali perpetuano i divari di genere e cementano le disugliaglianze di reddito nel corso della vita.

Guardando all’Italia una donna su due non lavora, una vera emergenza. L’Italia ha il maggiore gender gap nel mercato del lavoro a livello europeo. Siamo ultimi per tasso di occupazione femminile e molto lontani dai Paesi nordici che superano l’80%. Fino a pochi anni fa dietro di noi in graduatoria c’erano Malta, Grecia e anche la Spagna. Ormai ci hanno superato tutti. Senza contare le forti differenze in termini di occupazione femminile che ci sono tra Nord e Sud con percentuali rispettivamente 57,6% e 31,3%.

Metà delle donne non lavora, il che significa che non ha indipendenza economica. Tutto ciò avviene perché è stata immobile sul fronte delle politiche contro le disparità di genere e per lo sviluppo dell’occupazione femminile. Nessuna politica di investimento nello sviluppo di sevizi per la prima infanzia e assistenza ad anziani e disabili, unitamente all’esistenza di un livello alto di stereotipi di genere hanno limitato enormemente la valorizzazione del potenziale femminile. Non dimentichiamo che il nostro è un Paese che ha varato leggi e non le ha applicate come la legge sull’istituzione dei nidi pubblici del 1971 (siamo ancora al 13% dopo più di 50anni) o quella sull’assistenza del 2000. Immobilismo che ha penalizzato doppiamente le donne italiane già schiacciate da un altissimo livello di carico di lavoro familiare sulle loro spalle, perché non investendoci non ha creato posti di lavoro che potrebbero essere occupati anche da donne e perché ha reso difficile la conciliazione.

Se da parte sua la politica è stata incapace di creare le infrastrutture per il cambiamento, se pensiamo che più del 25% degli italiani ritiene che se il lavoro scarseggia gli uomini dovrebbero averne più diritto rispetto alle donne, comprendiamo che mettere al primo posto la parità di genere nella nostra società oggi deve essere sentita come emergenza culturale.

Nel film “C’è ancora domani”, ambientato nell’Italia del 1946, la protagonista interpretata da Paola Cortellesi affida al marito i propri guadagni. Ancora oggi in molte famiglia, la gestione dei soldi bè prerogativa maschile. Ecco perché per le donne la consapevolezza finanziaria viene considerata una chiave di accesso all’indipendenza economica, per una reale emancipazione femminile e quindi alla parità di genere. E’ necessario scardinare un sistema che esiste da secoli e che colloca la donna in una posizione subordinata rispetto all’uomo sulla gestione del denaro; il denaro è una risorsa limitata ma allo stesso tempo molto potente e in una cultura in cui la donna non è associata a qualcosa di “potente” il messaggio che passa a livello scolastico, culturale e di comunicazione marketing del settore finanziario, è che si tratta di una cosa da uomini. Anche dalle istituzioni arrivano messaggi in questa direzione: dal 2001, anno in cui è nato il Ministero dell’economia e delle finanze, non abbiamo mai avuto una ministra dell’economia.

All’inizio ho citato che non c’è un solo ambito in cui l’universo femminile non sconti ritardi a volte drammatici e il femminicidio rappresenta l’atto più drammatico della violenza sulle donne. E ritengo sia doveroso, avviandomi alle conclusioni, richiamare le parole della compagna Giorgia Fattinnanzi responsabile delle Politiche di contrasto della CGIL

“La violenza sulle donne è sì un’emergenza, ma di natura strutturale. I fatti di cronaca rappresentano solo la punta di un fenomeno molto più esteso e profondamente sommerso, che affonda le sue radici nella cultura patriarcale del nostro Paese. Proprio per questo, un approccio esclusivamente penale e repressivo del legislatore rischia di intercettare il fenomeno quando è troppo tardi e solo nelle sue rappresentazioni apicali”.

Solo un approccio sistemico può mettere davvero in sicurezza le donne ed estirpare le discriminazioni che le rendono più deboli nel lavoro e in famiglia.

La violenza va ripudiata in ogni sua forma ed espressione. Il corpo e la vita di una donna, così come di ogni persona, non deve essere in nessun modo violati, abusati, negati, annientati, tanto nella quotidianità che nei contesti di guerra.

L’espressione libera e consapevole dell’esistenza di ogni donna, la sua autodeterminazione, la libertà di scelta sul proprio corpo e sulla propria vita devono essere tutelate e garantite e non soffocate dalla violenza – fisica, psicologica ed economica – figlia di una cultura patriarcale.

Tutte e Tutti abbiamo il dovere di di impedire che una cultura tossica permetta anche la minima frase, il commento sessista, l’abitudine maschilista che consentono ai femminicidi di accadere, di non essere riconosciuti e di non essere prevenuti.

Permettetemi una riflessione, compagne, Siamo stati giustamente abituati a ritenere ogni persona accusata di un delitto “innocente fino a prova contraria”. In fatto di emancipazione femminile, di fine del patriarcato, di scardinamento della misoginia, Proviamo a fare l’opposto, soprattutto gli uomini dovrebbero fare così:

proviamo a ritenerci colpevoli fino a prova contraria.

Esecutivo donne nazionale

 


Buongiorno grazie a tutte per essere qui oggi, la vostra presenza non è mai scontata, grazie per l’attenzione a chi è collegato e ci segue a distanza.

Questa mia parte della nostra relazione vuole mettere a fuoco alcuni aspetti dell’ipotesi di accordo per il rinnovo del Ccnl Abi, che ha trovato conclusione il 23 novembre scorso dopo mesi e mesi di trattativa.
La nostra segreteria lo ha definito un Ccnl dal cuore rosso ed a me, confesso, è piaciuta tanto questa definizione.
Ambiziose erano già le richieste che avevamo inserito lo scorso luglio in piattaforma, UNA NUOVA STAGIONE PER RETRIBUZIONI, DIRITTI, TUTELE, OCCUPAZIONE E GESTIONE DELLE TRASFORMAZIONI: volevamo una risposta ai bisogni attuali delle lavoratrici e dei lavoratori cogliendo contestualmente le sfide del futuro. Un reale benessere lavorativo, la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, tutte rivendicazioni nostre della categoria, ma che, se volete, io le ritrovo a partire dal congresso CGIL di Rimini.
L’incremento economico, le 435 euro per il livello medio 3^ area 4^ livello, nelle assemblee noi lo raccontavamo, ma i lavoratori e le lavoratrici assistevano interessati ma in maniera piuttosto scettica. Abbiamo ottenuto interamente l’aumento richiesto! In 4 tranche, ma oltre il 50% già subito a dicembre, poi un “una tantum” importante, equivalente a 5 mesi di arretrati. Un buon risultato in termini di recupero dell’inflazione e per il legittimo riconoscimento, finalmente in favore delle lavoratrici e dei lavoratori, della produttività del settore.
Poi, sempre in merito agli aumenti, sulla parte economica, non secondario il ripristino della base piena di calcolo del Tfr, a partire dal 1° luglio 2023, ricalcolo con metodo non più utilizzato ormai da 10 anni. Risultato con importanti risvolti previdenziali, ma soprattutto per le giovani generazioni, le cui pensioni sappiamo bene che saranno caratterizzate purtroppo da maggior incertezza.

Avevamo già con la piattaforma l’obiettivo di non incentrare la trattativa solo sulle rivendicazioni economiche lasciando indietro tutele e diritti. Il vecchio segretario Baseotto, le compagne se lo ricorderanno, ci ragguagliava su questo, il rischio era troppo elevato, alle aziende sarebbe stato comodo avanzare solo sul tema economico, ma era troppo rischioso arretrare sui diritti, lasciare un gap difficile da recuperare col tempo, complicato riallinearsi nelle successive trattative.
Ed oggi ci siamo a poter sottoporre alle assemblee delle lavoratrici e dei lavoratori sia:
• un forte riconoscimento economico,
• la introduzione di strumenti tecnologici/digitali necessari per gestire le modifiche, le trasformazioni del nostro settore bancario in continua trasformazione,
• più garanzie e tutele.

Venendo ai profili di genere che di questo accordo vorrei oggi sottolineare qui con voi, a me piace attribuire il merito di questo ottimo risultato della trattativa alle presenze femminili di una presidente del Comitato Affari Sindacali e del Lavoro donna, Ilaria Maria Dalla Riva, e alla nostra segretaria generale donna, Susy Esposito, della Fisac Cgil, ma su questo e sulle sensibilità che si sono sviluppate in trattativa la segretaria nazionale saprà dirci dipiù e meglio.

Sul tema maternità vengono aggiunte importanti tutele. Nell’ipotesi di accordo viene riconosciuto il pieno trattamento economico alle lavoratrici in gravidanza a rischio che finora era pagato per soli cinque mesi. Sarà quindi retribuito al 100% tutto il congedo di maternità obbligatoria, anche i mesi di interdizione anticipata (la cosiddetta gravidanza a rischio). Le aziende si impegneranno ad integrare l’indennità INPS pagata all’80%, anche nel caso in cui il congedo di maternità arrivi a superare i 5 mesi (per gravidanza a rischio). Questa era una nostra richiesta forte, visto che nel settore Abi tale riconoscimento era presente grazie alla contrattazione di secondo livello nelle aziende grandi, ma si lasciavano fuori le colleghe delle aziende di dimensioni più contenute, dove nonostante la presenza femminile sia prevalente le tutele reali sono molto molto fragili.

Molestie e violenze di genere – La dichiarazione congiunta (Abi e sindacati del credito e assicurazioni) in materia di molestie e violenze di genere sui luoghi di lavoro del 12 febbraio 2019 viene inserita nel contratto nazionale. Diventerà un articolo dell’articolato del contratto, non è più un allegato così come era previsto nella stessa dichiarazione congiunta. Tale accordo, ve lo cito, ricordiamolo insieme, era nato per rafforzare e diffondere la consapevolezza nelle aziende, nelle lavoratrici e nei lavoratori oltre che nei loro rappresentanti sull’importanza di prevenire, contrastare e non tollerare ogni forma di comportamento che abbia come risultato un’intimidazione, un danno o una sofferenza fisica, sessuale, psicologica. Ora la dichiarazione congiunta diventa parte integrante del contratto. (come l’accordo nazionale dell’8 febbraio 2017 sulle politiche commerciali e l’organizzazione del lavoro diventa parte integrante del contratto).

Altra novità arrivata dopo la firma del Contratto Nazionale, la proroga con ABI del Protocollo di Intesa contro la Violenza di Genere. Le organizzazioni sindacali insieme ad ABI hanno concordato una proroga del “Protocollo d’intesa per favorire il rimborso dei crediti da parte delle donne vittime di violenza di genere,” che era stato firmato a Roma il 25 novembre 2019.
L’impegno preso nel 2019, con validità biennale, era quello di impegnarsi a sostenere le donne vittime di violenza. Il protocollo originale prevedeva la sospensione dei pagamenti delle rate dei mutui e/o dei prestiti e l’allungamento delle scadenze finanziarie per le donne inserite in percorsi di protezione e in difficoltà economica.
Già prorogato nel 2021, il Protocollo vede una ulteriore proroga in questo contesto storico in cui ancora con maggiore forza le parti stipulanti (l’Abi e le organizzazioni sindacali tutte) si impegnano fattivamente nel contrasto alle violenze di genere e nel contribuire alla diffusione di una cultura volta a sradicare questa piaga sociale.

Comporto – C’è un ampliamento del periodo di comporto. Per coloro che sono affetti da disabilità grave riconosciuta (ai sensi dell’art. 3, comma 3, Legge 104/1992) viene ampliata del 50% la durata del periodo in cui è possibile assentarsi per malattia o infortunio con la garanzia del diritto alla conservazione del posto rispetto alle precedenti norme contrattuali.
Foc, Fondo per l’Occupazione – L’ipotesi di intesa amplia le possibilità di ricorso al FOC da parte delle banche ed amplia le stesse funzioni del (F.O.C.) con l’obiettivo di favorire ancora di più nuovo lavoro nel settore e di far crescere l’occupazione al Sud. Erano queste determinazioni importanti presenti in piattaforma.
Per favorire la buona e stabile occupazione sono previsti incentivi per le assunzioni e le stabilizzazioni. Dal 1° gennaio 2024 ci sarà un incremento degli incentivi economici erogati dal F.O.C., si passa dai precedenti € 2.500 previsti in passato a € 3.500 annui (per 3 anni) per le assunzioni a tempo indeterminato (o stabilizzazione) di:
• giovani disoccupati fino a 36 (prima 32) anni di età
• disoccupati, cassaintegrati e lavoratrici/lavoratori in mobilità
• donne (ora qui indipendentemente dall’area geografica).

Sono poi, previsti incentivi ulteriormente maggiorati per:
• assunzioni/stabilizzazioni persone con disabilità (€ 4.200);
• assunzioni/stabilizzazioni di lavoratrici/lavoratori nelle regioni del Mezzogiorno con più elevati tassi di disoccupazione (€ 4.500) con specifica ulteriore maggiorazione (€ 5.500) per assegnazioni nella stessa provincia di residenza. Si punta chiaramente all’obiettivo di ridurre l’elevata mobilità territoriale a cui le persone assunte al Sud sono state spesso sottoposte).
Un ulteriore incentivo è stabilito se con le assunzioni si incrementa il livello degli organici;
l’importo è condizionato alla non attivazione di riduzioni di organico e all’assenza di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo nei 12 mesi successivi all’assunzione, evidente è lo scopo di contrastare la progressiva riduzione degli occupati nel settore.
Le novità mirano a migliorare la sinergia tra il Fondo per l’occupazione (Foc) e il Fondo di solidarietà anche in chiave di ricambio generazionale. Ma sul processo di staffetta generazionale non mi soffermo…

Capitolo Pari Opportunità e Inclusione – qui c’è un impegno preciso delle parti, che condividono di introdurre nel Ccnl, in occasione della stesura del testo coordinato, due specifici ambiti, e finalmente …..direi ringraziando chi lo ha voluto con determinazione… rubricati come “pari opportunità” ed “inclusione” in cui verranno richiamate le tematiche afferenti ai due settori.
Si precisa poi, che, tali tematiche dovranno essere valorizzate dal lavoro della Commissione nazionale pari opportunità (art.15) e della Commissione politiche per l’inclusione (art.17).
Per noi il distinguo terminologico è sempre stato fondamentale. Ci abbiamo tenuto da sempre a tenere distinte le peculiarità delle due argomentazioni: “pari opportunità” e “inclusione”, convinte come siamo che in azienda come fuori, chiunque vada incluso e tutelato, e debba sentirsi accolto, a prescindere dalle diversità sue proprie, per orientamento sessuale, religioso, disabilità, che sia di famiglia tradizionale, coppia di fatto o unione civile, … però la donna è un’altra cosa, è la metà del mondo, non una minoranza da non discriminare o da non marginalizzare nelle nostre aziende o fuori. Ma non devo convincere voi su questo, ottimo il risultato e lo apprezziamo!

Esecutivo Donne Nazionale

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