PREVIDENZA COMPLEMENTARE, NEL I TRIMESTRE 2024 CONTINUA LA CRESCITA DI POSIZIONI E RENDIMENTI
Dal sito: fundspeople.com
Aumentano le adesioni alla previdenza complementare nel primo trimestre del 2024. E anche i rendimenti confermano il buon andamento del settore. È quanto emerge dal report di Covip sui “principali dati statistici” della previdenza complementare a marzo 2024, pubblicato ieri, 26 giugno.
Le posizioni
Secondo il documento della Commissione di vigilanza si registra una crescita dell’1,2% rispetto al 31 dicembre 2023, con 10,8 milioni di posizioni in essere per un totale di 9,680 milioni di iscritti (alcuni aderiscono a più forme allo stesso tempo). E sono i fondi pensione negoziali a vedere la crescita più elevata, con 67 mila posizioni in più (+1,7%) per un totale di 4,084 milioni, guidate, ancora una volta, dall’incremento registrato dal fondo pensione rivolto al settore edile (+33.300 posizioni) “destinatario dell’adesione contrattuale di lavoratori attraverso il versamento di un contributo, ancorché di importo modesto, a carico del solo datore di lavoro” e del fondo del pubblico impiego (+8.500 posizioni), in questo caso è invece attiva l’adesione tramite silenzio-assenso.
I fondi pensione aperti vedono un incremento meno significativo in termini assoluti (+36.300 posizioni) ma più elevato in termini percentuali (+1,9 punti), mentre tra le forme pensionistiche di mercato i PIP contano 18.200 nuovi aderenti con un incremento dello 0,5% rispetto al dato di fine 2023. Il totale delle posizioni in essere in tali forme, scrive Covip, è pari, rispettivamente, a 1,987 milioni e 3,799 milioni.
Fonte: Covip.
I contributi e le risorse in gestione
Insieme all’aumento delle posizioni in essere, Covip rileva una parallela crescita nell’ammontare dei contributi incassati dalle diverse forme di previdenza complementare pari a 3,9 miliardi di euro (+7,25%), con un incremento del 7,1% per i fondi negoziali, dell’11,1% nei fondi aperti, e del 4,6% nei PIP. Da qui emerge come le risorse destinate alle prestazioni ammontino a 230,9 miliardi di euro, in crescita del 2,9% rispetto ai 224,4 miliardi di fine 2023.
La Commissione sottolinea come l’aumento sia dipeso, per circa due terzi dall’incremento dei corsi dei titoli in portafoglio, mentre la restante parte è legata ai flussi contributivi (al netto delle uscite). L’attivo netto è di 70,1 miliardi nei fondi negoziali (+3,3% su dicembre 23), di 34,2 miliardi nei fondi aperti (+5%) e di 51,3 miliardi nei PIP (+2,8%).
I rendimenti
Come detto, nel primo trimestre si registrano risultati positivi per tutte le tipologie pensionistiche, con valori più elevati per le gestioni con una maggiore esposizione azionaria. Nel caso dei comparti azionari, i fondi negoziali registrano rendimenti, in media, del 4,9%, i fondi aperti del 6,2% e i PIP del 7,5 per cento. Nel caso dei comparti bilanciati le performance calano al 2,4% dei negoziali, al 3,2% dei fondi aperti e al 4% dei PIP, “rendimenti medi vicini allo zero o di poco superiori si rilevano per i comparti obbligazionari e garantiti”.
Fonte: Covip.
In una valutazione sull’arco di dieci anni, orizzonte temporale “più coerente con le finalità del risparmio previdenziale”, i rendimenti medi annui composti delle linee a maggiore contenuto azionario si portano tra 4,5 e 5% per tutte le tipologie di forme pensionistiche, tra il 2 e il 3% per i comparti bilanciati, e rendimenti medi vicini allo zero per le linee garantite e obbligazionarie. Le gestioni separate di ramo I dei PIP, che contabilizzano le attività al costo storico e non al valore di mercato, ottengono un rendimento dell’1,8 per cento. Nello stesso periodo, la rivalutazione del TFR è risultata pari al 2,4 per cento.
Fondi pensione: investimenti ESG sempre più centrali
Dal sito: www.focusrisparmio.com
Per oltre un piano su due, le nuove regole faranno crescere gli asset sostenibili nei portafogli attivi e passivi. Ma non mancano rischi sia negli USA che in Europa. Lo studio DWS-Create Research
I fattori ESG sono destinati a diventare sempre più centrali sui mercati dei capitali. Nonostante il contesto incerto e le sfide geopolitiche, le nuove normative e la spinta politica in materia favoriranno infatti la finanza sostenibile. A dirlo sono i fondi pensione globali, che hanno risposto al sondaggio DWS–Create Research intitolato ‘Are ESG regulatory and policy measures driving asset allocation?’. Uno studio condotto tra 156 piani globali dal quale emerso come e le allocazioni sostenibili siano destinate ad aumentare sia nei portafogli a gestione attiva sia in quelli passivi.
La spinta regolatoria e politica
Stando agli intervistati, che rappresentano un patrimonio gestito di quasi 2.000 miliardi di euro, a segnare la svolta è stata la pandemia. Da qui è scaturita infatti la crescente pressione sui gli operatori affinché prendessero decisioni di investimento davvero sostenibili. Prima di tale svolta, la maggior parte dei player attribuiva la lentezza dei progressi nell’interiorizzare la questione alla mancanza d’iniziative da parte dei governi o delle autorità di regolamentazione. L’introduzione di nuove misure ha invece portato a un cambiamento positivo: il 56% del campione considera l’aumento della trasparenza e delle infrastrutture di dati un miglioramento significativo mentre, guardando al futuro, il 60% ritiene che i sussidi pubblici e i finanziamenti misti aumenteranno ulteriormente l’importanza dell’energia verde.
Articolo completo: www.focusrisparmio.com
Quanto pesano i costi sui fondi pensione
Da “IL PUNTO” – Il Sole 24 Ore – a cura di Marco Lo Conte
Sono passati quasi vent’anni dalla nascita del sistema previdenziale a più pilastri. La legge 252/2005, ricordata come la riforma del Tfr, ha sancito parità di trattamento fiscale e correttivi tra i fondi di secondo pilastro, ossia i fondi negoziali, e quelli di terzo pilastro o di mercato: fondi pensione aperti e Pip, ossia piani individuali pensionistici. Due sistemi che all’estero sono ben differenti, soprattutto dal punto di vista fiscale, in Italia sono stati unificati un un regime unico dal governo Berlusconi dell’epoca e confermati dal governo Prodi successivo, che ha dato attuazione alla riforma con il semestre di silenzio/assenso nel 2007.
Le ragioni di questa convergenza sono affidate alla storia e mettono sullo stesso piano e in concorrenza tra di loro forme previdenziali nate in sede di Ccnl amministrate da soggetti senza scopo di lucro e polizze vendute da intermediari economicamente motivati a farlo. Da una parte una spiccata frugalità dall’altra commissioni che pesano anche cinque volte quelle dei negoziali, a detrimento del sottoscrittore. A conti fatti non c’è partita: come spieghiamo su Il Sole 24 Ore, aggiornando analoghi calcoli effettuati in questi 19 anni, l’incidenza dei costi sul risultato finale è deflagrante: un punto percentuale di costo aggiuntivo si traduce nel 25% di montante ridotto, al termine dell’adesione. E’ un po’ come acquistare una utilitaria al prezzo di una fuoriserie. La differenza di valore la fa la consulenza previdenziale che l’intermediario veicola con il collocamento del prodotto. Ma com’è noto, i costi sono certi mentre la consulenza è difficile da valutare.
Il tema dei costi e dell’allineamento con le aspettative e le strategie di risparmiatori e investitori vanta una letteratura sterminata e decenni di dibattiti che, come in un gioco dell’oca, talvolta tornano al via: con la scoperta che i costi accusati da Pip e – in misura minore – dai fondi aperti riducono le aspettative dei sottoscrittori. Dimenticando la strada che ha portato a quest’assimilazione e al modo di ovviare a questi inconvenienti: per i lavoratori dipendenti, innanzitutto, ma anche per autonomi e professionisti, almeno per chi opera in territori che possono vantare un fondo pensione territoriale come Veneto, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta, dove le forma previdenziali negoziali hanno caratteristiche analoghe a quelle dei fondi negoziali. Qualche tentativo è stato fatto in altre regioni italiane ma, com’è noto, i prodotti concorrenziali sono spesso oggetto di una forte concorrenza.
PENSIONI AL RILANCIO
Intervista al Vicedirettore Generale di MEFOP, Paolo Pellegrini
MF del 29/06/24 di Carlo Giuro
L’incremento del tasso di adesione alla previdenza complementare in Italia è cruciale. Ecco cosa si può fare da subito.
(N.d.R. – Nell’articolo interessanti spunti dopo le considerazioni di COVIP in tema di adesioni, fiscalità, prestazioni. Ed anche la RITA.)