25 novembre Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

25 NOVEMBRE
“GIORNATA INTERNAZIONE PER L’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE”

Senza distinzione di età, religione, lingua, opinione politica e condizioni personali. No, non è l’art.3 della nostra Costituzione ma è la violenza di genere che trasversalmente colpisce donne italiane e migranti, di qualsiasi strato sociale, economico e culturale, senza distinzione di età, religione, lingua, opinione politica e condizioni personali.

Era il 25 novembre del 1960 quando Aida Patria Mercedes, Maria Argentina Minerva, Antonia Maria Teresa Mirabal, tre sorelle che con il nome di battaglia Las Mariposas combatterono la dittatura del dominicano Rafael Trujillo. Furono rapite da agenti del servizio segreto militare, torturate ed uccise. Il loro brutale assassinio risvegliò l’indignazione popolare che portò nel 1961 all’assassinio di Trujillo e successivamente alla fine della dittatura.

Era il 17 dicembre 1999 e l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione 54/134, dichiarò il 25 novembre Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne in loro memoria, invitando governi, organizzazioni internazionali e ONG ad organizzare in questo giorno attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica.

Era il 5 settembre del 1981 e in Italia fu abrogato il delitto d’onore approvato nell’ottobre 1930 con l’articolo 587 del Codice penale fascista, codice Rocco.

Oggi il delitto d’onore non esiste più, eppure permangono conseguenze di lungo periodo in una società che continua ad essere maschio-centrica.

Era l’11 maggio 2011 e il Comitato dei Ministri del Consiglio di Europa approva la Convenzione di Istanbul che fornisce per la prima volta una precisa definizione di tutte le forme di violenza contro le donne: per violenza nei confronti delle donne, si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata.

Era il 9 agosto del 2024 Lucia è morta. E’ morta per mano del marito, strangolata al culmine di una violenta lite. Lucia aveva 75 anni.

Era il 25 ottobre del 2024 Aurora è morta. E’ morta per mano del suo ex.
Aurora dopo essere stata spinta oltre il parapetto di un balcone al settimo piano, ha tentato disperatamente di aggrapparsi alla ringhiera, ma l’ex a quel punto l’ha colpita ripetutamente alle mani con il preciso obiettivo di farla cadere.
Aurora aveva 13 anni.

Lucia e Aurora sono rispettivamente la vittima più anziana e la vittima più giovane di femminicidio in Italia ad oggi. Ad oggi, perché questo contatore non si ferma mai.

La violenza di genere in Italia è un fenomeno diffuso e persistente che rappresenta, come detto, una delle principali violazioni dei diritti umani. La sua persistenza nel Paese riflette non solo un problema individuale, ma anche una questione strutturale e culturale. La violenza si può manifestare come violenza fisica, psicologica, sessuale, economica, sociale.

La violenza fisica comprende qualunque atto che ferisce, colpisce il corpo delle donne a mani nude o con oggetti.

La violenza psicologica comprende offese, ingiurie, denigrazioni, umiliazioni. Intimidazioni, minacce, controllo, che pongono la donna in una situazione di paura, ansia, e hanno l’obiettivo di ottenerne la sottomissione.

La violenza economica comprende sottrazione e controllo dello stipendio o delle risorse economiche della donna, l’imposizione di debiti contratti sotto minaccia o inganno, abbandono economico.

La violenza sessuale comprende qualunque contatto sessuale non desiderato e imposto alla donna, molestie, stupro. Viene spesso rimossa dalle donne quando è il partner a commetterla. Le vittime non sempre reagiscono allo stupro e ad ogni forma di violenza sessuale perché può accadere che in caso di aggressione si blocchino, si tratta di una forma di difesa ovvero una forma per evitare reazioni ancora più violente da parte dell’aggressore.

La violenza sociale comprende qualunque forma di isolamento che l’autore di violenza mette in atto per isolare la vittima da una rete di contatti sociali, amicali e famigliari e aumentare il proprio potere e controllo sulla sua vita. Viene attuata con la minaccia o con la manipolazione ovvero colpevolizzando la vittima di non dedicarsi al partner o di tradirne la fiducia e l’amore. La violenza sociale ha origine però in contesti molto diversi, quindi non c’è un’unica causa della violenza sociale, ma piuttosto ha molteplici origini.
Ad esempio, con la percezione della disuguaglianza. In molte occasioni, la violenza sociale viene esercitata in condizioni in cui gli individui percepiscono l’esistenza della disuguaglianza minorizzando il soggetto che si reputa “inferiore”, oppure l’obiettivo della violenza sociale è mantenere o aumentare il proprio status o potere sociale percependo una minaccia verso il potere stesso.

In Italia, i dati ufficiali mostrano come la violenza di genere sia una realtà quotidiana per molte donne. Secondo l’ISTAT, una donna su tre subisce violenza fisica o psicologica durante la propria vita. Gli episodi di femminicidio restano alti, con casi che coinvolgono spesso partner o ex partner, evidenziando come la violenza abbia radici in relazioni intime che dovrebbero essere di protezione e sicurezza. Questo fenomeno è reso ancora più complesso da una cultura che, in alcuni settori, tende a normalizzare o minimizzare la violenza, giustificando l’aggressore o colpevolizzando la vittima, ma il dato inquietante è che si sta abbassando l’età, delle vittime e dei carnefici, come abbiamo avuto modo di evidenziare nell’ultima proposta di lettura pubblicata lo scorso 11 novembre e disponibile sul sito nazionale nella nostra sezione dedicata.

Le cause della violenza di genere in Italia sono molteplici e si intrecciano con questioni economiche, educative e culturali. Stereotipi di genere rigidi e una visione patriarcale della società alimentano discriminazioni che relegano la donna a un ruolo subordinato, favorendo l’idea che l’uomo possa avere un controllo su di essa. Inoltre, la mancanza di educazione all’uguaglianza di genere fin dall’infanzia contribuisce a perpetuare questi modelli di comportamento.

La violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani e una conseguenza della discriminazione nei confronti delle donne, nella legge e anche nella pratica, nonché delle persistenti disuguaglianze tra uomini e donne. La violenza sulle donne non avviene in un vuoto, ma è il risultato di un complesso intreccio di caratteristiche dei contesti di vita in cui viviamo.
Famiglia, amicizie, scuola, lavoro, e media possono influenzare la probabilità che si verifichi una violenza, e possono farlo attraverso norme e pratiche condivise.

In un Paese in cui le donne hanno meno opportunità degli uomini di accedere a determinate risorse e ruoli ognuno di questi contesti prossimali tenderà a rispecchiare questa disparità, rafforzandola. Tale squilibrio di opportunità crea una società in cui la minore presenza delle donne nel mondo del lavoro o nella sfera politica diventa la norma, favorendo e rafforzando credenze e stereotipi che giustificano questa disparità con presunte differenze di conoscenze, abilità e competenze.

Nonostante principi di equità salariale, di non discriminazione, di pari opportunità, il divario retributivo in Europa si attesta al 13% pertanto le donne in Unione europea continuano a guadagnare meno degli uomini.

In concreto, significa che una donna guadagna 0,87 euro a fronte di 1 euro guadagnato da un uomo e che, alla fine dell’anno, è come se avesse ottenuto un mese e mezzo di stipendio in meno.

Che la situazione delle donne sia peggiorata non lo diciamo e denunciamo soltanto noi ma il GGGR Global Gender Gap, studio che è giunto quest’anno alla sua 18esima edizione e che analizza i dati paritari di 146 Paesi nel mondo.
Noi ci posizioniamo al 87 esimo posto. Dall’anno scorso abbiamo perso 8 posizioni. Negli ultimi due anni dal 2022 siamo scesi di 24 posizioni.

Lo studio è elaborato dal World Economic Forum e valuta annualmente lo stato attuale e l’evoluzione della parità di genere prendendo in esame quattro dimensioni chiave:

1. Partecipazione economica e opportunità,
2. Livello d’istruzione,
3. salute e sopravvivenza,
4. Emancipazione politica.

Per gli indicatori livello di istruzione e salute e sopravvivenza, si constatano minimi miglioramenti, dove comunque l’Italia è 94esima in classifica, mentre per gli indicatori partecipazione economica e opportunità ed empowerment politico persistono dati allarmanti, che sono lo specchio di una società che continua a mettere le donne in una situazione di svantaggio con il peggioramento di 7 posizioni 111esima. L’indicatore relativo all’empowerment/partecipazione delle donne in politica viene misurato grazie alla presenza di donne nei ministeri e nei livelli decisionali. Con solo il 36,1% dei seggi del Senato occupati da donne, infatti l’Italia arriva 67esima, peggiorando di 3 posizioni rispetto al 2023.

Raggiungere l’uguaglianza di genere aiuta a prevenire i conflitti e gli alti tassi di violenza contro le donne.

Il coraggio delle donne di denunciare le violenze non basta.

La cultura repressiva nei confronti delle donne “in quanto donne” è ancora estremamente presente.

La violenza di genere è un problema sistemico che deve essere affrontato con politiche integrate e attraverso la cooperazione fra organi e servizi a tutti i livelli, un impegno congiunto che coinvolga istituzioni, scuole, media e società civile. Investire nell’educazione, sensibilizzare le nuove generazioni all’importanza del rispetto reciproco e garantire un adeguato supporto alle vittime sono azioni essenziali per creare una società più giusta e sicura.

La prevenzione è possibile ed essenziale, e pensiamo che solo insieme possiamo lavorare per un cambio culturale che ancora oggi fatica a compiersi, possiamo lavorare a partire da noi.

Noi continueremo a non tacere, ad essere parte attiva nella costruzione di una società più equa, rispettosa ed inclusiva. Con l’azione, con la partecipazione, con la contrattazione, mosse dai valori che oggi più che mai solo la CGIL TUTTA rappresenta.

ESECUTIVO NAZIONALE DONNE

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