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Le parole sono potenti, le parole non sono neutrali, danno forma alle realtà, rappresentano pensieri e generano comportamenti. Il linguaggio democratico è un approccio comunicativo che cerca di riflettere e rispettare la diversità di identità, esperienze e culture delle persone, evitando l’uso di espressioni che possano escludere o marginalizzare determinati gruppi sociali.
Non si tratta solo di un cambio superficiale di termini, ma di un vero e proprio cambiamento di mentalità e di approccio che riguarda come concepiamo e rappresentiamo la realtà sociale. Inoltre, il linguaggio democratico non riguarda solo il genere, ma anche altri aspetti come l’orientamento sessuale, l’etnia, la disabilità e la classe sociale. Parlare di “persone con disabilità” invece di “disabili” e riconoscere l’esistenza di più identità sessuali e di genere, come non binarie o trans, permette di promuovere una cultura della pluralità e della comprensione.
Il cambiamento nei modelli linguistici non è immediato né uniforme, ma rappresenta un tentativo di adattare il linguaggio a una società che riconosce la dignità e il valore di ogni individuo, nella sua unicità. Con il linguaggio democratico si contribuisce a creare una società più equa, aperta e rispettosa, in cui ogni persona può sentirsi rappresentata e accolta senza dover rinunciare alla propria identità.
In sintesi, il linguaggio democratico non è solo un insieme di termini e regole grammaticali, ma una pratica che stimola una riflessione più profonda su come ci relazioniamo agli altri e sulla nostra percezione della diversità. Adottarlo è un passo verso una maggiore equità sociale, in cui ogni persona può essere visibile e rispettata per ciò che è, senza stereotipi o pregiudizi.
Ma prima di iniziare i nostri lavori, un breve cenno sulla pdr 125, la certificazione di genere che tante aziende anche del nostro settore stanno ottenendo. Dove però in tutto questo processo manca il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali anche in un’ottica di maggiore sensibilizzazione alle tematiche della parità. L’unica previsione intervenuta con il Dpcm del 29 aprile 2022 nei confronti delle organizzazioni sindacali è un’informativa annuale sulla parità di genere.
La certificazione di genere è il c,d. bollino rosa che attesta le politiche e le misure adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere, in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale e alla tutela della maternità.
Prevede l’adozione di specifici KPI – Indicatori chiave di prestazione- inerenti alle Politiche di parità di genere in 6 aree differenti a cui vengono attribuiti dei “pesi”:
1. Cultura e strategia
2. Governance
3. Processi HR
4. Opportunità di crescita ed inclusione delle donne in azienda
5. Equità remunerativa per genere
6. Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro.
“Cultura e strategia” è l’area volta a misurare che i principi e gli obiettivi di inclusione, parità di genere e attenzione alla gender diversity dell’organizzazione siano coerenti con la sua visione, le finalità e i valori che caratterizzano l’ambiente di lavoro, uno dei 7 kpi previsti nell’area “Cultura e Strategia” a cui viene attribuito un peso è proprio legato alla comunicazione ed al linguaggio:
– Presenza di attività di comunicazione interna e di sensibilizzazione che promuovano l’utilizzo di comportamenti e di un linguaggio in grado di garantire un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso delle diversità di genere.
Per il rilascio della certificazione di genere che dura 3 anni, serve un punteggio di almeno il 60%, e per il ri ottenimento serve un miglioramento nelle aree risultate carenti.
La certificazione di genere è facoltativa e non obbligatoria e le aziende che ottengono il c.d. bollino rosa possono godere di una serie di benefici quali:
♦ un esonero dal versamento dei contributi previdenziali;
♦ un punteggio premiale per la valutazione, per la concessione di aiuti di Stato;
♦ un punteggio premiale per la valutazione, per l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere.
E noi dobbiamo avere tutti gli strumenti per evidenziare le contraddizioni e chiamare a coerenza le nostre Aziende perché spesso quello viene magnificato poi non è praticato.
Per questo e non solo per questo, l’iniziativa seminariale di oggi “Con la lingua- pratiche di parità, lavoro, relazioni, sindacato”. In questa mattinata si offriranno le più recenti informazioni sulla pregnanza di un uso corretto della parola per implementare relazioni positive ed evitare molestie anche verbali, nel lavoro e nel sindacato.
Per farlo ci faremo aiutare da una esperta, la Professoressa Eleonora Pinzuti, Senior GenderExpert per Aziende, Enti, Istituzioni e Organizzazioni e Leader nei processi trasformativi. Si occupa di GenderViolence e Gender Equity, Inclusive Language e Safeguarding; ha sviluppato il metodo HerPowerment ed è Audit per Sistemi di Gestione e per la PDR 125, Gender Mentor e Formatrice Professionista, ha fondato il Network “Idra” L’impresa di essere donna. È inoltre referente A.I.S.F. per il linguaggio dei femminicidi e Assistente alla Didattica per Università di Siena.
ESECUTIVO DONNE FISAC/CGIL MILANO E LOMBARDIA