Dip.Fondi Pensione: NEWS di Febbraio 2025

PREVIDENZA COMPLEMENTARE:

 

IN LEGGE DI BILANCIO PREVISTO IL CONTRIBUTO DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE PER ACCEDERE AL PENSIONAMENTO ANTICIPATO.

CGIL, Ghiglione: Governo rafforza ingiustizie del sistema previdenziale

Alleghiamo un comunicato stampa riguardante un emendamento del Governo approvato ieri in Commissione. Questo emendamento introduce la possibilità di utilizzare la previdenza complementare per raggiungere l’importo soglia necessario per l’uscita anticipata da lavoro a 64 anni, destinata ai lavoratori che rientrano nel sistema contributivo.

In caso di utilizzo di questo cumulo, non saranno più richiesti 20 anni di contribuzione, ma, dal 2025 il requisito salirà a 25 anni e, dal 2030, a 30 anni.

Inoltre, è previsto un aumento dell’importo soglia a partire dal 2030. Tale importo passerà per tutti a 3,2 volte l’assegno sociale, ovvero circa 1.710 euro, con un incremento di 400 euro rispetto al 2022, quando l’importo era fissato a 2,8 volte l’assegno sociale.

le modifiche apportate rendono necessario approfondire il tema della Previdenza complementare il quale, perlomeno nel medio periodo, dovrà dare delle risposte diverse alle lavoratrici/lavoratori nell’ipotesi della scelta tra capitale alla rendita, al netto degli scenari riguardanti le modifiche alla RITA.

UFFICIO STAMPA

Pensioni: Cgil, Governo rafforza ingiustizie del sistema previdenziale

Roma, 17 dicembre – “Sulle pensioni questo Governo continua sulla strada intrapresa. Gli emendamenti presentati dall’Esecutivo alla Legge di Bilancio non solo non affrontano le disuguaglianze strutturali del sistema previdenziale italiano, ma certificano che nonostante le promesse di superamento della Legge Fornero, sarà questa l’unica norma con cui si potrà accedere al pensionamento oggi e in futuro”. È quanto denuncia la segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione commentando l’emendamento, votato in Commissione, che prevede la possibilità di uscita anticipata nel sistema contributivo a 64 anni attraverso il cumulo tra previdenza obbligatoria e complementare per raggiungere l’importo soglia.

Per la dirigente sindacale “la realtà è chiara: invece di rimuovere gli importi soglia, ormai irraggiungibili per la maggior parte dei lavoratori, il Governo propone strade alternative che non fanno altro che aggirare il problema. Anzi, si peggiorano nuovamente i requisiti: per coloro che utilizzeranno questa uscita non saranno più necessari 20 anni, ma dal 2025 ne saranno richiesti 25 e dal 2030 addirittura 30, con un importo soglia che in questo caso dovrà raggiungere 3,2 volte l’assegno sociale, ovvero 1.710 euro circa, 400 euro in più rispetto all’importo soglia del 2022”.

“Ancora una volta – prosegue Ghiglione – si peggiora la legge Monti-Fornero, quella norma così tanto criticata negli anni che continua ad essere consolidata e applicata, senza alcun intervento strutturale per superarla. In un mercato del lavoro caratterizzato da salari bassi e carriere discontinue, soprattutto per le donne, la platea di lavoratrici e lavoratori in grado di raggiungere l’importo soglia sarà minuscola. Basti pensare – sottolinea – a quelle 4 milioni di lavoratrici in part-time che, anche nel caso raggiungano i 40 anni di contribuzione, visto l’aggancio del requisito all’attesa di vita, potranno accedere al pensionamento solo dopo i 71 anni di età e oltre”.

“È un messaggio chiaro: il futuro previdenziale delle lavoratrici e dei lavoratori e l’equità non sono priorità di questo Governo, e lo dimostrano anche altri emendamenti, come quello che prevede l’aumento della maggiorazione sociale di soli 8 euro al mese, e quello poi stralciato a favore delle retribuzioni dei ministri non eletti”. Per la segretaria confederale della Cgil “servono invece interventi strutturali per garantire pensioni dignitose a chi ha svolto lavori faticosi e a chi ha retribuzioni basse, e per riconoscere il lavoro di cura. Bisogna affrontare l’emergenza salariale e lavorativa, che incide direttamente sulla sostenibilità previdenziale”.

Fondi pensione: nel 2024 salgono iscritti, rendimenti e contributi

di Marco Rogari – Il sole 24 ore 30/1/25

Un andamento sostanzialmente positivo. Con una crescita dell’8,2% delle risorse destinate alle prestazioni, del 7% dei contributi incassati e del 4,2% delle adesioni. È quello che ha caratterizzato nel 2024 il pianeta della previdenza integrativa, dopo la ripartenza del 2023. A certificarlo è la Covip, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, nell’ultimo monitoraggio in cui afferma che «al pari dell’anno precedente, anche nel 2024 i rendimenti delle forme di previdenza complementare sono risultati positivi, con valori più elevati per le gestioni con una maggiore esposizione azionaria»: in media dal 10,4% nei fondi negoziali ed in quelli aperti e del 13% nei Pip.

Dopo la ripartenza del 2023, la previdenza integrativa chiude il 2024 con un andamento sostanzialmente positivo. Anche se continua a mancare un vero cambio di marcia. Alla fine dello scorso dicembre le adesioni sono aumentate del 4,2%, attestandosi a 11,1 milioni, le risorse destinate alle prestazioni hanno raggiunto i 243 miliardi, in crescita dell’8,2%. E per i comparti azionari sono stati registrati rendimenti, in media, del 10,4% nei fondi negoziali ed in quelli aperti e del 13% nei Pip (Piani individuali pensionistici). Mentre nelle linee bilanciate sono stati, sempre in media, pari al 6,4% nei fondi negoziali, al 6,6% nei fondi aperti e al 7% nei Pip. Risultati inferiori sono stati rilevati per i comparti obbligazionari e garantiti. A dare conto dell’andamento negli scorsi dodici mesi delle forme di previdenza complementare è l’ultimo monitoraggio della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip).

Iscritti a quota 9,950 milioni

Dalla fotografia scattata dalla Covip emerge che alla fine del 2024 il totale delle «posizioni in essere» delle forme pensionistiche complementari è risultato di 11,1 milioni: +4,2% sul 2023. A queste adesioni, che includono anche quelle di chi aderisce contemporaneamente a più forme, «corrisponde un totale degli iscritti di 9,950 milioni», afferma l’Authority. Che evidenzia come nei fondi negoziali le posizioni siano cresciute di 227.300 unità (+5,7%) per un totale di 4,245 milioni. Nelle forme pensionistiche di mercato, la Covip ha contato 133.900 posizioni in più nei fondi aperti (+6,9%) e 83.500 in più nei Pip (+2,2%) per un bacino complessivo, rispettivamente, di 2,084 milioni e 3,865 milioni di adesioni.

Per i comparti azionari rendimenti medi tra il 10,4% e il 13%

La Covip evidenzia che «al pari dell’anno precedente, anche nel 2024 i rendimenti delle forme di previdenza complementare sono risultati positivi, con valori più elevati per le gestioni con una maggiore esposizione azionaria». L’Authority, in particolare, fa notare che per i comparti azionari si riscontrano rendimenti medi pari al 10,4% nei fondi negoziali ed in quelli aperti e al 13% per i Pip. «Nelle linee bilanciate – si legge nel dossier – i risultati sono in media pari al 6,4% nei fondi negoziali, al 6,6% nei fondi aperti e al 7% nei Pip. Rendimenti medi inferiori, ma comunque positivi, si rilevano per i comparti obbligazionari e garantiti».

La forbice con il Tfr

L’Authority fa poi una valutazione a più lungo raggio, «su orizzonti temporali più coerenti con le finalità del risparmio previdenziale». Nel dossier si afferma che negli ultimi dieci anni (dall’inizio del 2014 alla fine del 2024) i rendimenti medi annui composti delle linee a maggiore contenuto azionario si collocano intorno al 4,5% per tutte le tipologie di forme pensionistiche. In particolare, per le linee bilanciate i rendimenti medi sono compresi tra l’1,7 e il 2,7%. La Covip poi osserva che la maggior parte delle linee garantite e obbligazionarie mostra invece rendimenti medi positivi ma inferiori all’1% e che le gestioni separate di ramo I dei Pip, che contabilizzano le attività a costo storico e non al valore di mercato, ottengono un rendimento medio dell’1,6%. Nello stesso periodo la rivalutazione del Tfr è risultata pari al 2,4%. «Osservando la distribuzione dei risultati dei singoli comparti tra le diverse tipologie di forma pensionistica e le diverse linee di investimento, tutti i comparti azionari – afferma la Commissione di vigilanza sui fondi pensione – e anche una buona parte dei bilanciati mostrano rendimenti più elevati rispetto ai comparti obbligazionari e a quelli garantiti oltreché al Tfr».


 

SANITA’ INTEGRATIVA:

 

I principali punti del terzo Reporting system dell'Anagrafe dei fondi sanitari

di Maria Dilorenzo

Dal sito www.mefop.it

Il Ministero della Salute ha recentemente pubblicato il terzo rapporto su “I Fondi sanitari integrativi in Italia”.

Il rapporto, come i precedenti, si propone di presentare un’analisi descrittiva dei dati aggregati raccolti nel Sistema informativo anagrafe dei fondi sanitari (SIAF), con un particolare focus in relazione agli anni di attestazione 2021, 2022, 2023.

L’analisi, basandosi sui dati forniti dai fondi che hanno effettuato l’iscrizione all’anagrafe dei fondi sanitari, ad oggi volontaria, rappresenta uno spaccato ancora non esaustivo ma sicuramente rappresentativo.

Il numero di attestati rilasciati dall’anagrafe nel 2023 è stato pari a 324, con oscillazioni storiche piuttosto ridotte e legate per lo più a dinamiche casuali, si conferma negli ultimi anni una tendenziale stabilizzazione nel numero di attestazioni, comunque cresciute in maniera rilevante rispetto al primo anno di rilevazione da parte dell’anagrafe.

Disaggregando il dato del numero totale degli attestati rilasciati si conferma un’assoluta maggioranza di Fondi di tipologia B, ovvero Enti, Casse e Società di Mutuo Soccorso aventi esclusivamente fine assistenziale rispetto a quelli di tipologia A, ovvero i Fondi Sanitari Integrativi del Servizio Sanitario Nazionale istituiti o adeguati ai sensi dell’art. 9 del D.lgs. n. 502/1992 (96% di fondi di tipologia B nel 2023, ovvero 311 contro i 13 di tipologia A).

Dati e grafici sul sito: www.mefop.it

Fondi sanitari, cresce il pressing per una legge quadro del settore

Sono 324 i fondi sanitari in Italia e nel 2023 hanno erogato oltre 3 miliardi di euro di prestazioni. Conclusa l’indagine parlamentare, si attendono le proposte

Di Vitaliano D’Angerio – Il Sole 24 Ore – 6 febbraio 2025

Le prospettive della sanità privata integrativa del SSN tra vincoli di finanza pubblica e invecchiamento

Dal sito: www.itinerariprevidenziali.it

Nonostante il continuo aumento delle forme sanitarie integrative e del numero di iscritti – che riporta alla memoria e replica esattamente nei numeri la situazione dei fondi pensione “ante 1993” (circa 1.000 forme e 1,6 milioni di iscritti) – permane, come per i fondi pensione nel 1993, la mancanza di una legge quadro che regoli quelle che da qui in poi (ma occorrerà l’accordo di tutti) potremmo chiamare “forme di assistenza socio-sanitaria integrativa” e ne preveda il monitoraggio e la vigilanza. Gli iscritti, secondo gli ultimi dati del Ministero della Salute, sono oltre 16,2 milioni tra lavoratori, pensionati e persone a carico; le forme 324 ma si è toccata anche la punta di 334 e forse più, visto che non c’è alcun obbligo di iscrizione all’Anagrafe ministeriale.

Siamo però ancora molto distanti da una legge quadro sul modello della previdenza complementare, considerando che ancora oggi non c’è neppure l’obbligo di pubblicazione dei bilanci, non c’è vigilanza, riserva tecnica e vige ancora l’anacronistica iscrizione annuale.

Per questo diviene sempre più urgente, anche per salvaguardare il sistema e gli iscritti, discutere su quale normativa adottare (modello previdenza complementare?), quale vigilanza, quali prestazioni, quali sinergie sviluppare tra pubblico e privato (il sistema delle convenzioni) e tra fondi pensione e fondi socio-sanitari.

 

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