
La Fisac Cgil Lombardia lancia l’allarme: le recenti delibere regionali rischiano di trasformare il Servizio Sanitario Nazionale in un sistema sempre più privatizzato, dove la possibilità di curarsi dipende dal reddito. In questa intervista, il sindacato dei lavoratori del credito e delle assicurazioni spiega perché si tratta di una scelta pericolosa per tutti i cittadini.
Perché avete deciso di intervenire pubblicamente sulla sanità lombarda?
L’ultima delibera regionale, la n. 4986/2025, è un ulteriore passo verso lo smantellamento del Servizio Sanitario Nazionale pubblico. Invece di rafforzare la sanità pubblica con investimenti e personale, la Regione favorisce fondi integrativi, mutue e assicurazioni. Ciò che dovrebbe essere un’integrazione rischia di diventare una sostituzione delle cure pubbliche.
La Regione giustifica queste misure parlando di un uso crescente della sanità integrativa da parte dei cittadini. È così?
La domanda è mal posta. Le persone ricorrono alla sanità privata perché le liste d’attesa nel pubblico sono diventate insostenibili, e questo accade a causa della carenza di personale e risorse. Invece di risolvere il problema assumendo medici e infermieri o potenziando le strutture pubbliche, la Giunta sta incentivando ulteriormente il ricorso al privato. È un circolo vizioso costruito scientemente.
Voi parlate di un sistema “a tre classi”. In cosa consiste?
Sta emergendo un modello sanitario a tre velocità:
- Chi può pagare di tasca propria si rivolge direttamente al privato.
- Chi ha fondi sanitari integrativi o polizze aziendali può saltare la fila.
- Chi dipende esclusivamente dal Servizio Sanitario Nazionale resta nelle liste d’attesa, sempre più lunghe.
Questo modello nega i principi di universalità, uguaglianza ed equità alla base della nostra sanità pubblica.
Che impatto potrebbe avere tutto questo sul welfare aziendale e sulle polizze sanitarie integrative?
È un aspetto gravissimo e spesso ignorato. Le polizze sanitarie contrattuali sono nate per integrare il pubblico, non per sostituirlo. Se il sistema pubblico arretra, queste coperture verranno utilizzate per prestazioni essenziali, con un aumento enorme dei costi. I premi assicurativi salirebbero rapidamente e il welfare aziendale, oggi un beneficio, rischia di trasformarsi in un costo insostenibile sia per le aziende che per i lavoratori.
C’è anche un rischio storico che state evidenziando, corretto?
Sì. Prima del 1978 avevamo le mutue, un sistema frammentato e diseguale. Fallì, sia economicamente sia sul piano dei diritti. Il Servizio Sanitario Nazionale nacque per garantire uguaglianza e sostenibilità. Tornare oggi a un modello mutualistico mascherato è un errore che può portare di nuovo al collasso economico e a diseguaglianze drammatiche.
Qual è allora la vostra proposta?
Rafforzare seriamente la sanità pubblica. Servono più assunzioni, investimenti strutturali, riduzione vera delle liste d’attesa e utilizzo trasparente delle risorse pubbliche. Il welfare aziendale deve tornare a essere un supporto, non la stampella su cui regge il diritto alla salute.
Il vostro messaggio finale ai cittadini e ai lavoratori?
La salute non è un privilegio né un vantaggio aziendale: è un diritto. Difendere il Servizio Sanitario Nazionale significa difendere tutti, e anche preservare il valore del welfare aziendale conquistato negli anni. Ci mobiliteremo per invertire questa deriva. Il modello misto proposto oggi porta diseguaglianze: noi difendiamo un sistema pubblico equo, universale e solidale.