Dopo la positiva conclusione della vertenza sul Contratto Nazionale di Lavoro in ABI, con i lavoratori che, in Emilia Romagna, hanno approvato l’intesa con il 98% di consensi, dimostrando una consapevolezza ed una responsabilità costruita attraverso un percorso vertenziale trasparente che non ha mai nascosto le difficoltà evidenti del settore, nella consapevolezza che proprio il rinnovo del contratto poteva essere il viatico per risalire una china certamente preoccupante.
Con la ripresa delle trattative nelle aziende si sono aperte una serie di procedure relative a ristrutturazioni aziendali, ma anche procedure propedeutiche ad evitare i licenziamenti collettivi, in aziende in conclamata ed evidente crisi.
Le ristrutturazioni hanno riguardato banche in difficoltà congiunturale che attraverso la chiusura di filiali hanno dichiarato esuberi di personale con l’obiettivo dichiarato di tagliare il costo del lavoro.
In particolare per quanto riguarda Banca Carim l’azienda si era presentata al tavolo con l’intento di chiudere tutte le filiali del Molise e dell’Abruzzo trasferendo i lavoratori interessati alla direzione di Rimini. La ricerca pervicace di altre soluzioni (cessione delle filiali e dei dipendenti ad altre banche) ha ristretto al minimo i trasferimenti e l’utilizzo degli ammortizzatori di settore hanno attenuato fortemente l’impatto del taglio sugli stipendi dei lavoratori.
Anche per quanto riguarda Unipol Banca la procedura prevedeva esuberi derivanti dalla chiusura di 30 filiali ed in questo caso alla chiusura i lavoratori si sposteranno nelle filiali limitrofe. L’utilizzo del fondo esuberi apre all’uscita dei lavoratori in esubero attraverso lo scivolo contrattuale.
Le crisi conclamate sono relative a due aziende, una BCC (Banca Romagna Cooperativa), e la Cassa di Risparmio di Ferrara, due banche in Amministrazione Straordinaria da due anni.
In questo lungo periodo il settore e la Banca d’Italia, in qualità di Vigilante, non sono riusciti ad individuare soluzioni per riportare le aziende “in bonis” attraverso l’acquisizione da parte di altri Istituti di Credito. Nel frattempo la situazione è continuata a peggiorare arrivando al totale azzeramento del patrimonio aziendale.
Nei due casi il salvataggio viene effettuato attraverso l’intervento del Fondo di Garanzia.
Nel caso della BCC Banca Romagna Cooperativa il salvataggio avviene attraverso il vettore Banca Sviluppo (creata dal movimento per il salvataggio delle BCC in difficoltà) che utilizzando i soldi del Fondo (45 milioni di euro) acquista le attività e le passività passando dalla liquidazione di BRC ed il conseguente azzeramento del Capitale sociale.
Qui si inserisce il difficilissimo accordo sindacale fatto di un preliminare che condivideva il taglio complessivo del costo del lavoro ed una serie di strumenti che sono stati attivati per raggiungere l’obiettivo a fine percorso, garantendo comunque l’occupazione ed il passaggio alla nuova azienda di tutti i lavoratori interessati.
E’ probabile però che i problemi in Emilia Romagna non restino circoscritti a BRC, infatti su 20 BCC ben 5 chiudono il 2014 in perdita. La crisi del movimento, la sua incapacità di fare sistema, il ruolo ormai marginale delle Federazioni Regionali, dovrebbe far suonare un campanello d’allarme; è urgente e non più rinviabile una riforma radicale del sistema di governo delle BCC per evitare che a pagare siano sempre, come è successo in BRC i lavoratori che hanno visto un taglio pesante dei salari (11% medio) ed i soci con l’azzeramento delle quote sociali ed un impatto reputazionale negativo sul territorio che riguarda l’intero movimento.
In Cassa di Risparmio di Ferrara il Fondo di Garanzia interviene direttamente ricapitalizzando la banca con 300 milioni, coprendo quasi interamente le ingenti perdite che l’azienda ha accumulato in questi due anni di commissariamento.
Carife torna “in Bonis” con un nuovo consiglio di amministrazione deciso prevalentemente dal Fondo di Garanzia e con un nuovo valore dell’azione quasi azzerato (0,27 €). Anche in questo caso pagano i dipendenti (due accordi, un primo con un taglio del salario medio del 13% e l’utilizzo del fondo esodi per 135 colleghi ed un secondo che prevede 60 esuberi che verranno assorbiti con un secondo scivolo di coloro più vicini alla pensione, evitando comunque i licenziamenti collettivi) ed i soci (il valore dell’azione ante commissariamento era di 5€ ma qualche socio ha in portafoglio prezzi di carico ben superiori dai 5€ fino a 21€) con un evidente distruzione di valore per il territorio se si considera che il maggior azionista della Cassa era la Fondazione che resta uno dei maggiori responsabili di questa tragedia finanziaria. Proprio questo legame tra Banca e Fondazione è un altro dei temi da affrontare anche alla luce della normativa europea che impone alle Fondazioni stesse di vendere le azioni della banca quando queste superano il 50% del patrimonio complessivo.
In questa fase è evidente come, mentre per le grandi banche sia passata la fase più difficile, è appena iniziata la rivisitazione del sistema delle medio piccole; per questo si pongono con forza alcune domande:
- cosa vuol fare il sistema del tessuto di piccole e medie banche ancora molto presente in Italia ed in particolare in Emilia Romagna? E’ infatti evidente che il Fondo di Garanzia non possa intervenire in soccorso di tutte, ma soprattutto l’avvicinarsi della partenza del cosiddetto “bail in”, oltre a non permettere quanto meno in questi termini ulteriori interventi di ricapitalizzazione, certamente non avvantaggerà in termini di sicurezza per i depositanti i piccoli e medi istituti di credito che a livello patrimoniale danno sicuramente meno garanzie in caso di difficoltà;
- cosa pensa di fare il sindacato per affrontare questa sfida? Il contratto nazionale appena firmato è una cornice importante, ma vanno sviluppati con urgenza una serie di nuove coperture che si affianchino al Fondo di sostegno al reddito. E’ urgente riformare il FOC per un utilizzo più flessibile che non si fermi alla nuova occupazione, ma costituisca un nuovo polmone per la solidarietà difensiva ed espansiva creando un nuovo ammortizzatore di settore;
- l’unità sindacale è un valore per tutti? L’ultima trattativa sul CCNL ha dimostrato come l’unità sindacale sia un valore aggiunto importante al raggiungimento dei nostri obiettivi, ma nelle trattative aziendali purtroppo spesso avviene l’esatto contrario; sempre più spesso manca una assunzione di responsabilità collettiva attraverso un percorso trasparente e democratico con i lavoratori interessati, purtroppo a volte prevale un interesse di parte, strumentale, che divide i lavoratori ed esula dal mandato democratico degli stessi.
Ci attende un autunno difficile e pieno di insidie e di sfide per noi e per le aziende, per affrontarle al meglio è necessario ricostruire la fiducia tra Organizzazioni Sindacali tornando a parlare di merito, isolando questi comportamenti fuorvianti e spesso denigratori
Bologna, 27 luglio 2015