Rsa Pisa: Lettera dal “fronte” 2

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Scrivo questo pensiero durante un giorno di ferie. Strano vero?

Durante le ferie dovremmo rilassarci, staccarci dalla routine quotidiana, ritrovare un po’ di tranquillità. Ultimamente invece è diventato il momento durante il quale ci si ferma a pensare, a rendersi conto di quanto la nostra vita sia condizionata dal lavoro diventato negli ultimi tempi sempre più totalizzante sia da un punto di vista fisico che mentale. Fa riflettere il fatto che nei momenti di lontananza dal lavoro si continui inconsciamente a pensarci. Molti di noi, giovani e meno giovani, di notte sognano quello che hanno fatto o dovranno fare il giorno dopo.
Se pensiamo poi a quello che ci attende il giorno del rientro, ” l’effetto ferie ” svanisce in un attimo. In primis perché bisogna leggere le circa 80-100 mail settimanali che ti sono arrivate durante la tua assenza, cosa che devi fare in tempi brevi perché, subito dopo, tra un cliente e l’altro, occorre eseguire i circa 10/12 contatti quotidiani recuperando quelli non fatti durante le ferie. Poi devi, in tutti i modi, cercare di fare due atti di vendita, tra una pratica e l’altra, possibilmente entro le 13 e se non è stato possibile devi  recuperare il pomeriggio. Infine tra un lync e l’altro, e dopo aver risposto in media a circa 20/30 telefonate, devi predisporre gli appuntamenti per il giorno successivo.

Da quando è partito il nuovo progetto di ristrutturazione e con l’impostazione data dalla nostra DTM, tutto è programmato, pianificato, scadenzato. Gli obiettivi devono essere raggiunti, su questo non si discute. Non è possibile? Tutto viene scritto nero su bianco e in qualche modo preteso o urlato come se ciò che è stato pianificato “in alto” fosse certamente realizzabile. Tutti i giorni, o quasi, arrivano le classifiche delle filiali della DTM e tutti i giorni c’è sempre un’ultima filiale messa alla gogna.

Se non si raggiungono gli obiettivi ci viene ripetuto che non siamo stati capaci ad organizzare il nostro tempo e che non diamo la giusta attenzione a quello che dobbiamo fare, considerato che è semplice perché è tutto scritto sul piano di lavoro. Tutte le giustificazioni, anche le più oggettive, sono considerate un “vigliacco tentativo di crearsi un alibi” (pensiamo alle procedure che spesso non funzionano, ai clienti che vengono in filiale per le certif/Isee, 730, ai blocchi Kyc, alle Fatca, ecc.ecc).

Le pressioni sono pesantissime e continue. Il tempo per fare tutto ovviamente non basta e quindi siamo portati a fare delle scelte obbligate: “questa pratica mi fa fare atti di vendita? No. Allora la rimando. La normativa è importante, lo so, ma non posso mettermi a leggerla se non ho ancora fatto i contatti. I corsi “on line” li devo fare, lo so, ma poi rimango indietro con la produzione”. Veniamo valutati per prestazione, mensile, settimanale, giornaliera e a volte oraria.

L’aspetto che rende tutto questo come una sorta di schiavitù è che ogni mese si riparte da zero (basta vedere le facce dei colleghi i  rimi del mese). Non conta quello che hai fatto il mese precedente. Ed ogni giorno riparti da zero, perché tutte le sere devi aver prodotto almeno gli atti di vendita previsti dal progetto e comunicarli al tuo titolare che a sua volta li comunica in DTM. Ci viene ripetuto che siamo pagati per questo e che se qualcuno di noi non riesce a svolgere bene il proprio lavoro , beh vorrà dire che sarà demansionato. Queste sono le continue pressioni psicologiche cui siamo sottoposti quando qualcosa non va.

Siamo entrati in un meccanismo dove tutto quello che facciamo non basta mai. I budget sono diventati ormai personali e quando siamo indietro su alcuni prodotti, i colleghi assegnatari di quelle campagne vengono subito identificati come responsabili dell’insuccesso, incapaci e inadeguati nello svolgere le mansioni assegnate. A nessuno viene mai in mente che i budget sono spesso irraggiungibili, che i clienti sono stufi di essere chiamati un mese sì ed un mese sì, che il cliente non è sempre felice , contento e pronto ad acquistare tutto ciò che proponiamo.  

Quanto possiamo resistere a questi ritmi? Questa è la domanda che ci stiamo facendo un po’ tutti. E perché tutto questo e in questo modo? C’è chi sopporta meglio lo stress, ma molti di noi cominciano a soffrire d’insonnia, ansia, tachicardia e non vediamo una via d’uscita. Scusate l’amarezza e lo sfogo, ma con il lavoro impostato a queste condizioni, quale sarà il nostro futuro?

lettera non anonima

Pisa, 06.06.2016

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