Banco di Sardegna: ‘nemo propheta in patria’

3 - Fisac Cgil

Le Segreterie di Coordinamento del Banco di Sardegna


Siamo un’azienda che si basa sulla consulenza e sulla capacità di stabilire rapporti con la clientela. Le persone e la loro attitudine relazionale, professionale e commerciale fanno la differenza.

Negli ultimi mesi, abbiamo assistito all’ingresso di tanti nuovi colleghi al Banco di Sardegna, che, anche se in buona parte previsti negli accordi sugli esodi, sono sicuramente un bel segnale dopo che la mancata pianificazione delle uscite e l’evidente impossibilità di percorsi di affiancamento ha creato enormi disagi soprattutto nella rete. La carenza di organico che caratterizza molte filiali, si riscontra anche in alcuni nuovi uffici di centro e semicentro, dove le risorse non sono correttamente pesate rispetto alle recenti necessità operative. È evidente che le scelte gestionali vengono fatte senza lungimiranza.

Insieme a dei giovani laureati, c’è stata, mai come prima finora, anche l’assunzione di numerosi colleghi da altre realtà del credito e assicurative, e in diversi casi con riconoscimenti di inquadramenti elevati, selezionati, nell’idea di chi ha promosso tale iniziativa, per ricoprire anche ruoli importanti, direttivi e dirigenziali, in Servizi e Uffici specializzati, che sono un punto di riferimento per le ambizioni di crescita di tanti colleghi.

Questo fenomeno non avviene in una Banca in espansione che apre nuove filiali e serve nuovi territori, ma in una banca storica e consolidata, che in una logica di Gruppo ha subito e sta subendo anche un ridimensionamento importante sia in termini di territori che di organici.

Il risultato di questi nuovi ingressi, senza nulla avere contro i colleghi a cui facciamo i migliori auguri di benvenuto, è quello di limitare ulteriormente posti di responsabilità per coloro che lavorano con impegno e abnegazione da molti anni e che vedono ridursi fortemente le loro ambizioni di crescita all’interno della nostra azienda, complice anche il nuovo assetto organizzativo.

Per tanti colleghi che in questi anni hanno fatto enormi sacrifici e si sono fatti letteralmente in quattro, per supplire alle enormi carenze di organico e organizzative, sono, purtroppo, letteralmente svanite le possibilità di crescita professionale ed economica come riconoscimento a tale abnegazione.
Tale negazione di riconoscimenti nonostante l’impegno e attaccamento al lavoro è stato un vero fulmine a ciel sereno.
Si ha l’impressione che fuori dagli accordi con le OO.SS. non vengano riconosciuti i giusti meriti a chi ha “tirato la carretta” o macina decine di chilometri giornalmente con rimborsi che non coprono più il deterioramento delle auto private utilizzate.

Il segnale che viene dato e percepito è quello di non essere all’altezza, e che, all’interno della nostra Banca non ci sono persone in grado di ricoprire quei ruoli.

Ma è questa una cosa possibile in una Banca con quasi duemila dipendenti?

La mancanza di programmazione, di una formazione seria, della creazione di percorsi di crescita professionale, non sono certo da imputare ai colleghi ma a chi, negli anni passati, ha pensato solamente a ridurre il costincome piuttosto che a fare grandi investimenti di prospettiva.
Ci è stato detto che mancano i cavalli di razza in questa azienda. Ma ci pare che la razza sia qualcosa che si misura alla nascita; per divenire un buon cavallo da corsa ci vuole tanto allenamento. Oppure si vuol far capire che gran parte del personale ha dei limiti che non potrà mai valicare?

Per questi motivi, ci lascia molto contrariati e perplessi che non si sia data priorità ad una selezione interna per individuare dei profili all’altezza, tra i tanti colleghi, che l’azienda dovrebbe conoscere nei minimi dettagli, e che hanno dimostrato negli anni la loro professionalità, serietà, competenza, affidabilità e non certo come ultimo particolare l’attaccamento alla nostra azienda.
Ma evidentemente non è così, vista la necessità che si è venuta a creare, complice anche gli esodi, di dover tappare diversi “buchi” con personale fuori ruolo.

Come mai in questi anni non abbiamo aperto dei cantieri di formazione finalizzati alla creazione di quei ruoli che abbiamo dovuto attingere dall’esterno? I piani industriali sono diretta emanazione della volontà aziendale, non cadono certo dal cielo in maniera improvvisa.

Un’ulteriore prova del disagio dei colleghi è testimoniata dai tanti, troppi, colleghi che negli ultimi anni hanno dato le dimissioni e questo non ha riguardato solo i neoassunti ma molti con competenze professionali elevate e su cui la Banca aveva investito tempo e risorse, ma non i riconoscimenti dovuti, tali da fidelizzarli alla causa.

Quello che abbiamo appurato, parlando con loro, è che quasi sempre le loro scelte sono state determinate da una sorta di solitudine e isolamento in cui sono stati lasciati con interlocuzioni rare e carenti nelle risposte e nei contenuti.
L’assoluta mancanza di prospettive, di tempi di adibizione nei ruoli, di percorsi di crescita professionale, di attenzione economica e di tempistica nell’adibizione in sedi e incarichi disagiati, non ha lasciato loro altra scelta, che cercare altrove.
Una distanza reale, non solamente percepita, che ha portato molti colleghi a temere o rifuggire i colloqui personali. Se non mi fido del mio interlocutore e del fine reale di quel colloquio che non è conoscitivo e non percepisce i disagi espressi, perché dovrei mostrargli le aspirazioni o perplessità? Starò semplicemente in silenzio e mi affiderò a comunicazioni formali.

Gli ultimi dieci anni sono stati caratterizzati da una scarsa rotazione nei ruoli apicali, interrottasi parzialmente solo nell’ultimo periodo. Questo, oltre a determinare la creazione di “gruppi di potere” che hanno favorito nell’assegnazione degli incarichi le appartenenze a discapito della professionalità e delle competenze, ha impedito la crescita naturale e graduale delle professionalità di tanti colleghi, spesso mascherando in maniera strumentale tale lacuna con la mancata disponibilità del collega, con la conseguenza che si sono rese necessarie improvvisamente delle assunzioni esterne profumatamente pagate. Se un collega in maniera costruttiva propone idee e soluzioni diviene immediatamente un collega con un brutto carattere, non ricettivo e proattivo.
Da qui la rassegnazione dei colleghi rispetto alle destinazioni.

Tutte queste carenze e comportamenti distorsivi, i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti, hanno un corrispettivo economico molto elevato, con un danno per l’azienda rilevantissimo, oltre che percepire, in Uffici e Filiali, un clima di fredda rassegnazione.

Solitamente, nella nostra Azienda, se una Filiale va male e non produce risultati economici, il Direttore, tranne qualche eccezione, viene sostituito. Non succede a chi invece, con le sue decisioni produce danni molto più importanti che pregiudicano la crescita e il futuro della nostra azienda.

Il nuovo modello distributivo, che ha coinvolto un numero rilevantissimo di colleghi, ha confermato una volta di più l’assoluta mancanza di programmazione e di attenzione nella gestione delle risorse.

Numerosi colleghi, che ricoprivano con impegno il proprio ruolo, sono stati riportati in ruoli precedenti, non dipendenti del terzo gruppo italiano, ma pedine capitate nella casella sbagliata del gioco dell’oca. Oppure si è creato il paradosso di vedere, ancora una volta, colleghi meritevoli, ma con inquadramenti imbarazzanti fermi da tantissimo tempo, avere nelle proprie responsabilità la gestione o il coordinamento di risorse con inquadramenti più alti. Di sicuro la responsabilità non è la mancanza” di accordi”, in quanto i sacrifici e la dedizione posti sul luogo di lavoro vanno riconosciuti da un’Azienda che tiene al benessere ed alla crescita dei propri collaboratori a prescindere dall’appartenenze ad alcune élite.

Fa molto male in questi giorni sentire tanta delusione e frustrazione in moltissimi colleghi.

Una soluzione ci sarebbe, invece di ammantare tutte le scelte con logiche e politiche industriali infallibili, si potrebbe semplicemente dire che si vuole risparmiare sui costi e, se qualcosa non andrà bene, la colpa sarà del collega ultimo col cerino in mano.

Sicuramente c’è ancora il tempo per dare un forte segnale di valorizzazione, attenzione e rispetto, e per ricreare all’interno della nostra Azienda un clima positivo ma occorre farlo prima che la frattura diventi insanabile e le sporadiche dimissioni riportate in precedenza inizino a diventare un fenomeno preoccupante e diffuso.

Sassari, 20.02.2024

Le Segreterie di Coordinamento Banco di Sardegna
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA – UNISIN

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