Sabato 29 marzo, allo slogan ‘Palestina libera’ migliaia di persone hanno sfilato a Firenze in occasione di una manifestazione che ha voluto “chiedere con forza la fine della guerra a Gaza e dell’Occupazione, il rispetto del diritto internazionale e l’immediata apertura di un percorso politico di pace giusta per il popolo palestinese”.
Riportiamo di seguito un ulteriore approfondimento sulle condizioni di vita oggi a Gaza e legate al mondo delle banche.
Conto in banca inutile: senza contanti non si sopravvive
A Gaza, avere denaro sul conto corrente non garantisce più la sopravvivenza. Gli sportelli bancomat sono distrutti, le banche chiuse o crollate sotto le macerie. In un contesto di guerra e assedio, ottenere qualche banconota è diventato un incubo quotidiano. Le commissioni per il ritiro di contanti arrivano fino al 35%, e chi riesce a ottenere denaro liquido lo fa a costo di enormi sacrifici.
Prezzi alle stelle e beni di prima necessità fuori portata
Alla scarsità di contanti si somma un’inflazione vertiginosa. I sacchi di farina costano il doppio, l’olio da cucina si vende a cucchiaiate, e verdure un tempo scartate oggi hanno prezzi inaccessibili. Senza contanti, le famiglie non riescono a procurarsi cibo, acqua o medicine. Solo chi è disposto a pagare qualunque prezzo può sperare di nutrire i propri cari.
Disinformazione e speculazione aggravano la crisi
La crisi è alimentata da voci diffuse ad arte, come la presunta chiusura di strade o la presenza dell’esercito. Diffuse da venditori senza scrupoli, servono a creare panico, bloccare i flussi di beni tra nord e sud e alimentare il mercato nero. Il risultato? Prezzi ancora più alti e una popolazione sempre più disperata.
Baratto, debiti e mercati neri: la sopravvivenza in tempi di assedio
Senza accesso al denaro e con i servizi come Western Union interrotti, le famiglie cercano soluzioni di emergenza. C’è chi baratta vestiti per pane, chi chiede credito ai negozi di quartiere o ai parenti. Ma anche queste risorse stanno finendo. L’unica alternativa resta il mercato nero, dove i tassi di cambio e le commissioni sono da usura.
Le cause della crisi di liquidità a Gaza
La drammatica mancanza di contanti è causata da diversi fattori:
- Blocco dei fondi esterni
- Congelamento dei conti bancari
- Interruzione dei trasferimenti internazionali
- Ritardi nel pagamento degli stipendi
Tutti elementi che rendono impossibile qualsiasi forma di vita economica ordinaria.
Speculazione sulla sofferenza: il ruolo dei cambiavalute
Alcuni cambiavalute aggravano la crisi: prelevano ingenti somme per svuotare i bancomat e rivendere il denaro con commissioni esorbitanti, fino al 35%. Alcuni lo fanno senza licenza. Con i valichi chiusi, non entra nuovo contante e le banconote in circolazione sono talmente usurate da essere rifiutate dai commercianti. Per continuare a usarle, la gente le lava, le asciuga al sole e le ripara con nastro adesivo.
Cambio valuta sfavorevole e perdita di potere d’acquisto
Convertire dollari in shekel è diventato un salasso: 100 dollari oggi valgono appena 270 shekel (contro i 376 precedenti), ossia circa 66 euro invece di 94. Le alte commissioni e i tassi sfavorevoli peggiorano ulteriormente il potere d’acquisto delle famiglie già in difficoltà.
Tentativi di controllo inefficaci: la legge non ha più forza
L’Autorità Monetaria Palestinese ha tentato di limitare le commissioni al 5%, ma la misura resta lettera morta. Commercianti, cambiavalute e operatori del mercato nero ignorano le regole. Con le forze dell’ordine indebolite dai bombardamenti, nessuno è in grado di farle rispettare. In questa anarchia, “chi ha contanti comanda”.
Le proteste esplodono: “Vogliamo vivere, vogliamo che la guerra finisca”
In questo contesto esplosivo, iniziano a emergere le prime proteste popolari. Dietro la fame e la crisi economica si nasconde un dolore più profondo: il desiderio di porre fine alla guerra. Gli slogan gridati nei mercati e fuori dalle banche raccontano un’umanità stanca e affamata: “Vogliamo vivere”, “Fermate la guerra”. La povertà, divenuta arma di controllo, ora spinge le persone a rompere il silenzio.
Una sopravvivenza calcolata in banconote lacerate
A Gaza, la povertà non si misura con le statistiche, ma con le banconote strappate, le lacrime dei padri, il silenzio delle madri in fila per il pane. In un’equazione impossibile tra fame e guerra, si paga la commissione della sopravvivenza. Le banche sono sepolte, il contante è logoro, e la vita si consuma tra le macerie e l’assedio. Qui, si muore non solo per le bombe, ma anche per la fame.