La Fisac Toscana e Firenze in Brasile – diario di viaggio pt. 1

In questi giorni, una delegazione della FISAC CGIL di Firenze e della Toscana ha preso parte a una missione sindacale in Brasile, ospite delle compagne e dei compagni della CONTRAF-CUT di Pernambuco e Rio de Janeiro, la principale organizzazione sindacale del settore bancario e assicurativo brasiliano.

Come è nato il gemellaggio

Questo confronto nasce nel solco del gemellaggio siglato nel 2018 tra la CGIL di Firenze e la CUT nazionale del Brasile. Un patto di solidarietà che oggi prende corpo nella pratica quotidiana dello scambio sindacale, dell’ascolto reciproco, della costruzione condivisa di strumenti per difendere il lavoro in un settore, quello finanziario, sempre più trasformato e globalizzato.

Dal 2018 la CUT di Pernambuco e la CGIL di Firenze hanno avviato un proficuo scambio, nato da affinità culturali e politiche condivise. Negli anni, la relazione si è rafforzata attraverso visite reciproche, culminando oggi in un confronto più mirato sul settore finanziario. Un dialogo necessario, perché affrontiamo sfide comuni: precarizzazione del lavoro, attacchi allo stato sociale e politiche bancarie sovranazionali che colpiscono i lavoratori sia in Italia che in Brasile. Questa collaborazione rafforza la nostra capacità di risposta e la solidarietà internazionale. Paulo Rocha | Presidente CUT Pernambuco


Diario di viaggio – Recife


Incontro con il sindacato dei bancari di Pernambuco

Recife 1

🇧🇷 Fabiano Moura

Presidente del Sindicato dei Bancários de Pernambuco

I bancari qui in Brasile affrontano diverse difficoltà. Nonostante la nostra organizzazione sia piuttosto solida, la situazione attuale ci costringe a ripensare, studiare e valutare la struttura organizzativa che abbiamo oggi, per poter sopravvivere — politicamente e finanziariamente — mantenendo garantiti i nostri diritti.

Le nuove tecnologie pongono una sfida enorme al sistema finanziario, come in ogni altro settore, ma colpiscono in particolare i lavoratori. La riduzione del personale è una realtà crudele. Siamo sempre più sostituiti dalla tecnologia, e oggi anche dall’intelligenza artificiale.

La mancanza di impegno da parte delle banche — che adottano una visione improntata esclusivamente all’adeguamento alle logiche di mercato — nella prestazione di servizi alla popolazione, rappresenta una grande difficoltà. A questo si aggiunge una regolamentazione del sistema finanziario arretrata e fragile, che non garantisce né alla società né ai lavoratori che queste aziende operino con regole severe capaci di assicurare condizioni dignitose di lavoro e di servizio.

Le nostre sfide, quindi, sono enormi: sia dal punto di vista dell’organizzazione sindacale, sia rispetto a come il mercato si evolverà nei prossimi anni. Tutto ciò rischia di penalizzare gravemente non solo i lavoratori, ma anche l’intera società, in modo drammatico e ingiusto.

I prossimi passi che il movimento sindacale bancario in Brasile deve affrontare sono dunque quelli di creare le condizioni per mantenere intatte le nostre rivendicazioni e le conquiste ottenute, ma anche di costruire insieme alla società e alle autorità le basi per un sistema di regolamentazione finanziaria efficace, che garantisca davvero questi diritti.

Senza questo sarà molto difficile non solo portare avanti la lotta sindacale, ma anche impedire che le imprese finanziarie agiscano con totale libertà nel mercato, senza alcun controllo sociale. E questo non può essere permesso.

🇮🇹 Yuri Domenici

Segretario Generale Fisac CGIL Firenze

Il vero problema di questo mondo è un capitalismo senza regole che si nutre della disuguaglianza per moltiplicare i profitti. In questo contesto, la finanza ha smesso di essere uno strumento di sviluppo e ha assunto un ruolo di potere, opaco e scollegato dai bisogni delle persone. Milioni sono usciti dalla povertà estrema, ma le disuguaglianze sono esplose, alimentando guerre, instabilità e crisi democratiche. Di fronte a questo scenario, comprendiamo la spinta dei Paesi del Sud globale — e dei BRICS — a costruire un’alternativa. È una sfida legittima, che può ridisegnare equilibri economici e aprire spazi di sovranità.

Ma questo processo deve fondarsi su cooperazione, giustizia sociale e lavoro dignitoso, non su nuove logiche di contrapposizione. Per questo siamo qui: per ascoltare, dialogare, costruire alleanze tra sindacati democratici e rafforzare una rete globale capace di rimettere la dignità del lavoro al centro dello sviluppo.

Il sistema bancario italiano, come quello brasiliano, sta vivendo una trasformazione che mette a rischio il lavoro, il territorio e il ruolo sociale delle banche. L’80% dei profitti non viene reinvestito, ma distribuito ad azionisti e fondi speculativi. Il risultato è un modello che consuma la ricchezza prodotta dal lavoro, invece di valorizzarla. Le filiali chiudono, i posti di lavoro diminuiscono, la digitalizzazione spinta e la pressione commerciale svuotano la relazione con i clienti, lasciando indietro i più fragili. L’intelligenza artificiale rischia di diventare un nuovo strumento di sfruttamento, non di liberazione.

A tutto questo diciamo: basta. Le fusioni devono servire il mercato, non gli interessi di pochi. Serve una finanza radicata, trasparente, al servizio delle comunità e dell’economia reale. Difendere la qualità del lavoro bancario oggi significa difendere il diritto di cittadinanza economica per tutti.


Presidio per il “Plebiscito Popular”

Recife Presidio

🇧🇷 Paulo Rocha

Presidente CUT Pernambuco

Siamo qui presso la sede della Caixa Econômica Federal di Pernambuco, a Recife, questo luogo concentra diverse categorie di lavoratori, che spesso svolgono attività simili ma appartenenti a settori differenti, generando confusione e facilitando lo sfruttamento, in particolare delle lavoratrici.

Oggi, in concomitanza con questa visita, stiamo anche partecipando al plebiscito popolare che si sta svolgendo in tutto il Brasile. Si tratta di un’iniziativa fondamentale per promuovere il dibattito su temi centrali per la classe lavoratrice.

Uno dei temi chiave è la riduzione dell’orario di lavoro. In Brasile la giornata lavorativa ufficiale è di 44 ore settimanali, distribuite su sei giorni. Noi chiediamo che il riposo settimanale sia di almeno due giorni e che l’orario di lavoro sia ridotto a 36 ore settimanali, senza riduzione di salario. Crediamo che questa misura creerebbe nuovi posti di lavoro, aumenterebbe l’occupazione formale e migliorerebbe la qualità della vita dei lavoratori. Basti pensare che, nella regione metropolitana, molte persone impiegano due ore per andare al lavoro e altre due per tornare a casa.

Un altro punto fondamentale è la tassazione dei super-ricchi. In Brasile, la classe lavoratrice arriva a pagare fino al 27% di imposta sul reddito, mentre i super-ricchi versano cifre irrisorie o nulla. Per fare un esempio: chi possiede una moto o un’auto – anche se vecchia – paga un’imposta annuale per poter circolare. Chi invece possiede uno yacht o un aereo, non paga praticamente nulla per usarli.

Per questo motivo, chiediamo che i super-ricchi vengano tassati: una tassa del 10% sulla loro ricchezza, che rappresenterebbe comunque una delle aliquote più basse al mondo per i grandi patrimoni. Naturalmente c’è una forte resistenza da parte di questi gruppi, che si oppongono con forza a ogni forma di imposizione.

Ma tassare i ricchi è essenziale per finanziare politiche pubbliche capaci di sostenere lo sviluppo del Paese, combattere la fame, migliorare la sanità e l’istruzione pubblica, potenziare le infrastrutture e garantire una qualità della vita dignitosa a tutta la popolazione.


L’assemblea con i lavoratori della Caixa Econômica Federal di Pernambuco

Recife Assemblea Caixa

🇮🇹 Yuri Domenici

Durante l’assemblea dei lavoratori della Caixa Econômica Federal, a margine della campagna per il plebiscito popularorganizzato dalla CUT, ho avuto l’occasione di condividere l’esperienza del settore bancario italiano. È stato un momento intenso di ascolto e confronto, dove le distanze geografiche si sono accorciate grazie alla forza delle esperienze comuni.

Ho raccontato come anche in Italia i bancari vivano una pressione crescente, in particolare sul fronte commerciale. I clienti più fragili, disorientati e spesso sfiduciati, si affidano sempre più spesso a soluzioni automatizzate o tentano la strada del fai-da-te finanziario, senza avere però strumenti adeguati per comprenderne i rischi. Questo sta contribuendo a un fenomeno che abbiamo imparato a conoscere bene: la desertificazione bancaria.

Negli ultimi cinque anni, nei sette maggiori gruppi bancari italiani, sono andati persi 21.000 posti di lavoro. La digitalizzazione e l’intelligenza artificiale accelerano questi processi. Alcuni studi indicano che circa il 25% delle nostre mansioni è già oggi potenzialmente sostituibile da sistemi automatizzati. E il 30% è considerato ad alto rischio. Di fronte a questi numeri, la domanda è urgente: se non cambiamo rotta, che ne sarà di noi?

Si stima che ogni lavoratore possa “liberare” circa 200 ore all’anno grazie all’uso dell’IA. Ma a chi apparterranno davvero queste ore? Diventeranno tempo per noi o solo nuove mansioni, nuovi obiettivi, nuove pressioni?

Ma cosa succede in Brasile?

I bancari sono ormai poco più di 400.000. Ad ogni volta che una filiale viene chiusa seguono dei licenziamenti come pure ogni volta che non si raggiungono gli obiettivi commerciale assegnati.

Banco Santander in Brasile ha iniziato a sostituire lavoratrici e lavoratori bancari con personale interinale o trasferendoli ad aziende del proprio gruppo, senza garantire loro gli stessi diritti e tutele previsti dalla Convenzione Collettiva dei Bancari.

Circa il 46% dei dipendenti del gruppo risulta ormai affiliato a queste società esterne: solo il 54% sono legati direttamente a Santander come bancari veri e propri  .

Cosa significa concretamente?

  • Perdita di diritti già conquistati dalla categoria bancaria: PLR (Partecipazione agli utili), voucher pasto/alimentazione, contributi per assistenza all’infanzia, jornadas ridotte (6 ore), eccetera  .
  • Condizioni lavorative significativamente peggiori per i subordinati interinali o affiliati alle società controllate: orari più lunghi, salari inferiori, nessun diritto aggiuntivo, assenza di copertura sindacale

Nel dialogo con i colleghi brasiliani è emersa una consapevolezza condivisa: è il momento di ricostruire il rapporto di fiducia con i clienti, di restare radicati nei territori, di tornare a sostenere l’economia reale e le famiglie. È questa la strada — comune, concreta, e profondamente sindacale — per dare un futuro alla nostra professione.


La manifestazione contro i dazi di Trump

Manifestazione Recife 2025

I dazi imposti dagli Stati Uniti contro il Brasile non sono solo un atto ostile: sono una vera e propria guerra economica. Una ritorsione grave, voluta da Trump per sostenere Bolsonaro, che rischia di compromettere l’occupazione, la giustizia internazionale e la stabilità globale. Dietro questa mossa c’è un disegno preciso: scaricare sul resto del mondo il peso della crisi americana, attraverso armi, gas e privilegi fiscali alle multinazionali. È una logica predatoria che va respinta con fermezza. Come FISAC CGIL siamo al fianco del popolo brasiliano e del Presidente Lula, per difendere la democrazia, il lavoro e un ordine economico più giusto e multipolare.

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