
1. La generalizzata e crescente diffusione di strumenti tecnologici di lavoro rende necessario individuare un opportuno bilanciamento tra le esigenze operative aziendali e la vita privata della lavoratrice/lavoratore.
2. A tal fine, le Parti concordano su quanto segue:
– l’utilizzo delle apparecchiature aziendali in dotazione avviene nel rispetto delle norme sulla prestazione lavorativa, garantendo il diritto della lavoratrice/lavoratore ai tempi di riposo giornalieri e settimanali, dei periodi di ferie e degli altri legittimi titoli di assenza;
– è opportuno che le comunicazioni tramite strumentazione telematica risultino di contenuto sintetico e chiaro, evitando l’inoltro massivo a soggetti non direttamente interessati dalle comunicazioni medesime;
– le comunicazioni di lavoro avvengono, salvo temporanee ed eccezionali esigenze, esclusivamente tramite dispositivi e canali aziendali;
– fuori dell’orario di lavoro e nei casi di legittimi titoli di assenza non è richiesto alla lavoratrice/lavoratore l’accesso e connessione al sistema informativo aziendale; la lavoratrice/lavoratore potrà disattivare i propri dispositivi di connessione evitando così la ricezione di comunicazioni aziendali. L’eventuale ricezione di comunicazioni aziendali nelle predette situazioni temporali non vincola la lavoratrice/lavoratore ad attivarsi prima della prevista ripresa dell’attività lavorativa.
L’art. 44 del CCNL sulla disconnessione è una ‘bussola’ essenziale per orientarci nella divisione del tempo di lavoro da quello di vita, per distinguere le notifiche dai sogni, l’ufficio dagli affetti personali: uno strumento per arginare e respingere la crescente pervasività del potere ubiquo delle banche. Sulla carta sembrerebbe sufficiente anche così com’è scritto: si parla di diritto al riposo, di messaggi brevi e chiari, di comunicazioni fatte solo attraverso i canali aziendali.
Nei fatti, però, sempre più spesso, rischia di rimanere proprio… sulla carta.
Il confine tra lavoro e tempo libero è un vetro trasparente, quasi immateriale, su cui, quando vogliono, possono battere le nocche di strutture commerciali e algoritmi organizzativi. Siamo tutte e tutti immersi in un mondo privo di discontinuità temporale. Abbiamo a che fare con idolatri del dividendo che vorrebbero trasformare l’orario di lavoro nel mero tempo passato fisicamente in ufficio o in filiale e che interpretano questa norma con uno spettacolare ribaltamento logico: se l’azienda ti scrive qualcosa non è in difetto, lo sei tu se ti arriva. In pratica siamo al “Scemo/a chi legge”. Questo piano su cui vogliono portarci a correre forsennatamente ogni giorno di tutte le settimane dell’anno per inseguire obiettivi che appaiono come miraggi perché irraggiungibili (e quando anche fossero traguardati, comunque non sarebbe mai… abbastanza), è un piano che dobbiamo rifiutare, disconoscere, respingere. La qualità del tempo, dentro e fuori la banca, è forse il tema più importante per la nostra categoria.
L’articolo 44 è una dichiarazione di civiltà su cui è necessario costruire difese ancora più alte e solide per non rimanere prigioniere e prigionieri di un teatro tragicomico in cui la libertà di non rispondere diventa una finta libertà. Se pertanto non è previsto il divieto che ci scrivano o telefonino fuori orario, possiamo certamente non rispondere. E anche durante il lavoro possiamo provare, qualche volta, a dire dei NO.