BNL: Prospettive n.36 / Settembre 2025

Periodico di libero confronto sindacale a cura della Fisac Cgil Gruppo BNL | NUM.36 – SET.2025


Not In My Name

Nei giorni scorsi BNL ha aggiornato la propria “Policy sulla Difesa e Sicurezza”.
Un documento interno che, dietro il linguaggio tecnico della “responsabilità sociale” e della “sostenibilità ESG”, in realtà ribadisce una scelta chiara: continuare a finanziare e supportare l’industria militare, con l’unica eccezione di alcune tipologie di armamenti già vietate da convenzioni internazionali (mine antiuomo, bombe a grappolo, armi chimiche e biologiche).

Si parla di “protezione delle democrazie”, si lodano le industrie belliche perché sono creatrici di “posti di lavoro industriali non delocalizzabili”, di come “l’Unione europea debba aumentare la sua preparazione in materia di difesa e rafforzare la sua sovranità”: parole che provano a dare una patina di legittimità etica a quello che resta, a tutti gli effetti, business sulle armi e sui conflitti.

Come abbiamo già scritto in un altro recente documento, le politiche ESG sono solo di facciata: come può un gruppo bancario che si proclama sostenibile e attento ai diritti umani continuare a finanziare fucili, droni, carri armati e sistemi di sorveglianza?
La banca si allinea alle strategie europee di militarizzazione dell’economia, mettendo la finanza al servizio del complesso bellico industriale, una visione in antitesi con la nostra che riteniamo non possa far altro che portare a tensioni internazionali e non serva a porre fine ai conflitti drammatici che stiamo vivendo in questi tempi.

BNL non può continuare a rivendicare principi di responsabilità sociale ed etica se, al tempo stesso, alimenta con i propri capitali l’industria delle armi e finanzia chi produce strumenti di morte: la vera coerenza etica per una banca che si proclama sostenibile sta nell’abbandonare progressivamente ogni finanziamento al settore bellico e nel destinare risorse a lavoro, ambiente, welfare e pace.

Come lavoratrici e lavoratori BNL, rappresentati dalla FISAC CGIL, non possiamo accettare che la nostra attività quotidiana e il nostro impegno professionale vengano messi al servizio di un modello che normalizza la guerra e il commercio di armi, se vogliamo davvero la pace dobbiamo lavorare tutti ognuno con i propri mezzi per costruirla, perché il futuro non si costruisce con i conflitti ma con i diritti e la giustizia sociale.

Alumna Of The Year

Anche noi volevamo esprimere le nostre congratulazioni alla nostra AD, Elena Goitini, per l’importante riconoscimento Alumna of the Year, assegnato dall’Università Bocconi nella quale si è laureata in Economia Aziendale nel 1994.
Un premio assegnato a quegli studenti che, dopo aver conseguito un titolo di studio alla Bocconi, si sono distinti in campo economico per i traguardi raggiunti a livello professionale; ateneo nel quale, parole sue, “ho imparato che la conoscenza non è mai fine a sé stessa: deve essere utile, concreta, capace di orientare il cambiamento.

Senz’altro la conoscenza, per quanto utile e nobile in sé, è uno dei principali strumenti che può orientare il cambiamento.
“Cambiamento”: termine, questo, che viene quasi sempre utilizzato con un implicito rimando positivo. Si intende, cioè, che quando un qualcosa cambia, cambia senz’altro in meglio.
L’esperienza insegna che questa è una lettura assai semplicistica: molte volte, quando una situazione cambia, si modifica in peggio. Potrei essere spostato da un’attività professionalizzante e che mi gratifica ad un lavoro ripetitivo, noioso, magari anche peggio retribuito: avrei avuto un cambiamento, ma peggiorativo.

Non sappiamo a quale cambiamento faccia riferimento la nostra AD, anche se forse abbiamo qualche ipotesi.
Leggendo quello che ha dichiarato durante il forum Teha (The European House Ambrosetti, luogo di discussione dei macro temi in campo economico) a Cernobbio il 5 settembre, scopriamo che la sua idea di cambiamento è questa: “C’è un maggiore livello di attrattività del Paese Italia, ma ci sono due freni: la rigidità delle forme contrattuali e i salari. Combinati, creano una situazione che determina l’incapacità di riuscire ad avere un’ascesa più facile fuori dai confini”.

Ecco, ci sembra di poter dire che la ricetta proposta per essere maggiormente competitivi non sia particolarmente originale. La si può riassumere come minor tutele e salari più bassi. Ora, non ce ne voglia la nostra AD, ma da una persona insignita del prestigioso Alumna of the Year, ci aspetteremmo un’analisi ed una proposta di maggior spessore: ripetere, come sentito e letto innumerevoli volte almeno dal 1800 ad oggi, che il problema della competitività è legato ai diritti ed agli stipendi è, francamente, stucchevole. Anche perché, e questo Elena Goitini lo sa meglio di noi, diversi studi economici hanno ormai testimoniato il contrario: la produttività e la competitività di un’impresa può essere aumentata con un maggior riconoscimento – in termini di tutele e di salari – alle persone che lavorano in quell’azienda. Peraltro, come senz’altro ricorderà la nostra AD, l’Italia è l’unico Paese in Europa che ha registrato una diminuzione dei salari nell’ultimo decennio: come mai, dunque, le imprese non hanno aumentato la loro attrattività?

Ecco, speriamo che il 16 ottobre – data della cerimonia di premiazione degli Alumni of the Year – la nostra AD riveda alcune sue posizioni un po’ antiquate, superate anche dalle evidenze empiriche, e ritorni in sella alla nostra azienda con delle ricette più innovative. Siamo tutti pronti a supportare il cambiamento, purché sia indirizzato verso un miglioramento delle condizioni lavorative delle persone. Quelle persone che rappresentano uno dei principali motori del miglioramento aziendale e che invece, troppe volte, vengono dimenticate dal nostro management.

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