

Succede ogni anno.
Arriva ottobre e qualcuno decide che, “per non demotivare la rete”, i *budget vanno rivisti*.
Obiettivi alleggeriti, target “più realistici”, tono comprensivo che nasconde un atteggiamento passivo aggressivo di fondo.
Tutti più tranquilli.
Ma davvero funziona?
In teoria, sì: aiuta chi era in affanno a non mollare.
In pratica, comunica un messaggio devastante:
> “I numeri erano sbagliati, ma non preoccuparti: li aggiustiamo noi.”
Così nasce la spirale del *ratcheting inverso* – l’arte di premiare l’attesa del soccorso.
Il consulente smette di lottare contro il mercato e inizia a scommettere su un futuro “sconto obiettivi”.
E la direzione smette di chiedersi perché il piano non ha funzionato: tanto, l’anno prossimo si rifarà uguale.
Cambiare i target a fine corsa non corregge un errore: *lo legittima*.
E soprattutto, addestra tutti a un’idea pericolosa:
> che la realtà si possa correggere per decreto.
🧩 Un target non deve essere facile.
Deve essere *credibile, spiegabile e coerente*.
Altrimenti è solo un numero in cerca di un alibi.
📚 Riferimenti (per chi ama andare a fondo):
- Bouwens & Kroos (2011), Target Ratcheting and Effort Reduction, The Accounting Review
- Larkin (2014), The Cost of High-Powered Incentives, Journal of Labor Economics
- Murphy & Oyer (2003), Discretion in Executive Incentive Contracts, J. of Labor Econ.
- Cadsby et al. (2007), Sorting and Incentive Effects of Pay for Performance, AMJ