Periodico di libero confronto sindacale a cura della Fisac Cgil Gruppo BNL | NUM.37 – NOV.2025
Quando anche la guerra diventa “sostenibile”
Apprendiamo con sgomento che in Europa è stato autorizzato il primo fondo che investe esplicitamente nell’industria militare a essere classificato come “sostenibile”.
Come riporta Milano Finanza (“La difesa diventa ESG”), un ETF – Exchange Traded Funds, ossia un tipo di fondo investimenti quotato in borsa – interamente dedicato alla difesa europea ha ottenuto lo status di fondo “Articolo 8”, cioè rientrante tra quelli che – secondo il Regolamento (UE) 2019/2088 (SFDR) – promuovono caratteristiche ambientali e sociali.
In pratica, un fondo che investe in armi è ora considerato “finanza sostenibile”.

Una deriva che tradisce il significato profondo della parola sostenibilità: la normativa europea sulla finanza “green” non vieta esplicitamente gli investimenti nella difesa convenzionale, escludendo solo le armi “controverse” come mine o bombe a grappolo.
Questa ambiguità ha aperto la strada a un’interpretazione pericolosa: basta invocare la “difesa dell’Europa” per trasformare il settore bellico in investimento responsabile, ma se tutto diventa sostenibile, nulla lo è più.
La sostenibilità è nata come impegno verso l’ambiente, la giustizia sociale, i diritti umani e la pace.
Includervi l’industria militare significa capovolgerne il senso, legittimando l’idea che si possa costruire la pace armando il mondo.
Per la FISAC CGIL BNL questa scelta segna una svolta politica e culturale gravissima perché mercifica valori che dovrebbero restare intangibili e perché svuota la parola “sostenibilità” della sua radice etica.
La finanza, se vuole dirsi sostenibile, deve promuovere vita, non distruzione; il lavoro, il risparmio, l’investimento devono servire le persone, non alimentare i conflitti: non c’è futuro in un’economia che trasforma le armi in opportunità finanziaria.
Come FISAC CGIL BNL riaffermiamo con forza la nostra visione per cui nessuna guerra è sostenibile e nessun investimento bellico può essere classificato come sostenibile!
Stress Lavoro correlato: dietro i numeri, persone sotto pressione

Nei giorni scorsi i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza hanno partecipato a una riunione sui risultati dell’ultima rilevazione dello stress lavoro correlato, un passaggio importante per monitorare il benessere organizzativo e le condizioni di lavoro nei nostri uffici.
I risultati del test evidenziano che circa la metà dei colleghi che ha partecipato sta bene, senza particolari segnali di criticità. Dovrebbe essere un dato positivo, che testimonia la capacità di molti di mantenere equilibrio e professionalità anche in un contesto non sempre semplice. Non si rilevano criticità gravi o diffuse, se non qualche segnale isolato negli uffici di Entrata in Relazione, CSC e Rete, dove emergono situazioni di maggiore pressione e carichi di lavoro non sempre sostenibili.
Nel confronto con l’Azienda e con le esperte che hanno condotto dei focus group specifici è però emerso un elemento che non possiamo sottovalutare: la carenza di organico, pur riconosciuta come fattore di stress, viene da loro classificata come una priorità “bassa”. Secondo la valutazione fatta, non ci sarebbe tanto un problema di risorse insufficienti, quanto la necessità di “migliorare la resilienza” di coloro i quali rimangono a far fronte alle difficoltà quotidiane.
Una lettura che, francamente, lascia perplessi: perché se è vero che la resilienza è una qualità importante, è altrettanto vero che non può diventare un alibi per non intervenire sulle cause strutturali dello stress, a partire dai carichi di lavoro e dalle carenze di personale: per dirla breve, loro ci creano il problema e noi dobbiamo essere in grado di fronteggiarlo e anche senza riportare traumi!
Come RLS e come FISAC CGIL, continueremo a vigilare affinché le analisi sullo stress lavoro correlato non si riducano a un mero esercizio statistico, ma si traducano in azioni concrete di prevenzione e miglioramento.
Concludo con una riflessione che sia monito per il futuro: la partecipazione reale e sincera di TUTTI i colleghi e le colleghe è fondamentale. Perché se non raccontiamo la verità del nostro lavoro, poi ci ritroviamo in queste sedi ad ascoltare che “la Rete gode di ottima salute”, quando sappiamo benissimo che la coperta è troppo corta, che le pressioni commerciali e i controlli sono ripetuti, massacranti e svilenti, dilagano sempre più a piede libero, e che lo stress lavoro correlato che ne deriva è tutt’altro che una bassa priorità.
Solo con la voce di tutti potremo pretendere che la salute e la dignità di chi lavora vengano messe finalmente al centro.
Educazione affettiva e sessuale: togliere significa arretrare

Alcuni giorni fa il Governo ha deciso di dirottare i fondi previsti per l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole verso programmi dedicati alla fertilità.
Una scelta che, per la FISAC CGIL BNL, rappresenta un grave passo indietro culturale e politico, l’ennesima riprova che sul corpo delle donne debbano decidere gli altri.
L’educazione sessuo-affettiva non è un tema accessorio: è uno strumento essenziale per prevenire la violenza di genere, promuovere il rispetto reciproco e costruire relazioni sane. Togliere o indebolire questi percorsi significa rinunciare a formare cittadini e cittadine consapevoli, capaci di riconoscere e rispettare sé stessi e gli altri. Tutto questo in un Paese in cui i femminicidi continuano tragicamente a ripetersi: parlare di affettività e parità fin dai banchi di scuola è la vera forma di prevenzione.
Serve educare soprattutto i ragazzi, gli uomini di domani, al rispetto, all’ascolto, al consenso e alla parità, solo in questo modo può nascere il cambiamento culturale: dalle relazioni, dai comportamenti, dalla consapevolezza emotiva.
La scuola deve essere il primo luogo in cui si impara la libertà, il rispetto e l’uguaglianza tra donne e uomini, deve essere luogo di prevenzione, non solo di trasmissione di nozioni. E se l’educazione riguarda il corpo, i sentimenti e le relazioni, allora è indispensabile iniziare presto, coinvolgere tutti i soggetti attivi, e non lasciare che questi temi restino marginali o ignorati.
La FISAC CGIL BNL chiede quindi il ripristino e il rafforzamento dei percorsi di educazione affettiva e sessuale nelle scuole, con fondi e programmi strutturati; un approccio educativo centrato sulle relazioni e sulla parità di genere, non sulla sola dimensione biologica o riproduttiva, e infine il coinvolgimento di insegnanti, famiglie, associazioni e istituzioni, per costruire una rete educativa diffusa.
Non si costruisce parità solo parlando di lavoro o salari, ma anche insegnando come ci si rispetta, come si vive la diversità, come si ama senza possedere. Depotenziando l’educazione affettiva e sessuale si manda invece un messaggio sbagliato: la prevenzione della violenza e la parità di genere non sono una priorità.
La parità di genere non è un optional: è una componente strutturale della nostra democrazia e della nostra convivenza e per realizzarla occorre investire ed educare.