Inform@fisac aprile 2015 n.1

Speciale Decreto Popolari

da repubblica.it 24 marzo 2015- MILANO  Il Senato ha approvato in via definitiva il decreto sulle banche che contiene la riforma delle Popolari e il provvedimento sulla portabilità dei conti bancari. Con 155 sì e 92 no (nessun astenuto) l’Aula ha votato la fiducia che il governo aveva messo nel pomeriggio sul provvedimento, con l’annuncio del ministro Boschi. Il decreto, soprattutto, rivoluziona il sistema delle Popolari, portando le maggiori di esse verso la trasformazione in società per azioni. La scelta del governo di porre la fiducia era legata alla scadenza ravvicinata del provvedimento: il 25 marzo.

Il tema caldo del decreto è l’articolo 1, che riguarda le banche popolari e la riforma che porterà le maggiori tra di loro (10 istituti sopra 8 miliardi di attivi) a diventare società per azioni. “Le trasformazioni in spa delle popolari si faranno attraverso una serie di aggregazioni, con un processo di consolidamento non è detto che poi rimanga confinato a quel solo mondo”, ha detto in proposito Giuseppe Castagna, il numero uno di Bpm.

Restano forti critiche al testo, che impone la trasformazione in Spa degli istituti oltre 8 miliardi di attivi. Un portavoce della frangia contraria è Leonardo Becchetti, professore di Economia politica all’Università di Tor Vergata, primo firmatario di un manifesto per le Popolari insieme ad altri 162 economisti.

Per Becchetti si aprono scenari inquietanti di ‘incostituzionalità’ del provvedimento: “Una volta a regime, un socio delle Popolari potrebbe decidere di far ricorso alla Corte Costituzionale. Lì si aprirebbe una partita difficile: già importanti giuristi riconoscono che il testo è in conflitto con la Costituzione, che prescrive alla Repubblica di riconoscere ‘la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità’”.

Insomma, il professore prefigura scenari di un blocco a posteriori del provvedimento, con tutte le possibili ricadute “sui mercati azionari e sulla stabilità delle banche”.

Nel complesso, Becchetti definisce a Repubblica.it la riforma “una decisione politica che non trova riscontri nei dati e nelle migliori prassi degli altri Paesi”.

In particolare, per quanto riguarda l’abolizione del voto capitario (decade il principio “una testa un voto” in assemblea), Becchetti sottolinea che “le prime 50 banche Ue con voto capitario hanno in media 122 miliardi di attivo” e sono quindi “ben oltre il parametro che l’Italia vuole introdurre”. Per di più, “banche grandi e a voto capitario ci sono dovunque: in Europa si trovano in Olanda, Finlandia, Austria, Germania e Francia”.

Per il professore, “se l’obiettivo è far ripartire l’erogazione del credito, con la norma si colpisce il settore che ha garantito le performance migliori durante gli anni della crisi economica”.

Più efficace sarebbe imporre la separazione tra attività di banca commerciale e d’investimento, cioè la divisione tra concessione di prestiti e attività speculativa (la cosiddetta Volcker Rule): “In Canada c’è e funziona: grazie all’importanza delle popolari quel sistema finanziario può esser considerato un modello”.

Bisogna ricordare che più volte Antitrust e Bankitalia hanno spinto per il provvedimento, in nome della contendibilità degli istituti e del loro rafforzamento patrimoniale. “Ma nel primo caso non si tratta di un valore assoluto per una banca: non è certo una virtù paragonabile alla capacità di prestare denaro a famiglie e imprese”.

Quanto alla preoccupazione della vigilanza di dotare le banche di assetti in grado di rafforzare rapidamente il capitale, “le Popolari hanno finora mostrato solidità e reattività, anche dopo gli stress test della Bce, paragonabili alle Spa, se non superiori”.

Obiezioni che non hanno a questo punto più spazio per essere accolte, visto anche il fallito tentativo (sospinto dalla minoranza Pd) di alzare da 8 a 30 miliardi il limite per imporre il cambio di definizione societaria. “Sarebbe stato più auspicabile un intervento meno ‘a gamba tesa’, come il governo sta facendo promuovendo l’autoriforma del Credito cooperativo o l’evoluzione del ruolo delle Fondazioni bancarie”.

Il testo è stato difeso in Aula dal sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, che ha parlato di una riforma che “tutela le vere banche popolari”, distinguendone “la natura mutualistica da quella commerciale tout court assunta dalle più grandi”.

Una volta pubblicato il decreto in Gazzetta Ufficiale, serviranno le disposizioni attuative da parte di Bankitalia che faranno scattare i 18 mesi di tempo entro i quali le popolari con asset superiori agli 8 miliardi dovranno trasformarsi in Spa. Recentemente, il direttore generale di via Nazionale, Salvatore Rossi, ha garantito che ciò avverrà in tempi “molto brevi”.

  • Banche popolari. L’articolo 1 modifica la disciplina delle banche popolari.

La novità principale riguarda il fatto che l’attivo non può superare gli 8 miliardi di euro: quelle che sono attualmente sopra (dieci istituti) dovranno trasformarsi in Spa.

Oltre ad alcuni alleggerimenti di governance con maggiore potere di nomina degli organi di amministrazione in capo all’assemblea, il decreto concede alle banche popolari di attribuire fino a cinque voti ai soci persone giuridiche.

Intervento anche sulle deleghe che un socio può vedersi conferite: gli statuti dovranno adeguarsi e prevedere una cifra tra un minimo di 10 e un massimo di 20.

Nell’abbandonare il principio del voto capitario (“una testa, un voto”), le banche che passano al formato di Spa potranno inserire dei limiti temporali al diritto di voto: per 2 anni possono porre un tetto al 5% di diritti, anche in presenza di un socio con una quota di capitale maggiore.

  • Portabilità dei c/c. La norma prevede che le banche (o in generale gli istituti che forniscono i servizi di pagamento, come le Poste) garantiscano ai clienti lo spostamento di un conto corrente in 12 giorni lavorativi. La procedura non deve generare oneri al correntista, che deve vedersi trasferire senza aggravi burocratici anche la domiciliazione delle utenze, gli addebiti e accrediti ricorrenti, i dossier titoli. Il tutto, avendo a che fare solo con la nuova banca di destinazione e compilando un solo modulo. Previste sanzioni per i bancari inadempienti e indennizzi ai correntisti che subiscano ritardi, da definire con un decreto ministeriale.

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