BPER si riorganizza: tagli a filiali e personale, SpA e Fusione
Concordate le prime uscite, previsto l’inserimento di 200 profili specializzati
Banca Popolare dell’Emilia Romagna, via ai tagli. L’istituto di Modena, che ha di recente inglobato la Banca della Campania, ridurrà, nell’ambito del piano industriale 2015-2017, del 5% il numero dei dipendenti, portandoli dagli 11.407 di fine 2014 a 10.826, con un saldo negativo di 581 unità. Non solo.
In base al prospetto illustrato dall’amministratore delegato Alessandro Vandelli, e pubblicato sul “Sole 24 Ore”, la Bper chiuderà anche 130 filiali, pari al 10 per cento della rete. Circa 270 uscite sono già concordate con i sindacati e sono relativi all’ottimizzazione delle strutture centrali, mentre 311 saranno conseguenza della razionalizzazione della rete.
Le azioni per la riduzione del personale, passano per prepensionamenti, pensionamenti, ottimizzazione del turn over del personale attraverso la sostituzione del 50-60% dei dipendenti in uscita con risorse interne, oltre all’assunzione di circa 200 profili specializzati.
Si continua intanto a lavorare alla trasformazione in Spa. «La mia idea – ha aggiunto Vandelli – è che serva avere un gruppo di azionisti stabili. Dobbiamo capire che questo cambio di forma societaria cambierà tutto. Spero che si possa trovare un bilanciamento tra l’idea del governo e la nostra, per mantenere alcune caratteristiche delle banche popolari». Anche per questo la Bper si propone di rimanere riferimento delle popolari, da coinvolgere anche quando sarà operativa come società per azioni.
Fonte: ottopagine.it
La Banca popolare dell’Emilia Romagna si avvia ad approvare la trasformazione in SpA contestualmente a un’eventuale aggregazione e l’appuntamento sarà nel 2016. Le aree di interesse sono il Veneto e la Lombardia. Ma prima di arrivare a un eventuale merger, l’istituto punta a costituire un nocciolo duro di azionisti stabili e non speculativi ed, eventualmente, un patto di sindacato.
Ettore Caselli, presidente della banca emiliana, a margine dei lavori dell’assemblea di ICBPI, ha confermato che “nel 2016 succederà qualcosa. Dubito molto nel 2015” anno in cui verrà preparato il terreno. E comunque prima di un’aggregazione, la banca punta a favorire la costituzione di uno zoccolo duro di soci con il 20-25% del capitale sociale ed, eventualmente, un patto di sindacato di due o tre anni.
“Io mi sto muovendo sui grandi soci e i grandi clienti, tuttavia”, ha spiegato il presidente, “non devono essere solo clienti che hanno enormi possibilità economiche ma devono capire la nostra filosofia, che è restare vicini al territorio”. L’importante è evitare l’arrivo di “speculatori“.
Uno zoccolo duro del 20-25% è già una buona sponda. Sulla base di questo, il management di BPER potrà poi parlare con altre banche, “anche perché non posso rischiare di andare a fare un’operazione senza sapere che basi ho. Prima lo zoccolo duro, poi le altre operazioni“, ha chiarito il top manager che in questi giorni ha interpellato alcuni presidenti e amministratori delegati.
Ma il percorso sarà lungo. “Non credo che sarà un processo breve. Ovviamente“, ha sottolineato riferendosi alla tempistica prevista dalla riforma delle banche popolari, entro i 18 mesi. D’altra parte ci sono molte perplessità basate sul nodo della governance. “A mio avviso dobbiamo pensare di accantonare la questione governance per un po’. La governance è importante ma ci sono progetti che sono più importanti. In questo momento dobbiamo basarci sulla validità delle operazioni“.
BPER guarda esclusivamente alle altre popolari, quanto a un eventuale possibile ritorno di fiamma con la Banca Popolare di Milano , Caselli ha ricordato di aver già tentato anni fa un matrimonio. L’improvviso no “fu un grosso colpo: ce l’abbiamo ancora sullo stomaco, ma adesso i tempi sono cambiati”, anche se, come allora, potrebbe esserci ancora un problema di governance: “è possibile. Però dobbiamo riuscire a fare un salto e a superare questo nodo della governance perché se ci basiamo solo sul fatto della governance sapete quante fusioni facciamo?”.
Fonte: Milano Finanza
Nel mondo delle Popolari, incassato, a malincuore, il colpo basso del governo Renzi, che ha obbligato d’imperio la trasformazione dei dieci maggiori istituti popolari in società per azioni entro 18 mesi, ora gli stessi istituti interessati sono all’opera per realizzare (prima o dopo la trasformazione in spa?) fusioni e/o acquisizioni. In verità, fin dall’inizio, si è notato una maggiore disponibilità da parte dei capi azienda a seguire l’onda “renziana” pro mercato e contendibilità delle banche, rispetto ai presidenti delle banche popolari più restii, anzi contrari, all’intervento giudicato invasivo dell’esecutivo.
LE PROSPETTIVE
Così ora, mentre il consiglio regionale della Lombardia ha dato mandato alla giunta di Roberto Maroni di fare ricorso contro il decreto del governo nel frattempo diventato legge, Alessandro Vandelli, amministratore delegato della Banca Popolare dell’Emilia Romagna, ha infatti escluso una fusione con una banca non quotata, definendola “molto, molto difficile”. Comunque alla fine Vandelli, come riporta il Sole 24 Ore, ha detto che nella lista del possibile partner c’è sempre BPM, “per molte ragioni”, ha aggiunto.
Fonte: formiche.net