Rossi (Cgil) “Il lavoro in Italia è stato umiliato. E le inchieste sono lente

Intervista al segretario regionale della Cgil dopo il caso dell’esplosione al deposito Eni di Calenzano

da Repubblica.it

«Il lavoro in questo Paese è stato reso uno straccio. Umiliato. Svuotato. Si sono create le condizioni per cui gente sempre più povera accetta e continuerà ad accettare lavoro pur che sia. Lavoro insicuro. A rischio. Con l’aggravante per di più che da tutte le tragedie più grosse degli ultimi anni continuiamo ad uscire con un senso di lentezza della giustizia se non di impunità: strage di Viareggio, ThyssenKrupp. Non paga mai nessuno. E anche l’Esselunga di via Mariti: sono morte 5 persone e dopo 10 mesi non c’è nemmeno un indagato». Secondo il segretario regionale della Cgil Rossano Rossi l’esplosione nel deposito Eni di Calenzano «pone problemi enormi alla politica, al mondo dell’impresa, al sistema legislativo e forse anche culturale italiano».

Rossi che idea vi siete fatti? Avevate sentore che in quel luogo si lavorasse in condizioni insicure?

«Non avevamo segnalazioni particolari, ma è noto a tutti che fin dal 2020 esistevano denunce pubbliche circa il rischio di avere un simile impianto in quell’area. Stava nel posto sbagliato. Vicino all’autostrada, all’aeroporto, alla ferrovia, alla città. Dovremmo aprire una riflessione credo: l’Italia è piena di aziende pericolose che dovrebbero essere spostate. Ma non è solo questo purtroppo. Ci sono almeno due binari su cui ragionare e agire».

I controlli carenti. Per non dire inesistenti.

«Questo è il primo binario. Il binario tecnico. Dei controlli, della formazione, normativo, di sorveglianza sui lavori in siti pericolosi come quello. L’ennesimo incidente mortale dimostra che anche se un po’ di strada sul versante della sicurezza nel nostro Paese è stata fatta ce n’è ancora tantissima da fare. La patente a punti ad esempio è una sonora sciocchezza per come l’ha impostata il governo. Inutile e dannosa. Permette alle aziende che hanno risorse di comprarsi la vergintà per ricominciare a lavorare. Ma non basta. C’è una responsabilità della politica molto grave».

Quale?

«Si sono create in anni e anni di leggi sbagliate e disattenzione le condizioni perchè la gente accetti lavoro pur che sia. Al cantiere dell’Esselunga c’erano persone che lavoravano in condizioni limite per dire. Quando il lavoro diventa frastagliato, disarticolato col Jobs act, deregolamentato, e quando a questo si aggiunge la condizione sociale di un Paese in cui aumenta l’indigenza e la povertà si ottiene un terreno fertile per gli incidenti sul lavoro e per i morti. Ci sono 10 milioni di persone in povertà relativa. La gente è povera anche se lavora. Va a finire che pur di portare a casa la cena ci si faccia andar bene un lavoro che può anche finire per uccidere, non il lavoro previsto e regolato dalla nostra Costituzione. E questa è una grande colpa della politica».

Non è anche una colpa delle aziende, dell’impresa?

«Il fatto che la politica abbia creato condizioni che permettono lo sfruttamento è grave. Ma certamente gli imprenditori sfruttano quelle condizioni. Si pensi che con la Fiom abbiamo fatto un’indagine sulle nostre aziende metalmeccaniche: su 2.500 tutte hanno margini di profitto più o meno alti. Profitti che spesso si realizzano al prezzo di una sicurezza non garantita per gli operai, anche se nel caso specifico del deposito dell’Eni gli inquirenti faranno chiarezza e luce. E non posso che esprimere cordoglio e solidarietà alle famiglie delle vittime».

Si chiude un anno drammatico per gli incidenti mortali sul lavoro in Toscana cominciato con via Mariti, su cui l’indagine va al ralenti.

«La deregolamentazione del mercato del lavoro dà margini per fare tutto e offri mille scappatoie.. Occorre che la giustizia si muova e arrivi ad individuare i colpevoli della strage dell’Esselunga. C’è un senso di impunità. Alla ThyssenKrupp chi ha mai pagato? E a Viareggio? Nessuno paga mai. Domani faremo sciopero. Ma il peggio è per quei disgraziati che non ci sono più».

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