Credito, sofferenze, Mezzogiorno e bad bank
I recenti dati pubblicati dalla Banca di Italia in Economie Regionali – dicembre 2014 confermano ancora che il peso dei crediti deteriorati continua ad essere maggiore nelle regioni meridionali di Italia; nel 2014 l’incidenza dei non perfoming loans nel Mezzogiorno era 8,2% per il segmento famiglie, rispetto al 6% del centro-nord, e 6,4% per il settore imprese, contro il 5% del resto del paese. Il più elevato peso delle posizioni in sofferenza costituisce una zavorra per le banche operanti nelle regioni del Mezzogiorno e motivo principale delle condizioni più stringenti di offerta del credito bancario (con tassi più elevati, richiesta di maggiori garanzie, minori fidi accordati, etc.). Anche la misura delle rettifiche di bilancio, che assorbono risorse altrimenti destinabili a sostenere il settore produttivo, sono correlate positivamente alla elevata incidenza dei crediti in sofferenza. Il danno all’intera economia della macroregione è elevatissimo. Per ridurre gli effetti negativi sul conto economico, gli operatori bancari italiani stanno valutando soluzioni alternative. I due Gruppi principali, Unicredit e Intesa Sanpaolo, sono impegnati in progetti che privilegiano architetture organizzative interne. Il Gruppo Intesa Sanpaolo, ad esempio, ha potenziato la gestione interna dei crediti deteriorati; il piano industriale per il triennio 2014-2017 prevede la costituzione dell’unità divisionale Capital Light Bank, deputata alla valorizzazione di attività del gruppo ‘non core’, costituite da sofferenze, partecipazioni ed immobili non strategici per un valore complessivo di 30 miliardi di euro; la nuova struttura ha come obiettivo la creazione di valore e la riduzione del capitale assorbito da tali asset, di cui oltre 21 miliardi sono rappresentati dai crediti in sofferenza. I nuovi flussi di crediti deteriorati del Gruppo saranno curati dalla nuova struttura mentre resterebbero in gestione a Italfondiario, la joint venture partecipate da Intesa Sanpaolo, gli stock di sofferenze di valore inferiore a 250 mila euro accumulati dal 2006 fino al 2014. L’impatto occupazionale del progetto sulle strutture di Recupero Crediti operanti nelle regioni meridionali è evidente; in molte città, come Napoli, Bari, Pescara, Potenza esistono già strutture del Gruppo specializzate nell’attività di recupero crediti composte da personale bancario, di elevata professionalità con lunga esperienza nella gestione delle posizioni in sofferenza.
La soluzione della gestione interna delle sofferenze bancarie contiene degli elementi positivi. In primo luogo, specie nelle regioni meridionali il rapporto fiduciario banca-cliente ed il patrimonio conoscitivo raccolto dalla banca nel corso di tale rapporto costituiscono vantaggi competitivi nell’ottica di massimizzare le prospettive di recupero del crediti e del rientro in bonis del rapporto. In secondo luogo, la soluzione interna consente di valorizzare le professionalità interne e l’esperienza degli uffici di recupero crediti e legali delle banche, fornendo anche un importante presidio per la difesa ed il rilancio occupazionale del settore specie in territori dove la disoccupazione è elevatissima. Infine, l’efficiente ed efficace gestione interna permette alle banche di recuperare elevate plusvalenze che possono compensare gli elevati accantonamenti appostati a bilancio per fronteggiare le perdite prospettiche sui crediti, liberando risorse utilizzabili per il rilancio del credito e favorendo la riduzione dei tassi sui prestiti che oggi costituiscono strozzature per la ripresa del ciclo economico nelle regioni del Mezzogiorno. Non è comunque negativo ciò che a livello di sistema sembra essere il progetto alternativo che giorno dopo giorno va prendendo corpo: si chiama ‘Nuovo Credito Per La Crescita’, attualmente allo studio della Bankitalia e del Tesoro ed ora al vaglio di Bruxelles (cfr. articoli del Messaggero del 4 febbraio e del Corriere della Sera del 5 febbraio scorso). L’obiettivo sarebbe quello di creare una struttura, una bad bank di sistema, con partecipazione statale che dovrebbe acquistare crediti in sofferenza delle banche e dei gruppi bancari italiani in difficoltà mediante risorse reperite con emissione di titoli obbligazionari, assistiti da garanzia statale, collocati sul mercato, in particolare presso investitori istituzionali con orizzonte di investimento di medio-lungo periodo. Secondo le anticipazioni, l’intero progetto si basa sulla valorizzazione della SGA, la Società per la Gestione di Attività che ha sede a Napoli, nata nel 1997 per effetto della legge 588/1996 nell’ambito dell’operazione di risanamento del Banco di Napoli. La società sarebbe acquistata dal Ministero del Economia e successivamente si procederebbe all’aumento fino ad un valore di 3 miliardi di euro del capitale sociale che sarebbe sottoscritto dallo Stato, da Cassa Depositi e Prestiti e da Banca di Italia e da investitori privati. Con tale capitale e con i fondi rivenienti dalla raccolta obbligazionaria la Società acquisterebbe i crediti deteriorati in sofferenza di valore medio-alti (di valore superiore a 300mila euro) delle banche e dei gruppi bancari nell’ottica di alleggerire i conti economici del peso delle sofferenze. La fissazione di una soglia minima farebbe sì che delle 600mila imprese italiane segnalate a sofferenza solo 74mila sarebbero interessate dall’operazione. La decisione circa il peso della partecipazione pubblica (se di maggioranza o minoritaria) dipenderà dal nulla osta di Bruxelles e dalla volontà politica di includere o meno la nuova società tra le amministrazioni pubbliche. Lo stesso Visco nell’intervista fornita sabato 7 febbraio al Sole 24 ha confermato il via libera alla costituzione della bad bank sotto la duplice condizione che ciò non violi la normativa comunitaria in materia di divieto agli aiuti di stato turbativi delle condizioni di concorrenza e che l’operazione assicuri un adeguata remunerazione al capitale pubblico e privato investito nell’operazione. Questa uscita allo scoperto rafforza l’impressione che nelle prossime settimane il progetto possa subire una rapida accelerazione. L’elevata incidenza di clienti segnalati in sofferenza ubicati nelle regioni meridionali del paese ed il potenziale coinvolgimento nell’operazione di una società con sede a Napoli, con più di 70 dipendenti, ben spiegano i motivi per cui è opportuno seguire gli sviluppi di tale operazione con attenzione e con sostanziale favore da parte della Fisac CGIL. La localizzazione a Napoli di un polo specializzato per il recupero del credito costituisce un contributo incoraggiante per la tutela e un eventuale incremento occupazionale non solo della SGA ma della regione intera, trattandosi tra l’altro di lavorazione di elevata professionalità e valore aggiunto e di un centro decisionale di grande rilievo. Inoltre, l’alleggerimento dei conti economici delle banche liberate dalla zavorra dei non perfoming loans riduce gli alibi per allentare le condizioni dell’offerta del credito bancario che per le imprese meridionali costituisce il principale freno alla ripresa degli investimenti. I successivi sviluppi del progetto meriteranno ovviamente il focus continuo anche del sindacato confederale poiché essi non risulteranno neutrali rispetto alla ripresa e al rilancio delle imprese meridionali, specie in una prospettiva in cui la crescita del PIL nazionale, che è una delle condizioni essenziali per il pieno risanamento dei conti pubblici italiani, passa in primo luogo per l’inversione del trend della produzione delle regioni meridionale e per l’attenuazione del differenziale di crescita tra le varie macro aree del paese.