Salute e sicurezza nel lavoro agile: focus su malattia e infortunio

QUADRO NORMATIVO

Il Lavoro Agile, è un modo particolare di svolgimento della prestazione lavorativa, inquadrabile nella più grande categoria del lavoro a distanza a cui normativa di riferimento è la legge n. 81 del 2017, (articoli 18/24) che la definisce come:Una modalità di di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti” .

 Gli aspetti legati alla salute e sicurezza dei lavoratori sono individuati negli articoli 18/20/22 della legge 81/’17

 

 Art.18 LAVORO AGILE

2. Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa

Se il datore di lavoro fornisce la strumentazione “è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa”.
Si identifica quindi un onere dell’azienda connesso al “malfunzionamento e al difetto di sicurezza degli strumenti tecnologici che abbia affidato al lavoratore.

La norma non prevede un obbligo esplicito del datore di lavoro di fornire gli strumenti tecnologici ai dipendenti che svolgono l’attività lavorativa in modalità agile, ma l’art. 20, della Legge n. 81/’17, sottolinea la parità di trattamento normativo ed economico tra lavoratore agile e il dipendente che svolge la prestazione in azienda.

Quindi è chiaro, il diritto del dipendente a ricevere dall’azienda l’attrezzatura necessaria per il lavoro. Con la stessa logica sembra irragionevole immaginare che il lavoratore agile, debba sostenere dei costi (per la connessione) che gli permettano la prestazione lavorativa, costi che i dipendenti non hanno quando operano all’ interno dell’azienda.

 

Art. 20
TRATTAMENTO, DIRITTO ALL’APPRENDIMENTO CONTINUO, CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE DEL LAVORATORE

1. Il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato in attuazione dei contratti collettivi… nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’ azienda.

2. Al lavoratore impiegato in forme di lavoro agile ai sensi del presente capo può essere riconosciuto, nell’ambito dell’accordo di cui all’articolo 19, il diritto all’apprendimento permanente, in modalità formali, non formali o informali, e alla periodica certificazione delle relative competenze.

Tale rielaborazione rimanda, all’esigenza di rivedere la formazione, generica e specifica sia dei lavoratori che svolgono l’attività in modalità agile, che dei dirigenti e preposti, chiamati a svolgere un ruolo attivo nella gestione dei lavoratori agili

 

Art. 22
 SICUREZZA SUL LAVORO

  1. Il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto rilavoro.

2. Il lavoratore è tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali.

 L’ osservazione di questo fatto ci porta a considerare la necessità che il datore di lavoro, che faccia uso di questa modalità lavorativa avvii il processo di rielaborazione del Documento di Valutazione dei Rischio in ragione di avvenute modifiche del processo produttivo e dell’organizzazione del lavoro ed al contempo attivi la consultazione preventiva del RLS

Quindi la lettura della normativa specifica, non pare andare nella direzione dell’ attenuazione di quanto previsto dal Testo Unico 81/’08!

Ciò implica la piena tutela del lavoratore agile, dal punto di vista della salute e sicurezza, con le stesse regole di quando si trova in azienda.

Tema di rilievo riveste l’individuazione del luogo, o meglio dei luoghi di lavoro esterni, in quanto la prestazione lavorativa può essere eseguita senza precisi vincoli di luogo, in parte all’interno e in parte all’esterno dei locali aziendali e senza l’esigenza di una postazione fissa.

Il vantaggio che tali luoghi vengano accuratamente individuati, si riflette nell’ elaborazione della Valutazione dei Rischi; che come precedentemente chiarito, il datore di lavoro è tenuto a predisporre.

Sarà in fatti in base alla Valutazione del Rischio che possono essere disposte, le misure di protezione a cui il lavoratore deve collaborare. Risulta dunque difficile pensare che la scelta dei luoghi di lavoro sia affidata unicamente ai lavoratori, e sconosciuta al datore di lavoro, che in ragione di questo possa ritenersi esonerato da oggettive responsabilità, nei confronti degli stessi lavoratori, e di eventuali terzi appellandosi ad un supposto rischio elettivo.

IMPORTANZA DEL LUOGO DI LAVORO PER VALUTAZIONE INFORTUNIO IN ITINERE E NON SOLO (Inail che dice?)

L’individuazione di idonei luoghi riveste, una non indifferente importanza anche, riguardo la tutela infortunistica a carico del Inail, che con la circolare nr. 48-del-2-novembre-2017  ne individua gli ambiti concreti.

 La legge 81/2017 estende la normale tutela contro gli infortuni sul lavoro anche al percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quelli pre-scelti per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali.

Questa estensione della tutela infortunistica non è prevista come meccanismo automatico, ma piuttosto : “…quando la scelta del luogo della prestazione sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza”.

 Mentre la tutela legata alla prestazione è salvaguardata a patto che l’infortunio venga causato, da un rischio riferibile alla prestazione o comunque ad attività accessorie e finalizzate all’attività stessa.

Si pre-suppone, dunque, che la libertà di scelta del lavoratore, circa il luogo fisico, e la postazione nel quale svolgere la propria attività non sia totale, ma legata alle esigenze di vita e lavorative. Limitata dalla ragionevolezza, e conosciuta al datore di lavoro, che deve valutare i rischi a cui il lavoratore agile viene esposto.

Sottintendendo che la scelta del/dei luoghi di lavoro, e dei percorsi normali, debba essere indicata nell’accordo tra lavoratore e azienda (a cui la circolare rimanda, citando gli artt.18 e 19 della L.81/’17) e che, il luogo o i luoghi di lavoro, cosi come le stesse modalità di esecuzione, siano stati giudicati (dalla VdR), idonei allo svolgimento in sicurezza della prestazione.

Evidenziando che, in mancanza di sufficienti indicazioni ricavabili dall’ accordo, saranno necessarie verifiche specifiche ai fini dell’indennizzo.

La circolare non contiene richiami diretti all’ eventuale insorgenza di malattie professionali ma nulla, al momento, indica che in tali casi, l’istituto applichi ragionamenti difformi, da quanto prevede per gli aspetti infortunistici.

Quali sono i rischi principali da VALUTARE nel lavoro agile?

Dal punto di vista della Sicurezza si deve valutare:

  • la conformità al titolo III del Dgls 81/08 delle attrezzature/apparecchiature eventualmente fornite dal Datore di Lavoro, nonché delle specifiche disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto e la garanzia della manutenzione periodica per garantire nel tempo la conformità stessa;
  • la capacità dell’impianto elettrico del luogo di lavoro prescelto e prevalente a supportare le stesse, quindi anche il rischio incendio;
  • il rischio in itinere, particolarmente delicato per le valutazioni Inail in materia di risarcimenti.
  • Dal punto di vista della Salute vanno valutati con particolare attenzione i rischi posturali da VDT, quindi che la postazione di lavoro sia ergonomicamente corretta, con molta attenzione alla posizione dello schermo, della tastiera sul piano di lavoro, dell’illuminazione diretta e riflessa, naturale e artificiale, della sedia di lavoro; elementi che devono tutti essere conformi alla normale postazione di lavoro presente in ufficio.
  • Anche in questo caso vanno rispettate e inserite nel contratto le usuali pause di 15‘ ogni 2 ore di lavoro continuativo al VDT, non solo per affaticamento visivo, ma soprattutto per evitare la postura fissa e magari non corretta che si tenderebbe ad acquisire in contesto di “lavoro Agile” ( a tal propsito vedasi art 137 tu 81/’08 per quanti concerne attuazione della “Sorveglianza Sanitaria” per plausibile superamento delle 20 h settimanali di lavoro al videoterminale) .
  • Prevenire isolamento e senso di solitudine dei lavoratori
  • Evitare perdita senso appartenenza e spirito di squadra ed esclusione dai processi decisionali e progetti di lavoro.
  • Perdita spazi personali e socialità in ufficio
  • Perdita opportunità di carriera
  • Porre attenzione alle diseguaglianze in materia accesso e competenze digitali.
  • Problema di sicurezza dei dati
  • Rischi psicosociali emergenti quali:
    → Technostress
    → Effetto “Stachanov” per dimostrare di aver interiorizzato le richieste di aumento produttività e lavorare oltre le richieste con relativo aumento di stress lavoro correlato
    → Effetto “Mulino Bianco” con carico abnorme incombenze familiari e relativo aumento a dismisura dell’orario attivo e ulteriore aumento dello stress
    → Disordini alimentari con aumento di peso e consumo alcolici
    → Bunout da ulteriore spersonalizzazione della relazione col cliente/utente
    → Boreout nel caso in cui non ci sono precisi compiti e obiettivi e il lavoro divenat monotono e poco gratificante

LAVORO AGILE E MALATTIA

Tra i vari lasciti della pandemia e il lavoro emergenziale da remoto, che in molti casi è stato fondamentale per ridurre il rischio da contagio, vi è stato una tendenza psicologica ad alzare il limite della percezione della malattia, tale per cui assentarsi dal lavoro.

Tale problema risulta emergente nelle forme di lavoro ibride o da remoto, che si vanno consolidando in seguito anche ai vari accordi tra aziende e organizzazioni sindacali.

Diversi studi Usa evidenziano che circa due terzi dei lavoratori ritengono che il lavoro a distanza faccia sentire maggiormente sotto pressione durante la malattia, mentre altri dati mostrano che la stessa percentuale di persone si sente obbligata a lavorare anche quando non sta bene. Nel Regno Unito le assenze per malattia hanno raggiunto minimi record nel 2020 proprio perché le persone lavoravano da casa.
Nelle aziende del nostro settore addirittura si stanno instaurando forme di “contrattazione” individuale con la  richiesta da parte del lavoratore e “concessione” della possibilità di lavorare da remoto previa dichiarazione del “medico di famiglia” durante malattia o infortunio.
Prima che diventi una pratica radicata le aziende e i lavoratori  e soprattutto le organizzazioni sindacali dovrebbero iniziare a valutare le implicazioni di questa “cultura “ emergente su produttività, cultura aziendale e benessere dei lavoratori.

Cultura (?) del “Presenteismo”

Per alcuni Lavoratori e Lavoratrici una lieve malattia permetterebbe di prendersi maggiormente cura di se stessi, rimanendo presso la propria abitazione e allo stesso tempo di portare a termine il lavoro necessario. Ma lavorare in condizioni di malattia conduce a prestazioni lavorative peggiori, suggerendo inoltre un legame tra la rinuncia ai giorni di malattia e l’aumento del rischio di depressione.

Lavorare da casa quando non si sta bene fa sentire i lavoratori ancora più in colpa rispetto allo stop completo dovuto a indisposizione. Continuare a lavorare, in stato di malessere, mette a rischio la guarigione, la possibilità quasi certa di non migliorare, di ammalarsi nuovamente e di stressarsi di più.

Quindi è nell’interesse delle aziende incoraggiare le Lavoratrici e i Lavoratori a prendersi i giorni di malattia, perché, sebbene possa esserci un aumento di produttività a breve termine, rinunciarvi potrebbe portare a una perdita a lungo termine.

“Se ti dicono o ti convinci che puoi lavorare da casa anche se hai la tosse o la febbre questo è un male, è cattiva cultura”. Anche perché ciò che è debilitante per uno può essere gestibile per qualcun altro e vedere i colleghi che lavorano mentre sono malati potrebbe spingere gli altri a fare lo stesso. Ecco perché i lavoratori hanno bisogno di una cultura positiva che tuteli il loro diritto di ammalarsi, anche e soprattutto quando lavorano in modalità ibrida o da remoto.

In Italia questa forma di presenzialismo applicato alla sfera professionale, detta “presenteismo” inizia a diventare un problema e rischio emergente.

Infatti se per la Dirigenza Aziendale e delle Risorse Umane l’assenza per malattia incide in maniera consistente sul rapporto costi-benefici alla voce “personale”, può essere valido anche il principio opposto:
Non sempre un lavoratore malato al lavoro costituisce un vantaggio per l’impresa rispetto a un collaboratore che, in caso di malattia, preferisce rimettersi in sesto prima di tornare al lavoro.

 Nel “presenteismo” l’incidenza di questo “fanatismo” della presenza al lavoro a tutti i costi produce effetti davvero nefasti.
Misurabili, a breve termine, con un aumento progressivo dell’insoddisfazione legata alle proprie prestazioni, ma anche a lungo termine, con un distacco e un disamore rispetto alla “causa aziendale”.

Lavorare in stato di Malattia o infortunio da remoto, anticipare di molto l’ingresso in ufficio, trattenersi al lavoro ben oltre l’orario consentito, non conoscere limiti di tempo per mandare o ricevere mail, non concedersi piccole pause durante il giorno, o considerare ferie e permessi come una specie di benefit cui godere solo in casi di estrema necessità, sono tutte fattispecie che rientrano di diritto nella sfera del presenteismo.

Purtroppo nel mercato del lavoro in Italia, a differenza di altri paesi del nord Europa, è profondamente radicato la cultura dello stakanovismo, come viatico imprescindibile verso la riconoscenza. Quindi verso il successo professionale.

È così che le giornate lavorative si allungano e diventano infinite; che i confini tra la sua vita professionale e quella privata quasi scompaiono; e che, in sintesi, si alimenta questo circolo vizioso che fa a pieno titolo del presenteismo uno tra i più subdoli ostacoli al benessere al lavoro.

E’ evidente come tutto ciò sia ancor più rischioso nella mansione lavorativa espletata da remoto.

Quindi quando non ci sentiamo bene, anche se abbiamo delle scadenze di lavoro importanti, è meglio stare a casa a riposarsi e non continuare a lavorare anche tra le mura domestiche.

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