Care colleghe e cari colleghi,
che anno è stato questo duemilaventitre?
Fra pochi giorni entreremo nel XX anno di attività della RSA della Fisac CGIL in Banca Reale e, come molte e molti di voi sanno, una piccola tradizione che si è consolidata nel tempo mi vede impegnato nel rivolgermi a voi con un particolare tipo di messaggio di Auguri di Fine Anno.
Non mi interessa qui ripercorrere la linea del tempo o proporvi una cronaca di quanto è stato, nel bene e nel male, questo anno che volge al termine. Ci sono temi che dominano i nostri pensieri, le nostre riflessioni, le nostre paure e le nostre migliori speranze. Non è possibile leggerle guardando il nostro ombelico e vorrei provare qui a fare uno sforzo, andare un po’ più in là. Se usciamo dalle banalizzazioni e dalle etichette, credo di poter affermare che tutti quanti noi abbiamo in mente il problema del cambiamento climatico, degli impatti che ne derivano e quindi la ricerca della sostenibilità ambientale e via di seguito. Questo genere di attenzione sta portando ad una serie di riverberi persino nel mondo della finanza, se pensiamo a tutto ciò che oggi significa ESG.
Quest’anno si è svolta la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, conosciuta anche come COP28. Con un impressionante bizantinismo, i lavori sono terminati con una dichiarazione puramente politica: “[..] effettuare la transizione dai combustibili fossili, in modo giusto, ordinato ed equo, accelerando l’azione in questo decennio cruciale, per raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette entro il 2050 in accordo con la scienza”. Non saremo certo noi a svalutare una dichiarazione di principio ma a poco serve oggi se non porta con sé misure vincolanti e lascia ai firmatari piena libertà di puntare su soluzioni discutibili come la cattura e il sequestro dell’anidride carbonica e l’uso del gas naturale in quanto “combustibile di transizione”.
La sfida energetica, in un mondo in cui consumiamo più risorse naturali di quante non ne siano disponibili, rappresenta l’elemento chiave per tutti i Paesi, le amministrazioni, le imprese, per l’umanità nel suo complesso. Eppure, continuiamo a nasconderci dietro al dito, a fare finta di non sapere che il modello economico e sociale dei paesi più ricchi – che sono quelli che consumano e inquinano – prevede per sua natura lo sfruttamento senza alcun freno o riserva di tutte le risorse, umane e naturali. Non è possibile salvarci e salvare la nostra casa, la Terra, se non abbattiamo questo modello e lo sostituiamo con uno virtuoso.
La stampa mainstream continua a raccontarci per puro interesse un mondo che non esiste, un mondo persino più polarizzato di quanto non sia. Ma la realtà che è i giornali non si vendono più, il dibattito che riportano quotidianamente non è uno specchio del nostro tempo. La terribile vicenda della Guerra alle porte dell’Europa ci è stata raccontata come una nuova edizione della Guerra Fredda. Improvvisamente si è tornati a parlare con grande normalità di bombe e olocausto nucleare. Ci è voluto Christopher Nolan per raccontarci la storia del nostro moderno Prometeo, il professor Oppenheimer, che ha portato la nostra civiltà nell’era della distruzione totale. Rispolveriamo i manuali militari del primo Novecento a proposito del “paradosso della sicurezza” ma rileggerlo pensando ai missili termonucleari fa un effetto diverso. Solo pochi giorni fa, è morto Henry Kissinger: oggi sappiamo che nel 1968 sabotò personalmente i trattati di pace fra Vietnam del Nord e Vietnam del sud per favorire l’elezione di Richard Nixon alla Casa Bianca, così quella sporca guerra durò ancora molti anni e migliaia di vite furono cancellate per puro interesse politico ed ego. Pochi giorni fa abbiamo saputo da fonti bipartisan che nel maggio del 2022, Russia e Ucraina avevano raggiunto un accordo ed erano pronte alla pace. Ma il governo britannico di Boris Johnson, ai minimi storici del consenso e morso da una feroce crisi post Brexit, fece saltare tutto per mantenere acceso il braciere europeo. Da allora molti altri morti militari, moltissime altre vittime civili. Nel mezzo una narrazione oscena che tutto riduce ai buoni e ai cattivi. E noi dove siamo? Dov’è l’opinione pubblica?
Per il resto del mondo, le cose sono diverse. I BRICS, riuniti a Johannesburg lo scorso agosto, hanno deciso l’allargamento ad Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran, Egitto, Etiopia e Argentina. Di questo passo, il Gruppo nel 2024 vedrà al suo interno paesi mediorientali e produttori di petrolio, rafforzerà il polo africano e aprirà le porte al secondo paese più grande dell’America Latina. Pur fra contraddizioni e problemi di natura politica, rappresenterà ben il 46% della popolazione del pianeta e poco più di un terzo del PIL mondiale; qualcosa di decisamente superiore rispetto alla conferenza afroasiatica di Bandung del 1955. All’anima del mondo diviso in due blocchi, no?
Se guardiamo oltre al nostro naso, scopriamo un orizzonte lontano, dove l’India nel 2023 ha mandato una sonda sulla superficie lunare, diventando il quarto Paese ad averlo fatto dal 1969. Scopriamo che due nazioni trainanti nell’economia globale, la Cina in Asia e la Germania qui in Europa, sono in affanno. La prima, strangolata dalle proprie politiche liberticide, attraversa una fase di discontinuità forte, quella che i cinesi chiamano “neijuan“. Il termine, spesso tradotto come “involuzione”, indica un ripiegamento su sé stessi che impedisce veri progressi. La sua economia è in stallo, molte delle recenti libertà sono state cancellate, aumentano gli ostacoli per gli stranieri. Nel silenzio generale, sono scoppiate proteste a Chengdu, Guangzhou, Shanghai e Pechino, un fenomeno sorprendente nella Cina di Xi.
Berlino, invece, sta attraversando una condizione che noi italiani conosciamo assai bene: produzione industriale al palo, persino nei settori della chimica e dell’auto, costi energetici alle stelle (le bollette delle aziende in Germania sono quasi il triplo che in Cina e cinque volte più alte che negli Stati Uniti, ndr), burocrazia soffocante, scarsissima predisposizione a scommettere sul futuro assumendo dei rischi. La quarta economia mondiale e locomotiva d’Europa si scopre in crisi e senza prospettive di soluzione ad una difficoltà che è complessa e che richiederà risposte altrettanto complesse. Nel frattempo, l’Europa continua a provare ad esistere, prosegue l’allargamento ad Est, sperando di raggiungere un peso specifico che le consenta di non essere schiacciata da economie più forti. Ma a distanza di più di vent’anni, oltre alla moneta unica e alla burocrazia, poco altro è stato fatto. Poche settimane fa, dopo giorni di discussione, i negoziatori di Bruxelles hanno trovato un accordo su una legge per regolamentare l’intelligenza artificiale. L’Unione europea è la prima al mondo ad adottare uno strumento giuridico di questo tipo, cercando di non frenare il potenziale innovativo del settore. Se questo primato porterà vantaggi concreti, sarà ancora tutto da vedere.
Il nostro Paese è, e resta, paradigma del continente: tantissime potenzialità, tanti proclami, nessun impegno concreto spendibile. Abbiamo detto che la Germania si è ammalata della stessa malattia di cui soffre la nostra Italia da tempo immemore. Forse anche perché l’invecchiamento è un fenomeno tutto nostro, della nostra civiltà. Solo ieri l’ISTAT ha restituito un quadro impietoso: una nazione in cui nel 1975 c’era un bambino ogni pensionato, 1 a 1. Oggi il rapporto è di UNO a CINQUE in favore dei pensionati. Anche questo elemento dovrebbe stare a pieno titolo nelle nostre riflessioni sulla sostenibilità della nostra società, del nostro stile di vita, della nostra paura per il diverso, per gli immigrati, ecc. La cosiddetta sostituzione etnica è un mito, la dominazione delle gerontocrazie nei confronti dei giovani è invece una realtà. Alcuni, nei mesi scorsi, avevano riposto timide speranze in una stagione in cui una donna è finalmente arrivata alla soglia di Palazzo Chigi, prima nella storia. Così come donna (e LGBTQ+) è la Segretaria del primo partito di opposizione. Al momento, tuttavia, non siamo ancora riusciti a vedere nemmeno un impegno congiunto per cancellare la piaga odiosa della violenza di genere e dei femminicidi. Il confronto politico resta ad un livello infimo.
E noi? Come stiamo noi in tutto questo marasma? Cosa succede nel nostro ombelico? In queste settimane ci siamo goduti gli aumenti contrattuali del nuovo CCNL, ci godremo un assegno per gli arretrati e chi aveva vissuto per mesi la preoccupazione per una iniqua tassazione sul proprio mutuo casa, a febbraio prossimo potrà chiudere anche quella pagina. Detta con filosofia, meglio tardi che mai. Entro sei mesi scadranno invece gli Accordi di Secondo Livello e quanto prima inizieremo a parlare delle nostre piattaforme rivendicative per costruire il sistema dei diritti e delle componenti economiche che regoleranno i prossimi anni in Banca Reale e nel Gruppo.
È stato un anno faticoso, ancora una volta. Complesso, ricco di cambiamenti. Ancora. La crisi, il cambiamento, la trasformazione, le repentine accelerazioni sono ormai diventate bagaglio lessicale e culturale. Ma se vogliamo sopravvivere al nostro tempo, occorre uscire dalla logica della mera resilienza (termine moderno ma vuoto) per andare oltre, tornare a prendere in mano con coraggio le nostre vite, perché se tutti siamo diventati più vecchi, ritrovare il coraggio dei ragazzi non è un’opzione ma una necessità.
Vi auguro con tutto il cuore che queste festività possano vedervi circondate e circondati dai vostri affetti più cari. Tutti insieme, con giustizia. Verso il prossimo Anno Nuovo
Roberto Pozzati