Fisac Banca Reale: riflessione per i colleghi maschi

3 - Fisac Cgil

8 MARZO: DA UOMO A UOMO

Non esiste un giorno più buono di un altro per riflettere, ma è pur vero che le occasioni si possono anche sfruttare e male non fa. Ciò che ci nuoce, fino a prova contraria, è l’assenza di una riflessione. Quindi qui io oggi vorrei provare a proporre una riflessione collettiva e poi personale ai tanti colleghi maschi. Normalmente non mi rivolgo mai ad una platea specifica ma credo stavolta vada fatta anche questa esperienza.

Non ho intenzione di fare prediche o di mostrare ad altri una via virtuosa, che per altro non ho ancora trovato. Ma voglio provare a condividere con voi, da uomo adulto, quello che sento rispetto al tema del rapporto fra i sessi nei luoghi di lavoro, alla cosiddetta valorizzazione di genere, ecc.

Io credo che non sia semplice confrontarsi con gli altri, per tutta una serie di motivi che non starò qui ad analizzare. Non a caso, le doti relazionali sono considerate delle soft skills, come si dice oggi. Insomma, una abilità al pari di altre. Eppure, anche persone normalmente molto abili nelle relazioni, quando si tratta di rapporto fra i sessi, scivolano sulle proverbiali bucce di banana.  Il politicamente corretto tanto in voga ci suggerisce che ci sono parole, espressioni, situazioni da evitare. Questo genera maggiore rispetto e comprensione reciproca? Io credo di no. O almeno non a livelli desiderabili.

Il punto è, io temo, se rispettiamo o no l’altra persona o se la cataloghiamo per le sue caratteristiche biologiche. Da qui discenderanno le parole che useremo, i gesti, le espressioni, ecc. Cerchiamo di capirci: siete in una riunione, ci sono opinioni diverse e una collega donna sostiene energicamente la propria (fosse anche nel modo sbagliato, è irrilevante). Di un uomo direste che è un testone, forse. Nel caso scuola, vi verrebbe da pensare che magari la collega è in quei giorni del mese? E se sì, lo direste in modo che ritenete simpatico? Lo avete già fatto? Perché sappiamo che alcuni di noi lo fanno. Tuttavia, al contrario nessuno direbbe: “Si sa, il testosterone gli gioca brutti scherzi, è un cavernicolo in fondo”. C’è pure chi fra di noi dice con leggerezza alle colleghe: “Dai, adesso non fare la donna”.

Altro esempio? Avete mai fatto allusioni sulla promozione o sulla crescita di una collega? “Chissà come se l’è meritata” e cose del genere. Eppure, le statistiche dicono che una grande percentuale di uomini che raggiungono posti di importante responsabilità sono alti. Avete mai sentito dire: “Per forza promuovono tizio, è almeno un metro e ottantacinque!”. Non credo. Semplicemente perché nessuno attribuisce comportamenti, azioni o successi di noi uomini alla nostra biologia.

Con questo cosa voglio dire? Che il DNA, ciò che siamo, non influenza i comportamenti di tutti noi? Nemmeno per sogno. Al contrario, sto dicendo che vale per tutti ma solo le colleghe donne vengono costantemente stigmatizzate, apostrofate, sminuite per le loro caratteristiche fisiologiche. Se non cambiamo il nostro modo di vedere le donne, non cambieremo mai il nostro atteggiamento nei loro confronti.

Tutti siamo nati da una donna, molte e molti di noi sono diventati anche padri ma di fronte ad una collaboratrice che rimane incinta ancora c’è chi dice: “Meriteresti una promozione ma mica posso dartela adesso che vai in maternità”. Poi magari, l’anno seguente invece: “Meritavi una promozione ma sei stata via molti mesi, adesso devi ripartire da zero” o, peggio ancora: “Se avessi saputo che intendevi diventare mamma, col cavolo che ti avrei promossa”. Come se non sapessimo che una promozione ha a che fare con il livello di professionalità e capacità che ho già raggiunto e acquisito, non è un incentivo agli impegni futuri. Evidentemente non vale per tutti.

Vorrei ragionare con voi anche sullo scivolosissimo tema dei complimenti, degli apprezzamenti, dei commenti. Forse è quello che mi mette più in difficoltà in assoluto, perché il tema ha una valenza molto personale, se non si va direttamente sulla molestia, che invece è un po’ più oggettiva.

Confesso che io per primo molti anni fa ho avuto uscite un po’ troppo disinvolte, delle quali non vado esattamente fiero. Solo a pensarci, mi sento in imbarazzo. Ma mi è servito a crescere e ho cercato di farne tesoro. A voi è capitato? Su questo dobbiamo interrogarci seriamente. E qui anche i colleghi e le colleghe possono aiutarci, sarebbe davvero importante. A volte occorre superare l’imbarazzo o il fastidio e spiegare a chi ha superato il segno che quelle parole o quei gesti mettono a disagio e non sono appropriati. Senza bisogno di mettere nessuno alla berlina, semplicemente perché altrimenti nessuno di noi crescerà mai. Lo possiamo fare se ci aiutiamo gli uni con gli altri.

Il mio augurio per tutti noi è che questo 8 marzo porti più coraggio, più coscienza, più rispetto: il coraggio di guardare in noi senza sterili giudizi e cambiare, più coscienza di chi siamo e di cosa è giusto, più rispetto per noi stessi e quindi per gli altri.

Roberto Pozzati

 

 

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