STRESS DA LAVORO CORRELATO, MOBBING, STRAINING, INEFFICIENZE ORGANIZZATIVE: UN LUNGO PERCORSO DALL’ACCORDO QUADRO DEL 2004 ALLA RECENTE ORDINANZA DELLA CASSAZIONE.
Nell’Accordo quadro europeo del 2004, lo stress lavoro-correlato (Slc) viene definito come “una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro”. Tali fattori di rischio possono interessare tutti i luoghi di lavoro e tutti i lavoratori in quanto causati da aspetti diversi e sono strettamente connessi all’organizzazione e all’ambiente di lavoro stesso.
Nel novembre del 2010 la Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro ha elaborato le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio Slc individuando un percorso metodologico che rappresenta il livello minimo di attuazione di tale obbligo.
Sulla stessa linea anche l’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul luogo di lavoro OSHA ha ribadito e rilevato che i rischi psicosociali sono correlati ad una progettazione, organizzazione e gestione carenti, collegati ad un contesto sociale di lavoro inadeguato. Tali fattori possono comportare esiti psicologici, fisici e sociali negativi a danno dei lavoratori. Alcuni esempi di condizioni di lavoro che comportano rischi psicosociali sono:
- carichi di lavoro eccessivi;
- richieste contrastanti e mancanza di chiarezza sul ruolo;
- mancanza di coinvolgimento nell’adozione di decisioni che interessano il lavoratore;
- mancanza di influenza sul modo in cui viene svolto il lavoro;
- cambiamenti organizzativi mal gestiti;
- precarietà del lavoro;
- comunicazione inefficace;
- mancanza di supporto da parte dei dirigenti o dei colleghi;
- molestie psicologiche e sessuali; e
- clienti, pazienti, allievi difficili ecc.
La gestione dei rischi psicosociali legati al lavoro è un imperativo giuridico che era già stato stabilito nella direttiva quadro 89/391/cee del 12 giugno 1989, in cui si sottolineava come i datori di lavoro abbiano la responsabilità di garantire che i rischi, anche quelli psicosociali, debbano essere adeguatamente valutati monitorati e controllati sul luogo di lavoro.
Trascorsi trent’anni e pur essendo già stati individuati molti di questi rischi, l’indagine ESENER-3 (EU-OSHA) del 2019 ha evidenziato come questi fattori non solo siano i più difficili da gestire, rispetto ai rischi tradizionali di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e ma che questi siano ancora più difficilmente dimostrabili.
La rilevazione del 2019, inoltre, si è concentra su nuovi fattori emergenti di rischio pscicosociale come ad esempio:
– Rapporti con clienti difficili, pazienti, alunni (Having to deal with difficult customers, patients, pupils etc.);
– Sedentarietà prolungata (Prolonged sitting);
– Lavoro sotto pressione (Time pressure);
– Carenza di comunicazione/cooperazione all’interno dell’azienda (Poor communication or cooperation within the organisation);
Rispetto alla precedente rilevazione del 2014 (ESENER- 2) si sottolineano i rischi collegati alla non corretta gestione della SSL.
Le recenti pronunce della Corte di Appello di Firenze nr 559 del 21 settembre 2023 e l’ ordinanza nr 2084 della Corte di Cassazione del 19 gennaio 2024 sono passi importanti ai fini della declinazione delle tutele in materia nei luoghi di lavoro.
La pronuncia (n. 559 del 21 settembre 2023) della Corte d’appello di Firenze (su ricorso INCA) ha confermato la sentenza di primo grado (Tribunale di Pisa) che aveva riconosciuto la “costrizione lavorativa” come causa esclusiva di malattia professionale, una prima conferma in un lungo percorso di tutela della salute dei lavoratori. Lo stress derivante dall’organizzazione del lavoro e dalle condizioni ambientali ad esso collegate hanno conseguenze negative per la salute dei lavoratori ed il riconoscimento di tale danno è elemento importante per costruire la cultura della tutela della salute.
Di recente, inoltre, la Corte di Cassazione Civile, Sez. Lav., con l’ordinanza nr 2084 del 19 gennaio 2024 ha stabilito “l’obbligo del datore di lavoro di astenersi da iniziative, scelte o comportamenti che possano ledere, già di per sé, la personalità morale del lavoratore, come l’adozione di condizioni di lavoro stressogene o non rispettose dei principi ergonomici, oltre ovviamente a comportamenti più gravi come mobbing, straining, burn out, molestie, stalking e così via, alcuni anche di possibile rilevanza penale (sulla scorta di quanto affermato anche dalla Corte costituzionale, vedi per tutte: Corte Cost. sentenza n. 359 del 2003 e Cass. 5 novembre 2012, n. 18927).”
La Suprema Corte ha richiamato più volte nell’ordinanza l’art 2087 cc. (Tutela delle condizioni di lavoro). L’imprenditore e’ tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. Nell’ordinanza viene anche richiamata la recente ordinanza, sempre della Cassazione nr 3693 del 7 febbraio 2023, la quale ha affermato che: “è illegittimo che il datore di lavoro consenta, anche colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori (Cass. 19 febbraio 2016, n. 3291), lungo la falsariga della responsabilità colposa del datore di lavoro che indebitamente tolleri l’esistenza di una condizione di lavoro lesiva della salute, cioè nociva.” Continua sempre la Cassazione “È, infatti, comunque configurabile la responsabilità datoriale a fronte di un mero inadempimento – imputabile anche solo per colpa – che si ponga in nesso causale con un danno alla salute del dipendente.
I fattori specifici come pressioni legate ad eccessivo carico di lavoro, ritmi insostenibili, mancanza di adeguata organizzazione, pressioni per il raggiungimento di obiettivi oltre a produrre problemi sociali (abuso di farmaci, psicofarmaci, fenomeni di isolamento e di depressione) nel lungo termine producono conseguenze negative sulla vita lavorativa ed sulla vita sociale della persona e possono essere causa di infortuni oltre che di insorgenza o di acutizzazioni di malattie.
Queste recenti pronunce dimostrano come l’argomento “dei rischi e dei danni psicosociali” siano arrivati ad un punto talmente critico nelle diverse realtà aziendali da non poter più essere ignorate e derubricate a problemi fisiologici della condizione umana.