Le tante ragioni dell’Anpi per scendere in piazza il 25 maggio con La Via Maestra: contrastare la deriva autoritaria, l’autonomia differenziata, la povertà, i salari bloccati
Il Paese sta scivolando verso una deriva autoritaria? Ci sono segnali inquietanti, fra una manganellata, una censura, una minaccia al diritto di sciopero e un tentativo di riforma istituzionale che mette un uomo (o una donna?) solo al comando, riducendo l’ossatura della democrazia politica a un silenzio di cinque anni, intervallato da un voto.
Controprova, dal rapporto annuale Istat: 5 milioni e 752 mila persone in condizioni di povertà assoluta. I residenti in Italia al 31 dicembre 2022 erano poco meno di 59 milioni; quasi il 10 per cento sono cittadini poveri. I salari sono fermi da un trentennio (e negli ultimi anni mangiati dall’inflazione), a fronte di una crescita nell’area Ocse (la massima parte dei Paesi dell’occidente) del 32,5 per cento.
Davanti a questa situazione, le cui responsabilità, sia chiaro, non ricadono solo sul governo Meloni ma anche su tanti governi precedenti, si possono scegliere due linee: una linea che tende a contrastare le diseguaglianze attraverso una politica di redistribuzione dei redditi e di avvio di un nuovo welfare, e una linea che tende ad aumentare le diseguaglianze, ignorando la tragedia sociale che colpisce il Paese, e in particolare le terre meridionali. È quest’ultima la linea scelta fin dall’inizio dal governo con l’abrogazione del reddito di cittadinanza e poi con cento altri provvedimenti che colpiscono i ceti popolari.
A Napoli per un’altra Italia, quella costituzionale, fondata su pace e lavoro; a Napoli per quell’idea di Paese tracciata da venti mesi di Resistenza. Quale idea? Eccola: viva la Repubblica antifascista!
Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale Anpi