Dip.Antifascismo: comunicazione di Fulvia Busettini

Roma,16 ottobre 2024

Cosa vuol dire in questo inizio di XXI secolo dirsi antifascisti?

Oggi la parola sembra subire una sorta di presa di distanza nel dibattito pubblico.

Sembra che il tempo non sia oggi, ma solo un ricordo del passato e si fa un salto all’indietro, agli anni più bui della nostra storia, al fascismo violento, sanguinario, squadrista, autoritario del ventennio.

E allora che senso ha, non siamo mica lì, non c’è (come piace ricordare ai “negazionisti e afascisti”) “olio di ricino e manganello”… oggi non c’è quel fascismo, anzi non c’è il fascismo…e quindi non si “giustifica” l’attualità dell’antifascismo.

Facciamoci allora altre domande …

Sono praticati oggi i valori e i principi della Costituzione nata dalla Resistenza antifascista?

Libertà, diritti, uguaglianza, giustizia sociale ed ambientale, pace, tolleranza, rispetto delle regole della convivenza civile, rispetto e dignità della persona umana, solidarietà sono elementi che nei nostri giorni vengono praticati e rispettati come recita la Costituzione?

Camminiamo sul sentiero della democrazia e dei suoi valori umani universali?

Se rispondiamo a queste domande, guardando alla realtà che viviamo, ci rendiamo conto che questi valori sono in gran parte negati e che l’antifascismo è più che mai elemento di attualità, mentre il perimetro che definisce l’antifascismo oggi è lo stesso di ieri: la dignità della persona, la libertà, il lavoro, l’uguaglianza, la pace.

Cos’è allora l’antifascismo….

E’ riprendere il filo della memoria, il filo che riguarda il nostro Paese, la sua storia recente, la natura del nostro Stato democratico, le sue origini vicine, i suoi valori di riferimento.
Il filo della memoria e’ necessario, vorrei dire INDISPENSABILE!

…ma questo filo rischia di spezzarsi, non perché il tempo offuschi la memoria, ma perché il fascismo e’ tornato di attualità, di drammatica attualità.

Nubi nere si addensano sul nostro futuro!
Attorno a noi, in Europa, movimenti nazifascisti prendono sempre più piede.

La politica europea, e non solo, è minacciata dai nazionalismi, dai sovranismi, dal razzismo, dall’antisemitismo, dal terrorismo.
In Italia, in casa nostra, al governo vi è una classe politica che ha le sue radici “culturali” ( anche se viene difficile parlare di cultura!) in quegli anni che credevamo passati e lontani…tanto che conserva la tristemente conosciuta fiamma tricolore nel suo simbolo!
Il loro pensiero, il loro agire negano quel patrimonio nato con la Resistenza, che fondava la vita comune sulle libertà individuali e sulla capacità collettiva di organizzare la società.

Non si tratta di un confronto dialettico tra due visioni della vita e della società, ma, per noi, che abbiamo salde radici nella Resistenza ed in quello che ha rappresentato e rappresenta, della difesa di principi, diritti individuali e collettivi che pensavamo acquisiti per sempre e che invece vengono smantellati giorno per giorno, mettendo a rischio la democrazia, non come principio, ma come condizione e qualità della vita di tutti i giorni.

Oggi assistiamo ad uno smantellamento del nostro sistema democratico attraverso un revisionismo storico che è funzionale al ristabilimento di rapporti di forza nella società, favorevoli al potere, inteso come comando. Potere, rispetto al quale, rischiamo di divenire subalterni ed impotenti.
L’attacco ai diritti dei singoli passa anche attraverso lo scardinamento delle istanze democratiche organizzate e noi dobbiamo sentirci in prima linea nella difesa delle espressioni organizzate esistenti.
A maggior ragione perché la CGIL, il sindacato, e’ una delle principali espressioni di queste istanze.

Se il revisionismo storico si sviluppa con la manipolazione dell’informazione e l’occupazione degli strumenti di comunicazione, l’attacco ai diritti passa attraverso la repressione di ogni forma di espressione critica, di protesta e, immediatamente dopo, attraverso la repressione delle forme di dissenso e di organizzazione. Del resto, cosa rappresentano, se non questo, i contenuti del recente DDL sicurezza.
Sono il tentativo di spacciare per “sicurezza” la repressione di ogni espressione autonoma o organizzata di dissenso e di confronto.
Dobbiamo darci il compito, non di vigilare, ma di difendere il libero pensiero perché ne va della nostra funzione nella società.

La Costituzione e l’antifascismo, come valori fondanti, fanno parte della nostra cassetta degli attrezzi per poter continuare ad essere rappresentazione ed espressione delle istanze e speranze che le cittadine e i cittadini, e non solo le lavoratrici ed i lavoratori, devono avere la possibilità di riporre in noi.
Comprendere i fenomeni, restituire complessità ai nodi del passato, serve per decodificare il presente, ma non basta!
Deve esserci una presa di coscienza di cosa è stato quel periodo e quale il pericolo.
La esplicita rinascita fascista non è più solo un fatto estremo, marginale, di vecchi nostalgici, ma si riconosce in una cultura, anzi in un’incultura fascistoide, segnata da movimenti non dichiaratamente “fascisti”, ma che lo sono nella loro essenza, nei fatti, nei progetti che portano avanti e che, in un tessuto sociale disgregato ed egoista, minato dall’incertezza per il futuro, conquistano vasti consensi.

Torna il nazionalismo sciovinista, il razzismo, l’attacco alla libertà di stampa, l’insofferenza per l’opposizione, l’attacco ai diritti del lavoro e ai diritti civili, l’insofferenza per la liberazione femminile, l’omofobia.

Il fascismo ha mille volti, il fascismo si modifica come un virus ( prof.Luciano Canfora ) e si esplicita nella volontà ben determinata e precisa di capovolgere la verità storica, di riscrivere la storia della Repubblica, di cancellare l’antifascismo come fondamento del nostro Paese. A ciò si aggiunge la perdita di fiducia nella politica, la distanza dalle istituzioni di gran parte dei cittadini ed elettori, che minano alla radice il futuro democratico dei Paesi, anche di quelli, come il nostro, che hanno conquistato la democrazia ottant’anni fa.

Le spinte antidemocratiche sono un rischio per il futuro e se parliamo di “antifascismo oggi” non possiamo che parlarne in dimensione globale.

L’antifascismo è efficace solo se è diffuso, capillare ed è dai posti di lavoro che noi dobbiamo partire per renderlo funzionale, indispensabile per una società migliore, democratica, senza discriminazioni, inclusiva, con pari opportunità per tutti.

“L’ Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

Questo è l’avvio della nostra Costituzione nata dall’antifascismo e dalla Resistenza, e’ il suo primo articolo.

Non è un’affermazione casuale, ma è il frutto del contributo e dell’azione determinante che il mondo del lavoro, il movimento operaio diede alla sconfitta del fascismo.

L’antifascismo operaio e bracciantile, nato sui luoghi di lavoro, si unirà all’antifascismo storico, diventando un nucleo importante e forte che contribuirà a imprimere un segno indelebile al rapporto democrazia, Costituzione, lavoro, permettendo la nascita appunto della nostra Repubblica democratica fondata sul lavoro.

Il lavoro, oggi come allora, è elemento fondamentale della libertà della persona; per questo ha sempre contrastato le guerre ed i totalitarismi, sulla base del suo valore sociale e del sentire collettivo che lo caratterizza.

L’antifascismo viene declinato nel movimento sindacale, sia nella valorizzazione delle tutele, delle garanzie democratiche e nella conquista di nuovi diritti, sia nel cercare di modificare sempre più in senso democratico il modello sociale ed economico.

Oggi si tratta di fare nostro il contrasto alla deriva fascista in atto, per rafforzare e/o costruire partecipazione ed organizzazione tra le fasce sempre più ampie di popolazione che subisce un impoverimento progressivo e drammatico e che si fa “ammaliare” dalle parole d’ordine di questo sciagurato governo.

Parlare di antifascismo nella Cgil non è solo teoria, convegni, memoria, seppure importanti.

L’antifascismo e’ punto di riferimento dell’azione sindacale quotidiana, rappresenta la sintesi avanzata del progetto di emancipazione e di democrazia sociale: pluralismo, diritti, cittadinanza sociale.

Gli attacchi alle sedi sindacali nel passato e quello non lontano alla Cgil a Roma ci devono far riflettere a proposito di storia e di memoria: e’ l’attacco al mondo del lavoro.

Come Cgil ci siamo sempre battuti e ci battiamo per un’altra idea di societa’, che abbia al centro la dignità e la rilevanza del lavoro per la realizzazione piena della qualità della vita delle persone.

Operare seguendo il percorso valoriale che ci indicano la nostra Costituzione e lo Statuto della Confederazione è quindi (e deve essere) la nostra stella polare ed il metodo della nostra iniziativa ma, al tempo stesso, è l’espressione concreta dell’antifascismo che permea (e deve permeare) il nostro rapporto con gli iscritti e, più in generale, con le colleghe e i colleghi che continuamente incontriamo, a cui rispondiamo, di cui difendiamo i diritti.

Non può e non deve essere solo una mera attività di assistenza alle problematiche emergenti, ma deve contenere un messaggio chiaro ed esplicito ai valori che ci guidano.

Non può bastare la risoluzione concreta dei problemi che ci vengono segnalati, ma è necessario un processo di acculturazione e crescita sociale nei confronti di ogni lavoratrice e lavoratore con cui veniamo in contatto.

È fondamentale che, nel nostro agire quotidiano, si tenga bene a mente che il nostro sindacato non è un ente assistenziale, ma un “soggetto politico” che si muove ed agisce per propagare un’idea di società e di rapporti tra le persone alternativo, che si sostanziano nei dettati costituzionali e trovano il loro spirito guida nell’antifascismo!

Del resto, da sempre, ed ancora in questi anni, dobbiamo fare i conti con un drammatico processo di marginalizzazione e svalorizzazione del lavoro, in cui prevale il concetto di “lavoratore uguale merce”, che ha portato e porta con se’ condizioni di precarietà , di ricatto, di sfruttamento massivo dell’individuo.

È vero che, anche grazie alla nostra iniziativa, è cresciuto negli anni il riconoscimento della dignità e dei diritti dei lavoratori, ma ora stiamo assistendo ad un nuovo attacco, che si esplicita in strategie ed azioni che tendono ad espellere centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori dai luoghi di lavoro, ad accrescere lo sfruttamento nei confronti dei soggetti più deboli e che (e questo è il vero pericolo) trova supporto in un clima culturale disgregato, permeato da individualismo ed egoismo, che tende a spiegare, a giustificare ed a considerare necessario questo arretramento dei diritti ed il processo di marginalizzazione di una parte della società, accrescendo le funzioni di controllo e di restrizione delle prerogative democratiche, in nome di un’illusoria salvaguardia della sicurezza personale. Il DDL sicurezza, come ho già detto, e’ il paradigma di tutto questo!

Ecco perché è importante sapere e fare sapere che il (nostro) sindacato è un soggetto politico e che dietro l’assistenza all’iscritto c’è un’idea di società più giusta e inclusiva, che trova la sua fonte nei valori dell’antifascismo e che si esprime al meglio nel suo habitat naturale: il mondo del lavoro.

…da qui l’idea del Protocollo Anpi / Fisac

Il protocollo è un impegno concreto tra l’Anpi Nazionale e la Fisac Cgil Nazionale che, confermando e rilanciando le ragioni di una storica collaborazione tra l’Associazione nazionale partigiani e la Cgil, rafforza e rende costante l’impegno a sostegno della promozione dei valori della Costituzione, della Resistenza e dell’Antifascismo nel mondo del lavoro della nostra categoria.

L’accordo, oltre a rafforzare le ragioni del contrasto ad ogni tipo di neofascismo, fanatismo, terrorismo, nazionalismo e totalitarismo, prevede la promozione di iniziative di approfondimenti sulla storia della guerra partigiana, dei valori della Resistenza e contribuisce attivamente a promuovere la costituzione di sezioni Anpi nei luoghi di lavoro.

Stringere un rapporto più forte con l’Anpi, rapporto che è sempre esistito, significa anche lavorare sul piano della formazione nei luoghi del lavoro, sul tema dell’antifascismo e degli altri valori della lotta di Liberazione che si esplicitano nella Costituzione.

Nella situazione attuale, in cui, drammaticamente, la mancata attuazione della Costituzione si evidenzia, in primo luogo, nella svalutazione del lavoro, tra precariato e salari bassi, lavoro nero, caporalato e, in una, in quella parola che tutti ben conosciamo: lo sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori… proprio alla Costituzione è necessario ritornare per rinsaldare il legame tra Resistenza e Diritti!

Sino ad ora il Dipartimento Antifascismo, che si fa carico di amplificare questo Protocollo nelle aziende della categoria, ha realizzato assieme alle rsa di quelle aziende la costituzione di due sezioni Anpi in luoghi di lavoro, una in Unipol a Bologna e una in ambito credito in Bper a Genova.

La Fisac e il Dipartimento Antifascismo della Fisac fanno da motore, da stimolo, da volano per la creazione delle sezioni, fanno da trade union tra rsa dell’azienda e Anpi territoriale.

Per costituire una sezione sono necessarie un numero minimo di 20 adesioni.

Dopo questi passaggi di contatto con interni e con Anpi provinciale di riferimento, nei due casi citati Bologna e Genova, il Dipartimento e la Fisac si sono fatti da parte per lasciare posto interamente all’Anpi che dovrà agire, come fu per la Resistenza, per mobilitare una vasta pluralità di iscritte/i che si riconoscano nella Costituzione e nell’antifascismo.

Ecco perché noi non parliamo di dovere, ma di opportunità, anzi, di necessità di praticare forme di antifascismo “attuale” per superare le gravi difficoltà economiche e gli attacchi alle libertà individuali e collettive, in nome dei valori più alti finora espressi nella nostra società, quelli della Resistenza declinati in pieno nella nostra Costituzione.

Dipartimento Antifascismo Fisac Cgil Nazionale

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