Censis: siamo prigionieri dei numeri

By: Chris KhamkenCC BY-NC 2.0
da repubblica.it – Troppi numeri, poca informazione. E’ l’inconveniente di una società dove la coscienza collettiva diminuisce, mentre aumentano a dismisura i dati a disposizione. E allora come riuscire a districarsi nell’oceano di dati socio-economici diffusi quotidianamente dai media, in cui, per dirla con Luigi Einaudi, non si trova più il tempo di “conoscere per deliberare”, ma si preferisce “misurare per comunicare”? Una risposta ha provato a darla il Censis durante il convegno “Un mare di numeri senza interpretazione” organizzato nei giorni scorsi.

La Rete e, più in generale, l’Information Technology hanno contribuito nell’ultimo ventennio ad alimentare la domanda di dati e la loro fruibilità. Molte le opportunità, non pochi gli inconvenienti. Per capire che di troppi numeri si può morire, basta riflettere sulle cifre presentate dal rapporto della Fondazione Censis: più di 170 sondaggi pubblicati nelle prime 22 settimane di quest’anno (considerando solamente quelli comunicati all’Agcom). Una media di 8 a settimana. C’è poi la vasta mole di dataset prodotti ed elaborati dall’Istat nell’analogo periodo: 95 indagini, 4 a settimana. Un ritmo serrato che ha portato l’Istituto di statistica a incrementare la propria diffusione di dati del 23% tra il primo semestre 2010 e il primo semestre 2013.

Dall’evoluzione del quadro politico ai mille volti della crisi, passando per innumerevoli ricerche di mercato, l’obiettivo è sempre lo stesso: monitorare costantemente l’evoluzione dei comportamenti del cittadino-consumatore, protagonista unico e indiscusso dei processi sociali. Il grande rischio, emerso dal convegno Censis, è quello di favorire il “primato dell’annuncio rispetto all’interpretazione” del dato. La sbornia di numeri, talvolta neppure verificati adeguatamente, non produce automaticamente conoscenza, ma piuttosto opinioni di parte. Per Giuseppe De Rita, presidente del Censis, si tratta proprio di quella “società impersonale” capace sì di guardare il paesaggio sociale senza essere in grado di coglierne la complessità dei fenomeni e di elaborare idee per provare a modificarlo.

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