
La natura giuridica dei buoni pasto.
Il primo aspetto da prendere in esame è la natura giuridica dei buoni pasto, per chiarire se rientrino o meno nella retribuzione.
Al riguardo, si riportano alcuni principi di diritto espressi dalla Corte di Cassazione, prendendo come esempio la sentenza n. 31137/2019, che – seppure non recente – presenta un esame particolarmente chiaro e approfondito dell’argomento.
La causa decisa dalla Cassazione verteva sull’incidenza dei permessi di allattamento, dei periodi di astensione obbligatoria per maternità e/o dei congedi parentali ai fini dell’attribuzione dei buoni pasto e delle indennità di produttività e obiettivo.
Si riportano i principi di diritto stabiliti al riguardo: “per fermo indirizzo di questa Corte il valore dei pasti o il c.d. buono pasto, salva diversa disposizione, non è un elemento della retribuzione “normale” concretandosi lo stesso in una agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale. (Cfr. Cass. n. 12168/1988; Cass. n. 11212/2003; Cass. n. 14047/2005; Cass. n. 20087/2008; Cass. n. 14290/2012; Cass. n. 13841/2015; Cass. n. 14388/2016).
(omissis)
Ma deve essere sottolineato che, proprio per la suindicata natura, il buono pasto non è configurabile come un corrispettivo obbligatorio della prestazione lavorativa, in quanto la sua corresponsione – quale agevolazione di carattere assistenziale – piuttosto che porsi in collegamento causale con il lavoro prestato dipende dalla sussistenza di un nesso meramente occasionale con il rapporto di lavoro, secondo la relativa configurazione della contrattazione collettiva cioè con riguardo all’orario di lavoro (settimanale e giornaliero) ivi stabilito per la fruizione dei buoni pasto, nella cornice indicata dall’art. 8 del d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro).”
In estrema sintesi, la sentenza stabilisce una correlazione fra orario di lavoro, pausa pranzo e indennità di mensa: è una tesi giuridica schematica ma logica e sensata, il buono pasto spetta se il pasto si colloca all’interno dell’orario di lavoro, a prescindere dal luogo in cui si svolge il lavoro e dal grado di impiegato o quadro direttivo o altro.
I principi di diritto espressi dalla sentenza di cui sopra sono ancora ripresi dalla Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 8090/2024 che si allega.
Inoltre, si allega una raccolta di massime di giurisprudenza di merito e di legittimità, che appaiono costanti nella qualificazione della natura giuridica dei buoni pasto o indennità di mensa che dir si voglia.
Il caso affrontato dalla Corte di Cassazione
L’ordinanza n. 25840/2024: spettanza dei buoni pasto durante le ferie.
La causa era stata avviata da un lavoratore dell’Ente Autonomo Volturno SRL (una società di trasporto ferroviario e di autobus) che lamentava di aver percepito durante le ferie un trattamento economico peggiorativo – in relazione all’indennità perequativa, all’indennità compensativa e al buono pasto – rispetto a quanto percepito nei periodi lavorativi.
In sintesi, la Cassazione – con la citata ordinanza n. 25840/2024 – ha confermato la sentenza n. 553/2023 della Corte d’Appello di Napoli, stabilendo che le voci retributive sopra citate spettano anche durante le ferie. Ciò in applicazione della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, che stabilisce il diritto alla retribuzione ordinaria durante le ferie, osservando che “una diminuzione della retribuzione potrebbe dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie”.
Nel caso in esame, la costruzione della retribuzione ordinaria prevista nel CCNL dei Trasporti applicato nell’EAV SRL, ripresa anche dall’accordo regionale del 15/12/2011 (stipulato per affrontare la crisi regionale del trasporto locale in Campania), rappresenta il punto centrale.
Nel CCNL di riferimento, all’art. 3 vengono elencate le voci della retribuzione in cui viene ricompresa, al punto e), l’indennità di mensa (alternativa ai buoni pasto). Allo stesso modo, il citato accordo regionale, all’art. 2, aveva confermato l’indennità di mensa nella struttura della retribuzione.
In conclusione, nel settore dei trasporti l’indennità di mensa fa parte della retribuzione ordinaria e pertanto deve essere riconosciuta ai lavoratori indipendentemente dalla presenza. La contraddittorietà fra quest’ultima pronuncia e la precedente giurisprudenza della Suprema Corte è solo apparente.
Si allega una disamina più ampia e dettagliata dell’ordinanza n. 25840/2024.
I riflessi della giurisprudenza di Cassazione sui contratti collettivi del credito e delle assicurazioni: natura giuridica dei buoni pasto.
Nel CCNL del Credito (ABI) del 2023 l’indennità di mensa non è prevista tra le voci della retribuzione; in particolare, l’art. 98 recita:
“Fermo quanto previsto al cap. VI del presente contratto, le voci che compongono il trattamento economico del personale delle aree professionali sono le seguenti:
- stipendio,
- scatti di anzianità,
- importo ex ristrutturazione tabellare per ciascuno scatto di anzianità,
e, ove spettino
- indennità varie (indennità di rischio, sotterraneo, concorso spese tranviarie, etc.).”
Nel CCNL del credito il buono pasto sostituisce il servizio mensa; per questo motivo il buono pasto non fa parte della retribuzione ordinaria e pertanto la mancata corresponsione dei ticket pasto durante le ferie non costituisce una riduzione della retribuzione.
Nel CCNL delle assicurazioni (ANIA) l’art. 96 secondo comma specifica – fra l’altro – che i buoni pasto non sono erogati duranti le ferie: tale pattuizione contrattuale comporta quindi che la previsione della citata oridnanza della Cassazione non è estensibile al settore assicurativo.
I riflessi della giurisprudenza di Cassazione sui contratti collettivi del credito e delle assicurazioni: buoni pasto in relazione al lavoro a tempo parziale e al lavoro agile.
Sui punti specifici il CCNL del Credito contiene lacune ed esclusioni:
- l’art. 38 c. 12 stabilisce genericamente per il telelavoro la parità di trattamento economico rispetto al lavoro in presenza senza precisare nulla sul buono pasto;
- l’art. 39 (punti “diritti e doveri”) stabilisce che in caso di lavoro agile spetta il buono pasto solo per il lavoro presso altra sede o hub aziendale e quindi lo esclude per il lavoro da casa;
- l’art. 53 fissa il principio che il buono pasto spetta ai lavoratori che effettuano l’intervallo (quindi sono esclusi i tempi parziali); inoltre esclude la spettanza ai quadri di 3° e 4° livello.
Peraltro, l’applicazione dei principi di diritto stabiliti dalla Cassazione porterebbe all’attribuzione dei buoni pasti in caso di telelavoro, di lavoro da casa o in qualunque sede e anche a tempo parziale (ad es. nel caso di orario di 6 ore giornaliere), a condizione che l’orario sia tale da prevedere l’intervallo di pranzo. Ovviamente tale condizione porterebbe all’esclusione di un numero significativo di lavoratori a tempo parziale.
Il CCNL ANIA 2017, all’art. 102 stabilisce la spettanza dei buoni pasto ai lavoratori che svolgono l’attività lavorativa secondo l’orario di cui all’art. 101 n. 1 lett. a), vale a dire 37 ore settimanali con previsione di una pausa pranzo di un’ora. Inoltre, le “Linee guida per il lavoro agile” siglate dall’ANIA e dai sindacati il 24 febbraio 2021, stabiliscono la spettanza del buono pasto in caso di lavoro agile. Ne consegue che il CCNL ANIA è allineato alla giurisprudenza di Cassazione.