Fisac Banca Reale: 27 gennaio – Storia, pensiero razionale e giudizio morale

3 - Fisac Cgil

Care colleghe e cari colleghi,

vorrei che vi fermaste un attimo oggi. Un attimo del nostro tempo per riflettere su qualcosa di noi, di come funziona la nostra visione della storia, di come opera la nostra memoria.

Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche dell’Armata Rossa aprirono i cancelli del campo di concentramento di Auschwitz, liberando i prigionieri. Sessant’anni dopo, l’ONU ha stabilito che quella fosse la data deputata per ricordarci, almeno una volta l’anno, cosa è stato quello che chiamiamo per estensione “Olocausto“. Fu un sistema che scientificamente annientò milioni di esseri umani: due terzi degli ebrei europei, insieme a zingari, omosessuali, avversari politici del nazi-fascismo, prigionieri militari, disabili. Circa quindici milioni di persone considerate inferiori e indesiderabili. Rifiuti da smaltire.

Ricordare ciò che è stato è doloroso, indispensabile, necessario. Così come è fondamentale attribuire in modo corretto le responsabilità. È necessario tenere a mente che tutto quello che accadde fu compiuto a norma di legge. Pensate che le Leggi Razziali italiane del 1938 erano persino più severe di quelle di Norimberga del 1935, come ci ricorda Scurati. Comprendere come si sia arrivati a questo non è affatto semplice: occorre accettare la banalità del male di cui l’essere umano è capace (Hannah Arendt). Ognuno di noi ha fatto letture, visto film, spettacoli teatrali o documentari. Quello su cui vorrei ragionare con voi è la delicatezza della stagione in cui viviamo. Fino a pochi anni fa era forte il timore che si dimenticasse questa tragedia. Ora, personalmente, non temo più l’oblio quanto la mistificazione.

Nell’ultimo lustro, alcuni sindaci hanno negato il sostegno ai treni della memoria, definendoli “iniziative di parte”, come se fosse necessario ascoltare anche le ragioni dei carnefici. Una par condicio completamente distorta. Persino durante la pandemia, l’Olocausto è stato usato da alcuni come termine di paragone.
Più di recente, seppure con finalità nobili, in molte e molti sono scivolati nella tentazione di paragonare genocidi moderni con la Shoah. Con quale risultato? Si svuota la memoria del passato e si vanifica la comprensione del presente. Un presente in cui le posizioni pro o contro sono completamente polarizzate. Il tentativo di raccontare lo sterminio dei palestinesi, sostenendo che gli israeliani sarebbero esattamente come i nazisti, non sposta di una sola unità il numero delle persone consapevoli di questo dramma. Anzi, visto che “vale tutto”, abbiamo letto accuse feroci di antisemitismo rivolte a quanti (persino ebrei, n.d.r.) si dicono angosciati dalle migliaia di inermi trucidati in Medio Oriente in questi decenni.

Ecco perché è importante non confondere, non mescolare, non inquinare, non mistificare la storia. Non importa quanto legittima e quanto giusta riteniamo la nostra causa: sarà sempre sbagliato fare un torto a una tragedia umana per tentare di sostenerne un’altra.

Dove ci porta questa modalità? Cosa si attiva in voi quando vedete i manifesti del Giorno della Memoria o quando i vostri figli, tornando a casa da scuola, vi raccontano di cosa hanno parlato e di quali testimonianze hanno ascoltato?

E poi, cosa pensate quando vedete le immagini delle deportazioni di oggi o le riprese dall’alto delle città rase al suolo? Un tempo avrei concluso con le parole di George Santayana: “Coloro che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripeterlo.”. Oggi vi dico che la memoria non serve a nulla se non la coniughiamo a un pensiero razionale e a un giudizio morale.

“Mi piace camminare sulla neve vergine perché non voglio camminare sui pensieri altrui: ogni passo, un pensiero.”

Vittorio Vialli, internato militare italiano, 1943 – 1945

La RSA Fisac/CGIL
In Banca Reale

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