La Direttiva UE 2022/2041 sul salario minimo è stata approvata il 14 settembre 2022 e doveva essere recepita entro il 15 novembre 2024.
Una Direttiva Poco Cogente e le Critiche Sindacali
Ricordiamo che quello che prevede la direttiva è, per gli Stati membri con salario minimo legale, di «attuare un quadro procedurale per fissare e aggiornare questi salari minimi secondo un insieme di criteri chiari», che gli aggiornamenti dei livelli siano attuati almeno ogni due anni o non oltre i quattro anni, mentre per gli Stati che non prevedono il salario minimo e con meno dell’80% di copertura della contrattazione collettiva, c’è l’obbligo di presentare un piano e un calendario specifico per arrivare a quel livello.
La normativa in realtà è ben poco cogente, tant’è che è stata criticata da parte della sinistra e da vari sindacati. In effetti la direttiva non prevede in alcun modo un obbligo a introdurre un salario minimo per i cinque Stati che non ce l’hanno (Italia, Danimarca, Svezia, Austria e Finlandia), nei quali le retribuzioni minime sono frutto delle contrattazioni collettive di categoria. Né tantomeno indica livelli precisi di salario minimo per i restanti 22 Stati che invece lo prevedono per legge.
Il Ricorso della Danimarca e le Divisioni in Europa
La Danimarca (sostenuta dalla Svezia), a difesa del proprio modello di contrattazione collettiva senza salario minimo legale, ha presentato un ricorso alla Corte di Giustizia UE per l’annullamento della direttiva (causa C-19/23). Il Motivo principale è che la direttiva violerebbe l’articolo 153, paragrafo 5, del TFUE, che esclude la competenza dell’UE sulle retribuzioni.
A favore della direttiva invece si sono espresse nelle udienze Belgio, Germania, Grecia, Spagna, Francia, Lussemburgo, Portogallo, sostenendo la necessità di avere una regolamentazione. Tra le forze politiche, il Gruppo dei Socialisti Europei ha dichiarato di prendere atto con preoccupazione del pronunciamento dell’avvocatura generale.
Quanto all’Italia, la Cgil ha evidenziato la totale assenza di confronto e d’informativa da parte del Governo sulla fase di recepimento e trasposizione nel nostro ordinamento della Direttiva relativa ai salari minimi nell’Unione europea. Questo ben prima, delle già citate conclusioni dell’Avvocato generale presso la Corte di Giustizia UE sul ricorso presentato dalla Danimarca.
Le Critiche alla Legge Delega e il Parere della Corte UE
Sono poi ben note le critiche sulla legge delega che anziché rafforzare la contrattazione collettiva agisce per indebolirla e alla mancanza di definizione di politiche di contrasto a dinamiche di salario depressive.
L’Avvocato generale Nicholas Emiliou ha dato ragione ai ricorrenti, ritenendo la direttiva incompatibile con il diritto europeo. Le criticità evidenziate dall’Avvocato generale sono che l’UE non ha competenza sulla materia salariale, che la direttiva interferisce con le politiche nazionali, pur senza fissare livelli di retribuzione e infine che la procedura di approvazione avrebbe richiesto l’unanimità, ma è stata adottata a maggioranza.
Possibili conseguenze di una bocciatura della direttiva
Se la Corte di Giustizia UE seguirà il parere dell’Avvocato generale, come spesso avviene, la direttiva sarà annullata e gli Stati membri non avranno più l’obbligo di rispettare le disposizioni della direttiva. Ci sarebbe quindi un impatto su 20 milioni di lavoratori europei, che avrebbero potuto beneficiare della direttiva. Gli Stati potrebbero quindi modificare le disposizioni degli ordinamenti nazionali che sono nel frattempo state adottate al fine di trasporre le disposizioni previste dalla Direttiva.
Cfr.
– Silvia Spattini Bollettino – Adapt n°3 – Verso l’annullamento della direttiva europea sui salari minimi adeguati?
– Giovanni Maria Del Re – Avvenire – Perché la direttiva sul salario minimo rischia la bocciatura
VEDI ANCHE: Cgil.it – Memoria audizione su salario minimo del 28 gennaio 2025