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È affidato a Papà Cervi il messaggio augurale per il 25 aprile 1954. “Le cose come vanno non promettono bene” avverte il padre dei sette Fratelli di Campegine uccisi dai fascisti.
Il timore è per il riarmo, della Germania in particolare, mentre incombe l’incubo nucleare. “Quando dicono che questo lo fanno per la pace io non ci credo. E non credo che in questo modo si difenda l’Italia e si unisca l’Europa. L’Europa unita la conoscemmo — anche in casa mia dove ospitammo prigionieri di tutti i Paesi — quando i popoli insorsero contro il nazifascismo per la loro indipendenza”.
Scrive Alcide Cervi “Io sono un contadino, e di tante cose non m’intendo ma di terrà sì, e le mie mani la buona terra la riconoscono al tatto. Ora dico che la terra sulla quale si vuole costruire l’avvenire d’Italia non è buona. Non è quella che la Resistenza ha preparato. I miei figli direbbero — se fossero ancora vivi — che vuole essere livellata”.
Perché “non si spegne la Resistenza. Dieci raccolti ho mietuto sulla terra dei miei figli dalla fine della guerra e a ognuno, nel riporlo, s’accompagnava la speranza che l’anno dopo le cose sarebbero andate meglio”.
Quindi: “Fiducia deve esserci in noi che celebriamo il nono anniversario della Liberazione e certezza che la nuova Resistenza salverà la pace e l’indipendenza nazionale. Avanti dunque, amici e compagni, partigiani, reduci e combattenti, patrioti, mamme e genitori che oggi come me pensate ai Caduti. Uno dei miei figli disse una volta a sua madre che gli chiedeva come sarebbero finite le cose: «Nemmeno noi sette ci conteremo più alla fine. Ma il mondo sarà cambiato, ci sarà la libertà, più giustizia e quelli che resteranno potranno lavorare e progredire in pace».
Con la stessa fede, andiamo avanti.
Io, Papà Cervi.
SONO CON VOI”.
Patria Indipendente
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