Banca d’Italia: ennesima riforma, un cambio senza visione

E il rischio, ancora una volta, è che a farne le spese siano le persone

Con l’ennesimo intervento organizzativo che riguarda i Servizi GCM, BAN e gran parte delle segreterie dell’Amministrazione centrale, la Banca d’Italia compie un’operazione che – al netto dei tecnicismi – solleva più interrogativi che risposte.

Si riorganizza, si spostano strutture, si ridefiniscono compiti. Ma non si intravede alcun progetto di medio periodo, men che meno una visione capace di guidare con consapevolezza e responsabilità il futuro della funzione industriale della Banca.

Dietro parole come “sinergia”, “semplificazione” e “flessibilità organizzativa”, non c’è una strategia vera. Solo l’ennesimo tentativo di riadattare l’organigramma senza affrontare davvero il nodo centrale: cosa vogliamo fare della stamperia? Quale ruolo intendiamo darle in un contesto in rapido cambiamento?

DA CENTRO DI ECCELLENZA A REPARTO MARGINALIZZATO?

La stamperia è stata per anni un fiore all’occhiello della Banca d’Italia, riconosciuta a livello europeo e internazionale per l’elevata qualità produttiva, l’affidabilità, la competenza delle persone.

Un ambiente ad alta specializzazione, con processi complessi, carichi di responsabilità, tecnologie avanzate e un’identità industriale forte e consolidata.

Eppure, oggi la si considera poco più di un elemento da riallocare altrove, all’interno di un nuovo Dipartimento che accorpa produzione e risorse umane, come se le esigenze e la cultura del lavoro industriale potessero coincidere con quelle degli uffici amministrativi. Un’operazione che rischia di spersonalizzare, isolare, impoverire.

PROFESSIONALITÀ E VITE REALI: CIÒ CHE NON SI VUOLE VEDERE

Dietro ogni banconota stampata ci sono persone. Donne e uomini con competenze costruite in anni di lavoro con la responsabilità di garantire che ogni pezzo risponda a criteri di qualità, sicurezza e riservatezza altissimi.

C’è chi lavora fianco a fianco con impianti sofisticati, chi controlla la precisione di inchiostri e carte, chi assicura la tracciabilità e la custodia dei materiali più sensibili.

Questo patrimonio umano e professionale non viene nemmeno citato nei documenti ufficiali.

Non si parla delle difficoltà quotidiane, dell’usura psicofisica, della necessità di aggiornamento continuo, né dell’urgenza di un serio piano per il ricambio generazionale. Si usano formule astratte, che svuotano di senso il lavoro reale. Come se tutto potesse essere affrontato con “flessibilità” e “ottimizzazione dei processi”.

DAL PICCO PRODUTTIVO ALL’ORIZZONTE INCERTO

Nel 2022 si è registrato un picco produttivo con oltre un miliardo di pezzi stampati. Oggi, invece, ci si prepara a un triennio di forte contrazione, senza però nessuna idea su come affrontare il calo di volumi.

Si confida nel lancio futuro della terza serie dell’euro, come se bastasse questo a risolvere tutto.

Ma senza un progetto industriale chiaro, senza investimenti, senza un piano condiviso con chi lavora, la stamperia rischia di perdere progressivamente ruolo, valore e motivazione.

La stampa delle banconote non è solo una funzione tecnica: è un presidio di fiducia, un asset strategico, un simbolo. E come tale va trattata.

LE SEGRETERIE: INVISIBILI MA ESSENZIALI

Non va meglio per chi lavora nelle segreterie, altra parte fondamentale della macchina organizzativa.

Si annuncia la riduzione e accorpamento delle segreterie con l’obiettivo dichiarato di “semplificare” e “digitalizzare”. Ma nella realtà, si tratta dell’ennesimo taglio mascherato da efficienza.

Chi lavora nelle segreterie svolge un ruolo insostituibile: presidia la memoria operativa delle strutture, gestisce il flusso informativo, mantiene i contatti tra reparti e direzioni, intercetta i problemi prima che diventino criticità.

Eppure, con un tratto di penna, queste funzioni vengono smembrate, distribuite altrove, svuotate.

Razionalizzare non può voler dire indebolire. Semplificare non può significare cancellare.

BUDGET E SPESA: TRASFERIMENTI CHE NASCONDONO PROBLEMI

Nel quadro dei cambiamenti annunciati, anche il settore budget e spesa del servizio RFP subisce un trasferimento silenzioso ma significativo.

Un passaggio che potrebbe sembrare neutro, persino marginale. Ma che in realtà scarica su altre strutture una funzione delicata e complessa, senza chiarezza sui carichi, sulle modalità operative, sui tempi di transizione.

Chi ha seguito per anni questi processi, costruendo competenze e relazioni di lavoro efficaci, viene di fatto “esautorato” – o in alcuni casi lasciato indietro – senza un reale riconoscimento del lavoro svolto, né una fase di ascolto o di confronto preventivo.

NON SI PUÒ CHIAMARE STRATEGIA QUELLA CHE È SOLO GESTIONE

Ogni riorganizzazione dovrebbe essere un’occasione per crescere, per fare scelte lungimiranti, per coinvolgere chi è in prima linea.

Invece, anche questa volta, le decisioni arrivano dall’alto, senza confronto vero, senza coinvolgimento delle persone, senza attenzione per l’impatto concreto sui luoghi di lavoro.

Ma non si costruisce il futuro cancellando il passato. Non si difende il valore distruggendo l’identità. Non si fa innovazione ignorando chi ogni giorno la rende possibile.

IL SINDACATO C’È. E NON CI STA.

Non possiamo accettare che il lavoro diventi un effetto collaterale delle riorganizzazioni. Non possiamo tacere mentre si smantella, pezzo dopo pezzo, ciò che è stato costruito con fatica, intelligenza e dedizione.

  • Chiediamo trasparenza, ascolto, visione.
  • Chiediamo rispetto per le persone, non solo per gli organigrammi.
  • Chiediamo un futuro. Un vero futuro.

Roma, 16 aprile 2025

La Segreteria Nazionale

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