Oplà – Ottobre 2025: INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Oplà – Ottobre 2025: INTELLIGENZA ARTIFICIALE

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Come l’intelligenza artificiale sta cambiando il lavoro

Un tempo la paura era quella dei robot che ci avrebbero tolto il lavoro. Oggi la minaccia – o l’opportunità, a seconda dei punti di vista – ha un nome più sofisticato: intelligenza artificiale.

Silenziosamente, ma con una rapidità impressionante, gli algoritmi stanno ridisegnando l’economia globale, cambiando le professioni e costringendoci a ripensare il senso stesso del lavoro umano.

Quando l’automazione bussa alla porta

Non è più solo questione di catene di montaggio. Oggi l’automazione si insinua nei settori più insospettabili: scrive testi, genera immagini, risponde ai clienti, analizza dati, suggerisce strategie.

Cassieri, operatori di call center, impiegati amministrativi e addetti alla logistica sono già tra le figure più esposte, ma anche professioni più qualificate – come analisti, contabili e persino consulenti – stanno iniziando a sentirne il fiato sul collo.

Più che di sostituzione, però, dovremmo parlare di trasformazione. I lavori non spariscono, cambiano pelle. Il valore non sta più nel ripetere un gesto, ma nel saper interpretare, adattare e creare.

I consulenti assicurativi nell’era dell’Intelligenza Artificiale

Il nostro mondo delle assicurazioni è un perfetto laboratorio per osservare questa metamorfosi.

Fino a pochi anni fa il consulente assicurativo era una figura chiave: conosceva il cliente, capiva i suoi bisogni e trovava la polizza giusta per lui. Oggi, algoritmi di intelligenza artificiale fanno in pochi secondi quello che un tempo richiedeva ore: analizzano i rischi, calcolano premi, personalizzano offerte.

Chatbot sempre più raffinati rispondono alle domande dei clienti, elaborano preventivi, gestiscono reclami e perfino suggeriscono aggiornamenti contrattuali.

Risultato? Le attività più ripetitive del consulente vengono assorbite dalla macchina. Ma il nostro lavoro non scompare: si sposta più in alto. 

Il nuovo consulente non è solo un venditore, ma un interprete dei dati, un alleato del cliente in un mondo di informazioni complesse. La fiducia, l’empatia, la capacità di comprendere le emozioni e le priorità delle persone restano competenze umane insostituibili.

Il rischio non è che la tecnologia elimini il consulente, ma che elimini chi non saprà evolversi con essa. In altre parole, non è la fine del lavoro, ma l’inizio di un modo nuovo di lavorare. Rischi, disuguaglianze e nuove dipendenze Ogni rivoluzione, però, ha il suo prezzo.

Milioni di posti rischiano di sparire o di diventare irrilevanti. Le disuguaglianze si ampliano: chi possiede competenze digitali di alto livello vedrà crescere il proprio valore, mentre molti altri rischiano di restare indietro.

C’è poi il tema della dipendenza tecnologica: se deleghiamo troppo alle macchine, che ne sarà del pensiero critico, della creatività, della responsabilità?

E ancora: chi controlla gli algoritmi? Chi decide cosa “imparano”? Le questioni etiche e sociali sono enormi, e non possono più essere ignorate. Il futuro del lavoro dipenderà da come decideremo di usare l’intelligenza artificiale: come strumento o come padrone.

Possiamo costruire un mondo in cui l’IA liberi l’uomo dalle mansioni più ripetitive e gli permetta di dedicarsi a ciò che nessuna macchina potrà mai replicare: la creatività, l’empatia, la cura, la relazione.

Ma questo richiede formazione, consapevolezza e visione etica. L’intelligenza artificiale è uno specchio che riflette ciò che siamo. Sta a noi decidere se usarla per migliorarci, o per scomparire dentro la sua perfezione fredda e silenziosa.

Gianluca Palomba

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