Dal palco di Roma: basta guerre, costruiamo la pace!

Dall’intervento di Francesca Giuliani – Roma 25 Ottobre 2025

Città distrutte, economie crollate, popolazioni affamate e un pianeta sempre più instabile. È necessario un cambiamento profondo: investire nella pace, non nelle armi; nella giustizia, non nella violenza. La guerra è un crimine che colpisce i civili e i lavoratori, distrugge i diritti e alimenta ingiustizia.

Un mondo in fiamme: più di 50 guerre attive

Nel mondo sono attualmente in corso oltre cinquanta conflitti armati, che hanno causato centinaia di migliaia di vittime e decine di milioni di morti. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: città completamente distrutte, ambienti naturali devastati, economie ridotte al collasso.

È giunto il momento di dire basta. Basta alla guerra in Ucraina, che da troppo tempo continua a seminare morte e distruzione. L’Europa deve assumersi la responsabilità di essere attore di pace e non di guerra. Serve un cambio di rotta immediato, con un cessate il fuoco effettivo e l’avvio di negoziati veri e credibili, che pongano l’Europa e la sicurezza comune al centro di un nuovo equilibrio internazionale.

La tragedia del popolo palestinese

È necessario dire basta anche all’oppressione e al massacro del popolo palestinese, come hanno chiesto milioni di cittadini e cittadine scesi in piazza in tutto il mondo con manifestazioni e scioperi.

Ciò che è accaduto a Gaza e in Cisgiordania è inaccettabile: quasi settantamila persone hanno perso la vita, mentre un’intera popolazione è affamata, costretta a fuggire continuamente, priva di assistenza e di rifugi sicuri.

A tutto questo si aggiungono gli attacchi dei coloni ai villaggi palestinesi in Cisgiordania, in un contesto di crimini di guerra, pulizia etnica e veri e propri atti di genocidio.

È indispensabile un vero piano di pace, che sia fondato sul diritto internazionale e sulle risoluzioni delle Nazioni Unite. Occorre rifiutare con forza ogni forma di violenza, di oppressione e di nuovo colonialismo.

Chi ha commesso crimini di guerra deve essere giudicato dalla Corte Penale Internazionale e dalla Corte di Giustizia Internazionale, senza eccezioni o giustificazioni. Niente deve rimanere impunito.

La guerra è sempre una sconfitta per il lavoro e per la vita civile

La guerra è un crimine contro l’umanità e contro il futuro. Non ha mai risolto i problemi: non li ha risolti in Medio Oriente, né in Afghanistan, né in Nord Africa, né in Europa.

Al contrario, la guerra colpisce le popolazioni civili, i lavoratori e le lavoratrici, distruggendo comunità, economie e diritti. Ogni conflitto è sempre anche una guerra contro il lavoro.

Da mesi assistiamo a una escalation di guerre e tensioni internazionali, che rappresentano una terza guerra mondiale a pezzi, come ha ricordato più volte Papa Francesco. E invece di intraprendere la via del disarmo, molti governi si sono lanciati in una nuova e pericolosa corsa agli armamenti.

La storia ci insegna che ogni volta che le nazioni scelgono di armarsi, presto o tardi arrivano i conflitti globali — come è accaduto nel 1914 e nel 1939.

Il riarmo arricchisce i mercanti di morte e impoverisce i popoli

È inaccettabile che i 27 Paesi dell’Unione Europea abbiano deciso di destinare 6.800 miliardi di euro alle spese militari, mentre l’Italia prevede 700 miliardi di euro nei prossimi dieci anni.

Queste cifre sono scandalose se pensiamo che mancano fondi per la sanità pubblica, per l’istruzione, per la transizione ecologica, per il lavoro e per il welfare.

Il riarmo non crea sicurezza, ma distruzione. È un affare per i mercanti di morte, non per i lavoratori e per i cittadini.

La vera sicurezza si costruisce con politiche di giustizia sociale, non con l’acquisto di nuove armi.

Abbiamo bisogno di più scuole, non di più cacciabombardieri.

Abbiamo bisogno di più ospedali, non di più carri armati.

Abbiamo bisogno di energia pulita, non di nucleare.

Abbiamo bisogno di pannelli solari, non di missili.

Abbiamo bisogno di salari più alti, non di bombe più potenti.

In altre parole, occorre investire nelle persone e non nelle armi, per costruire una società equa, sicura e pacifica.

Un movimento europeo per un’economia di pace

Questo messaggio risuona in tante piazze e movimenti: dalla Marcia Perugia–Assisi alle campagne Stop Rearm Europee Ferme Rearmo, dalle manifestazioni di Marzabotto e Roma alle tante iniziative di solidarietà con la popolazione palestinese, fino alla carovana per un’economia di pace promossa da Sbilanciamoci, Rete Pace e Disarmo e molte altre realtà.

Tutti insieme affermano un principio fondamentale: la pace non si ottiene con le armi, ma preparando la pace.

Questo significa disarmare i conflitti, investire in coesione sociale, promuovere cooperazione internazionale e politiche di sviluppo sostenibile.

Preparare la pace significa costruire giustizia, diritti e democrazia

Preparare la pace non vuol dire soltanto evitare la guerra, ma costruire le condizioni per una convivenza giusta e duratura.

Significa svuotare gli arsenali, creare lavoro dignitoso, promuovere i diritti umani, difendere l’ambiente e garantire opportunità per tutti.

Significa anche accogliere i migranti e tutelarne i diritti, riconoscendo la loro dignità e il loro contributo alle società europee.

Vuol dire costruire la giustizia nel mondo, rafforzando la democrazia internazionale e riformando le Nazioni Unite, affinché tornino a essere un luogo efficace di mediazione e di pace tra i popoli.

La pace non è solo assenza di guerra, ma una condizione positiva, fatta di lavoro, diritti, libertà, giustizia sociale e democrazia. È un processo quotidiano che richiede impegno, responsabilità e solidarietà.

Disobbedire alla guerra, obbedire alla Costituzione

La flottiglia per la pace rappresenta un grande esempio di mobilitazione non violenta. La non violenza, anche quando si manifesta come disobbedienza civile, è e deve restare il nostro faro.

Disobbedire alla guerra, alla violenza e all’ingiustizia significa affermare con forza i principi della Costituzione italiana e del diritto internazionale. Occorre obbedire all’articolo 11 della Costituzione, che ripudia la guerra come mezzo di offesa alla libertà degli altri popoli.

Bisogna obbedire alla Carta delle Nazioni Unite, nata per evitare il flagello della guerra alle generazioni future.

E infine, obbedire alla Dichiarazione universale dei diritti umani, che mette al centro la dignità, la libertà e l’uguaglianza di ogni persona. Noi siamo e saremo sempre da una sola parte: la parte della giustizia, della solidarietà e della pace.

 

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