Dal palco di Roma: Italia, armi e diritti, perché la Palestina ci riguarda da vicino

Un legame diretto tra spese militari e diritti sociali

Durante il suo intervento, Maria Elena Delia ha ricordato come la questione palestinese non sia distante dalle battaglie sociali portate in piazza dalla CGIL. «C’entra tutto», ha affermato, sottolineando che l’Italia è tra i tre principali Paesi — insieme a Stati Uniti e Germania — che forniscono armi a Israele.

Solo nel 2025 gli investimenti destinati al riarmo supereranno i 30 miliardi di euro, con l’obiettivo, su richiesta della NATO, di portare la spesa militare fino al 5% del PIL nei prossimi cinque anni.

L’economia di guerra e i tagli al welfare

Secondo Delia, le conseguenze di questa scelta sono chiare: «Quando diciamo che non ci sono risorse per la scuola o la sanità, ma troviamo miliardi per il riarmo, capiamo dov’è il problema».

L’economia di guerra alimenta fenomeni come inflazione, blocco dei salari e precarietà del lavoro, mentre la sanità pubblica e la scuola sopravvivono grazie all’impegno dei lavoratori del settore.

«Il nostro welfare — ha aggiunto — viene eroso per sostenere un modello militare che toglie risorse ai cittadini.»

Gaza e le responsabilità italiane

Due anni di guerra a Gaza non sarebbero stati possibili, secondo Delia, senza il contributo diretto dei Paesi occidentali.

«Le armi utilizzate — ha ricordato — sono prodotte anche sul nostro territorio e vendute dal nostro Paese».

Nonostante la tregua, nelle ultime settimane sono stati uccisi circa 90 palestinesi e oltre 300 sono rimasti feriti, segno che la violenza non si è fermata.

Dissenso e repressione: un modello che preoccupa

Delia ha denunciato anche un crescente clima di repressione del dissenso. Ha citato l’episodio avvenuto a Roma, dove una manifestazione pacifica con famiglie e pensionati è stata caricata duramente dalle forze dell’ordine.

«Le armi si possono alzare, ma le bandiere palestinesi no — ha detto — perché fanno male agli occhi». Un segnale, secondo l’attivista, che l’Italia sta importando un modello autoritario simile a quello di Stati Uniti e Israele.

Un appello per il futuro: meno armi, più diritti

Il messaggio conclusivo è chiaro: le lotte per la pace, il lavoro, la scuola e la sanità sono strettamente collegate. «Ogni euro destinato al riarmo è un euro sottratto al welfare e alla giustizia sociale. Per questo — conclude Delia — dobbiamo continuare a lottare insieme, in Italia come in Palestina.»

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