Pensioni: addio alla flessibilità in uscita

La Legge di Bilancio 2025 azzera ogni possibilità di pensionamento anticipato. Le donne le più penalizzate. Ghiglione (CGIL): “Serve una vera riforma previdenziale”

Sommario

Dal 2023 al 2026 la flessibilità pensionistica è stata progressivamente smantellata. Le misure Opzione Donna e Quota 103vengono di fatto cancellate dalla Legge di Bilancio 2025, con un impatto devastante soprattutto sulle lavoratrici. La CGIL denuncia una “scelta politica chiara” che colpisce donne, giovani e chi ha carriere discontinue, mentre la segretaria confederale Lara Ghiglione rilancia: “Lottiamo per una riforma vera che riconosca il lavoro di cura e restituisca dignità alle lavoratrici”.

Fine della flessibilità: dal 2023 al 2026 cancellate le vie d’uscita anticipate

Nel 2023 erano 36.012 le persone che avevano potuto accedere alla pensione anticipata grazie a Opzione Donna e Quota 103 (all’epoca ancora Quota 102).

Oggi, con la Legge di Bilancio 2025, quella possibilità è completamente azzerata.

A denunciarlo, con numeri alla mano, è Ezio Cigna, Responsabile politiche previdenziali della CGIL nazionale, che spiega come dal 2023 al 2026 sia stata eliminata ogni forma di scelta per chi voleva lasciare il lavoro prima dei limiti ordinari imposti dalla Legge Monti-Fornero.

Crollo delle pensioni anticipate e fine di Opzione Donna

Il 2023 è stato l’ultimo anno con un minimo di flessibilità pensionistica. Da allora, ogni manovra finanziaria ha ristretto ulteriormente i requisiti per il pensionamento anticipato, fino alla cancellazione definitiva.

Secondo i dati CGIL, la misura Opzione Donna ha registrato un crollo delle domande del 75,29% tra il 2023 e il 2025:

  • 12.763 uscite nel 2023
  • 2.900 stimate nel 2025

Sebbene molte delle pensioni liquidate nel 2024 e 2025 derivino ancora dai requisiti precedenti, dal 2026 l’azzeramento sarà totale, una chiara scelta politica che spazza via anche l’eredità del governo Draghi.

Quota 103: da misura di flessibilità a “trappola economica”

Non va meglio a Quota 103, colpita da una riforma strutturale che introduce il ricalcolo contributivo integrale.

Questo meccanismo ha ridotto drasticamente l’importo delle pensioni, rendendo di fatto la misura non convenienteper la maggior parte dei lavoratori.

Nel 2024, a fronte di circa 14.000 domande, sono state liquidate solo 1.154 pensioni, segno di una precisa volontà del governo di disincentivare ogni forma di uscita anticipata.

I numeri:

2022

  • Totale uscite anticipate: 32.217
  • di cui Opzione Donna: 26.427

2023

  • Totale uscite anticipate: 36.012
  • di cui Opzione Donna: 12.763

2024

  • Totale uscite anticipate: 19.652
  • di cui Opzione Donna: 4.784

2025

  • Totale uscite anticipate: 8.900
  • di cui Opzione Donna: 2.900*

2026

  • Totale uscite anticipate: 0
  • di cui Opzione Donna: 0

📌 Nota: Dati 2025 su base previsionale (LdB 2025).

Donne le più penalizzate: “Un accanimento ingiustificato”

Il taglio della flessibilità colpisce in modo diretto le donne, che nel 2023 rappresentavano quasi la metà delle uscite anticipate (48,5%), considerando sia Opzione Donna che Quota 103.

L’inasprimento dei requisiti ha reso l’accesso praticamente impossibile.

Un esempio concreto: una lavoratrice nata nel 1964, con 35 anni di contributi al 2022, che avrebbe potuto usufruire di Opzione Donna, dovrà ora lavorare almeno altri 7 anni per raggiungere la pensione anticipata (42 anni e 3 mesi nel 2029) o 8 anni e 5 mesi per la pensione di vecchiaia (67 anni e 5 mesi, per effetto dell’adeguamento alla speranza di vita).

Ghiglione (CGIL): “Il Governo ha cancellato l’unica misura per le donne”

Durissimo il commento di Lara Ghiglione, segretaria confederale CGIL:

“Il governo ha cancellato del tutto Opzione Donna, l’unica misura – seppur parziale – che permetteva a molte lavoratrici di scegliere se lasciare il lavoro prima. Dopo averla già snaturata, alzando i requisiti e limitandola ai soli casi di fragilità o assistenza familiare, ora l’ha eliminata senza proporre alcuna alternativa”.

Ghiglione sottolinea che “fino a pochi anni fa questa misura consentiva a quasi 20.000 donne l’anno di accedere all’uscita anticipata. La sua cancellazione è un segnale politico chiaro: il governo continua a ignorare la disparità di genere nelle carriere e nei redditi, negando alle donne qualsiasi possibilità di flessibilità in un sistema che già oggi le penalizza con pensioni più basse e carriere discontinue”.

La richiesta della CGIL: una vera riforma previdenziale

Per la CGIL, serve una riforma strutturale del sistema previdenziale che:

  • riconosca il valore del lavoro di cura svolto dalle donne;
  • tenga conto delle carriere discontinue e dei redditi più bassi;
  • introduca nuove forme di flessibilità in uscita;
  • garantisca equità e dignità a tutte le lavoratrici e ai lavoratori.

“È una battaglia che porteremo avanti con forza”, ribadisce Ghiglione.

La mobilitazione continua: contro una manovra ingiusta

La segretaria ricorda che “la grande manifestazione del 25 ottobre ha espresso con chiarezza il malessere e la rabbia di lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati di fronte a una Legge di Bilancio ingiusta: investe in spese militari, taglia la sanità pubblica, non interviene su fisco e lavoro e non prevede alcuna politica industriale.”

“Anche sul fronte previdenziale – aggiunge – azzerando ogni forma di flessibilità, la manovra colpisce donne, giovani e chi ha carriere fragili, negando prospettive di equità e giustizia sociale, anche per chi svolge lavori gravosi o usuranti.”

“Una legge che aggrava le disuguaglianze”

“Giudichiamo questa legge di bilancio profondamente sbagliata – conclude Ghiglione – perché aggrava le disuguaglianze e ignora i bisogni reali del Paese.

Per questo la mobilitazione proseguirà: per una riforma previdenziale vera, per una politica fiscale equa, per investimenti nella sanità e nel lavoro, e per un modello di sviluppo fondato sulla giustizia sociale e non sull’economia di guerra.”

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