Banca d’Asti, retromarcia sulla vendita: i consiglieri della fondazione frenano

https://www.fisacasti.it

Da diversi mesi la Fondazione Banca di Asti ha manifestato la volontà – oltre che la necessità – di ridurre la propria partecipazione all’interno della Banca. Su questo tema si sono susseguiti articoli e dichiarazioni, e anche come Fisac CGIL abbiamo preso parte al confronto. Fin dall’inizio abbiamo riconosciuto le ragioni normative e, in parte, imprenditoriali che spingono verso un ridimensionamento della quota detenuta dalla Fondazione; al tempo stesso abbiamo richiamato l’attenzione sui possibili rischi per il territorio e per la Banca qualora l’operazione venisse condotta senza adeguati contrappesi.

Per questo abbiamo sempre ribadito che ogni eventuale dismissione di capitale debba essere guidata dalla chiara volontà di preservare un modello di banca territoriale realmente orientato al sostegno dei territori serviti e dalla necessità di salvaguardare i livelli occupazionali e professionali delle oltre 1.600 persone che ogni giorno mettono competenze e impegno al servizio della clientela.

Accogliamo con favore la recente posizione assunta dalla maggioranza del Consiglio di Amministrazione della Fondazione, che ha deciso di sospendere il mandato conferito dal Presidente Negro a un advisor esterno per la ricerca di potenziali acquirenti. Pur consapevoli che la partita resta aperta e che gli scenari potrebbero evolvere, auspichiamo che il percorso prosegua con il massimo senso di responsabilità verso la comunità e il territorio.

Un caro saluto

Fisac CGIL Banca di Asti

Di seguito riportiamo l’articolo uscito su La Stampa del 20 novembre 2025

Stop alla vendita di Banca d’Asti fuori dal Piemonte. Le preoccupazioni delle istituzioni locali e delle associazioni imprenditoriali si sono manifestate plasticamente nell’ultimo consiglio d’amministrazione della Fondazione Banca d’Asti che ha messo in netta minoranza il presidente Livio Negro. Gli otto consiglieri, infatti, si sono espressi a larga maggioranza a favore del congelamento del mandato alla banca d’affari milanese Equita. All’inizio di aprile Negro aveva chiesto all’advisor prima una valutazione del patrimonio della Fondazione «con particolare riferimento alla partecipazione nella banca conferitaria» e poi «di svolgere le analisi preliminari sui possibili scenari alternativi che la Fondazione può perseguire». La fase successiva del
mandato prevedeva, nel caso le valutazioni del cda fossero state positive, di procedere alla raccolta di eventuali offerte per la valorizzazione della quota in eccesso rispetto ai paletti previsti dal protocollo Acri-Mef. In base ai nuovi coefficienti previsti dall’accordo dello scorso 28 ottobre (il cui scopo è bilanciare il rischio di concentrazione delle partecipazioni con i balzi in Borsa dei titoli bancari), il peso di Cr Asti non dovrebbe superare il 44% del patrimonio della Fondazione. Il 31,8% in portafoglio, invece, vale circa 174 milioni di euro: il 79% del patrimonio. Tradotto: l’esposizione deve essere ridotta. Il cda è consapevole che la
strada sia tracciata, ma le istituzioni, di cui la Fondazione è emanazione, non sono convinte di scendere nel capitale per fare spazio a un socio “straniero”. Anche perché le manifestazioni d’interesse più forti sarebbero arrivate da Banco Bpm e, negli ultimi giorni, da Unicredit. Sul tavolo della fondazione, però, non si sarebbe concretizzata alcuna offerta formale. E dalla due banche arriva un secco «no comment». A Banco Bpm, già azionista al 9,9% della banca, probabilmente non dispiacerebbe salire ancora nel capitale se le quote venissero messe in vendita, ma difficilmente farebbe una qualunque mossa senza il sostegno
del territorio – d’altra parte la difesa di Piazza Meda dall’attacco di Unicredit passava proprio dal radicamento sul territorio. Di certo il parere del cda della Fondazione ha messo in difficoltà il presidente Negro: non è una formale sfiducia nei suoi confronti, ma boccia comunque il suo operato visto che si è sempre detto convinto della necessità di diversificare il portafoglio. Convinzione che lo aveva spinto ad affidare il mandato a Equita
per la valorizzazione delle azioni. Intanto gli stakeholder locali starebbero lavorando a una soluzione del
territorio chiedendo alle fondazioni già presenti nel capitale di rilevare le quote di Asti. A cominciare da Cr Cuneo e Crt.

Pulsante per tornare all'inizio