Pensioni. Si lavora di più, si vive di meno. Una manovra sbagliata


1 2   D I C E M B R E   2 0 2 5
S C I O P E R O   G E N E R A L E


1. La verità sulla manovra: età più alta, diritti più bassi

La manovra 2026 rappresenta il peggior intervento previdenziale degli ultimi anni: non solo non supera la Legge Monti-Fornero – come promesso – ma la peggiora, innalzando l’età pensionabile per quasi la totalità delle lavoratrici e dei lavoratori.

L’età pensionabile aumenterà di un mese nel gennaio 2027 e di altri due mesi nel gennaio 2028.

Sparisce ogni forma di flessibilità: niente più opzione donna, niente più quota 103, nessun canale d’uscita per lavori gravosi o carriere discontinue.

2. Lavorare più a lungo in un Paese che invecchia male

Per la pensione di vecchiaia si passa dagli attuali 67 anni anni d’età (con 20 di contributi) a 67 anni e un mese dal primo gennaio 2027 e a 67 anni e 3 mesi dal primo gennaio 2028. Per la pensione anticipata si passa invece dagli attuali 42 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall’età (41 anni e 10 mesi per le donne) a 42 anni e 11 mesi (un anno in meno per le donne) dal primo gennaio 2027 e a 43 anni e un mese (un anno in meno per le donne) dal primo gennaio 2028.

Pensione di vecchiaia Pensione anticipata / Uomini Pensione anticipata / Donne
Fino al 31 dicembre 2026:

– 67 anni di età con 20 anni di contributi

Fino al 31 dicembre 2026:

– 42 anni e 10 mesi di contributi

Fino al 31 dicembre 2026:

– 41 anni e 10 mesi di contributi

Dal 1° gennaio 2027:

– 67 anni e 1 mese di età con 20 anni di contributi

Dal 1° gennaio 2027:

– 42 anni e 11 mesi

Dal 1° gennaio 2027:

– 41 anni e 11 mesi

Dal 1° gennaio 2028:

– 67 anni e 3 mesi di età con 20 anni di contributi

Dal 1° gennaio 2028:

– 43 anni e 1 mese

– Dal 1° gennaio 2028:

42 anni e 1 mese

La spinta all’allungamento della vita lavorativa avviene in un contesto demografico drammatico:

  • l’occupazione cresce solo tra gli over 50;
  • i giovani lasciano il Paese (100.000 ogni anno);
  • l’età pensionabile è già tra le più alte d’Europa;
  • la speranza di vita cresce molto meno rispetto alla media UE.

L’aumento automatico dell’età pensionabile non tiene conto di condizioni reali di vita, usura fisica, lavoro gravoso e disparità territoriali.

3. Un sistema contributivo che punisce carriere fragili e precarie

Nel quadro attuale, milioni di lavoratrici e lavoratori – soprattutto giovani, donne e precari – rischiano una pensione futura molto inferiore alla soglia di dignità.

Senza una pensione di garanzia per carriere discontinue, la manovra condanna intere generazioni a lavorare più a lungo per avere una pensione più bassa e più povera.

4. L’impatto sul mercato del lavoro: meno ricambio, più disoccupazione giovanile

Costringere le persone a restare al lavoro più a lungo non solo peggiora le condizioni di vita di chi sta lavorando con fatica, ma blocca il ricambio generazionale.

Un Paese che innalza l’età d’uscita senza investire nelle politiche attive crea:

  • meno posti per i giovani,
  • un mercato del lavoro più rigido,
  • una produttività più bassa.

5. Le donne: le più colpite dalle nuove regole

La cancellazione di Opzione Donna e l’assenza di canali di uscita dedicati colpiscono soprattutto:

  • chi ha carriere discontinue,
  • chi concentra su di sé gran parte del lavoro di cura,
  • chi svolge professioni usuranti e sottopagate.

La manovra ignora la dimensione di genere e peggiora le disuguaglianze già esistenti.

6. Nessun recupero del potere d’acquisto delle pensioni

Anche sul fronte della rivalutazione, la manovra non restituisce il potere d’acquisto perso negli anni:

  • l’inflazione cumulata 2021–2024 è stata +18,6%;
  • la rivalutazione è solo parziale;
  • le pensioni non colmano il vuoto creato dal carovita.

Ancora una volta, a pagare sono i redditi fissi.

7. Niente flessibilità vera, nessuna scelta per lavoratrici e lavoratori

La CGIL ribadisce l’urgenza di una flessibilità vera, che permetta l’uscita a partire dai 62 anni o con 41 anni di contributi senza penalizzazioni.

La manovra, invece, obbliga a lavorare più a lungo senza riconoscere:

  • gravosità del lavoro,
  • differenze territoriali nella speranza di vita,
  • condizioni di salute,
  • continuità contributiva.

8. Una manovra che aumenta le disuguaglianze

L’aumento dell’età pensionabile colpisce allo stesso modo chi ha una vita lavorativa stabile e chi lavora tra precarietà, turni, fatica fisica o salari bassi.

Si crea così una doppia ingiustizia:

  • chi ha lavori usuranti non arriva in salute alla pensione;
  • chi ha carriere intermittenti rischia pensioni molto basse.

9. Le proposte della CGIL per un sistema previdenziale equo

La CGIL chiede interventi strutturali:

  • blocco immediato dell’aumento dell’età pensionabile;
  • pensione di garanzia per giovani e precari;
  • flessibilità in uscita a 62 anni o con 41 anni di contributi;
  • piena rivalutazione delle pensioni;
  • riconoscimento dei lavori gravosi e usuranti;
  • valorizzazione della maternità e dei periodi di cura;
  • tutela delle donne con carriera discontinua.

10. Conclusioni: un modello sociale al contrario

La manovra 2026 dice chiaramente: più anni al lavoro, meno diritti, pensioni più basse.

È l’ennesima scelta politica che scarica il peso del risanamento dei conti sulle lavoratrici e sui lavoratori.

Pulsante per tornare all'inizio