
Venerdì, la Banca centrale cinese ha annunciato la tanto attesa riforma dei tassi di interesse, che prevede in primo luogo l’abolizione del limite minimo sui tassi (il cosiddetto “floor”) che le banche fanno pagare ai clienti per i prestiti: un passo che va verso un pricing del credito più legato al mercato e che dovrebbe favorire la concorrenza. Da lunedì verrà meno il limit dei uno sconto del 30% rispetto al tasso di riferimento in vigore; attualmente quello sui prestiti ad un anno è al 6%. Manca ancora, però, l’eliminazione del limite massimo sui tassi di deposito, il salto definitivo verso la liberalizzazione. Secondo gli analisti, gli effetti difficilmente si vedranno nell’immediato: poche istituzioni stanno prestando a livelli vicini al floor. Ma ampliando il periodo d’analisi, probabilmente la maggiore concorrenza avrà un impatto sui profitti derivanti dalla concessione del credito, che rappresentano la maggior parte delle voci di utili delle banche cinesi.
Secondo l’analisi di ChinaScope Financial, centro ricerche di Shanghai partecipato dall’agenzia di rating Moody’s, assumendo un 10% di declino dei profitti (dati dalla differenza tra l’interesse che le banche applicano ai prestiti e pagano sui depositi) e una crescita degli asset del 15%, nei prossimi due anni la necessità di capitale aggiuntivo si assesta tra 50 e 100 miliardi di dollari. Il tutto per mantenere i ratio patrimoniali ai livelli attuali. La ricerca ricorda che nell’ultimo triennio le banche cinesi hanno raccolto circa 50 miliardi di dollari di capitali, il che implica un’ipotetica notevole accelerata. “A lungo termine si potrebbe generare un deficit di capitale per le banche” potendo queste contare su guadagni più esigui per sostenere la loro base di patrimonio, ha spiegato al quotidiano americano Tom Liu, direttore generale di ChinaScope. A ciò si aggiunge che il rallentamento dell’economia cinese mette pressione sulla qualità del credito. Secondo lo studio, le maggiori difficoltà potrebbero arrivare per le istituzioni commerciali di carattere locale, mentre ne soffribbero in misura minore quelle di dimensioni nazionali.