Ricorre il 19 luglio l’anniversario della strage di via d’Amelia, nel quale perirono il magistrato del pool Antimafia Paolo Borsellino ed i cinque agenti della scorta: Emanuela Loi (prima donna della Polizia di Stato caduta in servizio), il capo-scorta Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Eddie Walter Cosina e Claudio Traina. L’unico sopravvissuto fu Antonino Vullo, ferito gravemente mentre parcheggiava uno dei veicoli della scorta .
Questa strage è strettamente correlata alla strage di Capaci dove perì, 57 giorni prima, Giovanni Falcone. In quei giorni Paolo Borsellino fù “un morto che cammina” ed il magistrato ne era tragicamente consapevole, mentre lo Stato, colpevolmente, taceva. Pochi giorni prima di essere ucciso, durante un intervista televisiva rilasciata a Lamberto Sposini, Borsellino aveva parlato della sua condizione di “condannato a morte”. Sapeva di essere nel mirino di “Cosa Nostra” . La tragedia annunciata si compì la domenica 19 luglio 1992: dopo aver pranzato a con la moglie ed i figli, Paolo Borsellino si reca, insieme alla sua scorta, in via D’Amelio, dove vive sua madre. Lì è parcheggiata una Fiat 126 con circa 100 kg di tritolo a bordo che esplode al passaggio del giudice, uccidendo oltre a Paolo Borsellino e i suoi cinque agenti.
Dopo ventitré anni, è difficile dire qualcosa di nuovo ma vorremmo invitare tutti ad un impegno individuale quotidiano contro la corruzione e l’illegalità perché la criminalità organizzata, le mafie, si intrufolano la dove manca la legalità e la giustizia sociale ed usano la corruzione come un grimaldello. Perché quelle stragi non siano state vane.